Antonio Campo Dall’Orto (Magazine – novembre 2007)

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Antonio Campo Dall’Orto, 43 anni, da quattro guida La7 e da dieci ha creato Mtv Italia. È amministratore delegato di Telecom Italia Media e gestisce una ricerca planetaria per il riassetto dei contenuti di Mtv. Visto il biglietto da visita, ci si potrebbe aspettare un manager in gessato. Tutto macchinone e sigari. Invece lui arriva in autobus. Si presenta in maniche di camicia, con un ciuffo di capelli che quasi gli scende su un occhio, alla Capitan Harlock. Mi accoglie sorridendo (forse perché, diciamolo, lavorando io per Le Invasioni Barbariche e per Tetris è anche mio editore) in un ufficio che sarebbe il sogno di qualsiasi rockettaro. Mentre spilluzzica lo spuntino preparato dalla sua assistente Laura e snocciola analisi sugli adolescenti del Terzo Millennio, ti racconta che ogni due anni organizza i Goldon Games (Goldon = preservativo), ovvero un weekend al mare di giochi bambineschi tra amici. Un ragazzone semplice, insomma. Ma tanto semplice evidentemente non lo è: nato televisivamente a bordo della grande corazzata del consumo tivvù (Canale 5), Campo Dall’Orto con le sue piccole navi corsare proclama di andare contro il luogo comune per cui bisogna fare una certa televisione (un po’ becera), perché è il pubblico a volerla: così piazza in prima serata due ore di monologo di Marco Paolini e fa il 5,5% di share. Risultato sorprendente per La7. Tutto molto bello, Campo Dall’Orto. Durante Il sergente di Paolini, non c’è stato un minuto di pubblicità.
Un’operazione non molto redditizia?
«Gestisco una rete commerciale che vive di spot, ma due o tre volte all’anno faccio servizio pubblico. Il che porta anche un ritorno di immagine».
Lei ha detto che la Rai lo fa sempre meno il servizio pubblico.
«Da un pezzo la tv di Stato sembra aver rinunciato a quella prospettiva».
È giusto pagare il canone Rai?
«Non lo so. Io sono per pagarlo, ma il contratto di servizio dovrebbe essere chiaro. In questo momento non lo è».
È poco chiaro pure come faccia lei a gestire un’azienda in rosso come Telecom Italia Media. Solo con La7, ogni anno spendete 60 milioni di euro più di quelli che ricavate con le pubblicità.
«Altri settori del gruppo non sono affatto in rosso. E poi ci sono due problemi strutturali. In molte zone del Paese La7 non si vede. E il sistema televisivo non ha regole competitive. Noi investiamo, aumentiamo lo share, ma non ci schiodiamo da una percentuale minuscola di mercato pubblicitario. Manca il pluralismo delle risorse. Siamo molto preoccupati».
I nuovi big di Telecom che verranno dopo Tronchetti potrebbero chiedere la sua testa.
«Non mi scandalizzerei se un nuovo proprietario decidesse di fare una tv come la vuole lui. Ma non sarebbe male se prendesse decisioni con una logica legata al business. Ripeto, la pubblicità…».
Aspetta la legge Gentiloni sul riassetto del mercato come una manna dal cielo.
«Se non venisse approvata sarebbe una brutta botta per La7. E questo governo mi sembra che abbia difficoltà a far passare cose ben più semplici della Gentiloni. Detto ciò, le cose politiche mi sfuggono».
Gliele spiega Giuliano Ferrara? È lui il suo link col Palazzo?
«Giuliano è il mio link con la tivù. Lui è uno che va dritto ai fatti. Un tipo molto Mtv».
La7 ha tirato la volata a Veltroni durante le primarie. Dirette fiume, cantieri democratici…
«La mia stima per Veltroni non è un mistero. Viene da un decennio di esperienze fatte insieme per Mtv. E poi credo che il Paese non veda un messaggio innovativo quanto il suo dai tempi del Berlusconi del 1994».
Lei aveva creduto in Berlusconi?
«Pensavo che potesse portare una discontinuità che poi non ha portato».
La sua La7 oggi cerca una sponda politica nel Pd?
«L’unica volta che ho avuto una preoccupazione di questo tipo è stata nel 1999, quando volevano chiudere Mtv. La notizia mi arrivò mentre ero in Brasile. Su una spiaggia di Bahia. Mi catapultai in Italia».
Poi alzò il telefono e chiamò…
«No. Andai a Roma. Mi presentai a una cena di gala e feci in modo di finire al tavolo con Antonio Maccanico, che aveva scritto la legge sul riassetto delle televisioni. Passai la sera a spiegargli che cosa è Mtv. Ma lui era sordo».
In senso metaforico?
«No, no. Non ci sentiva proprio».
Una scena abbastanza ridicola.
«E credo poco efficace. Invece funzionò il concerto a Bologna. Vennero 80 mila persone per dire che cancellare Mtv voleva dire cancellare anche loro. Si presentò anche Veltroni».
Rieccolo. Sempre su La7, Crozza ha duettato con Prodi.
«E io che c’entro? Io faccio un patto col conduttore, lo scelgo, ma poi lui è libero di fare quel che vuole».
E infatti Luttazzi… Decameron è un po’ sopra le righe?
«Il suo astio mi pare comprensibile: cacciato, travolto da cause miliardarie… Io ho conosciuto Daniele proprio la sera del 14 marzo 2001».
Durante la puntata di Satirycon con Marco Travaglio che gli costò l’esilio dalla Rai?
«Ero in studio per accompagnare la mia ex fidanzata Giorgia Surina, anche lei ospite della trasmissione».
Luttazzi è stato durissimo con la Chiesa, con Prodi, con Berlusconi.
«Il suo è un modello molto americano. Un programma così mancava in Italia. Qui la satira latita».
Che cos’altro manca?
«A me sembra che il linguaggio televisivo di Rai e Mediaset si sia fermato agli anni Novanta».
Ossessionato dal duopolio. Si dice che fosse lei la persona a cui pensava Veltroni quando ha parlato di un amministratore unico della Rai.
«È la prima volta che lo sento».
Certo, certo. Accetterebbe un incarico così?
«Prima la politica dovrebbe uscire dalla tv di Stato. Alla Rai ho già detto di “no” una volta».
Quando?
«Mi chiamò Pierluigi Celli. Per dirigere Raidue. Rifiutai. Un po’ perché ero impegnato con Mtv, un po’ perché ho una formazione veneto anglosassone: la concretezza».
Famiglia?
«Mio padre era un istitutore. Mia madre era artigiana».
Lei ha mai fatto politica?
«No. Gli amici, la musica dei Cure, il calcio. Ho sfiorato la serie B».
Sfiorato?
«Venni preso a un provino del Vicenza. Mio padre me lo nascose perché pensava dovessi studiare».
C’è chi avrebbe commesso parricidio.
«Quando l’ho saputo avevo già subito un infortunio grave alla caviglia. Carriera finita in C2 il 5 dicembre 1982».
Università?
«Economia a Venezia. Per fare il commercialista. Poi due esperienze di lavoro all’estero, in Danimarca e in Spagna e nel 1991 il master di Publitalia».
Quello organizzato da Marcello Dell’Utri.
«C’erano i professori dei migliori atenei d’Italia. Prendevano solo 30 persone su mille candidati. Ricordo ancora l’emozione quando mi arrivò il telegramma a casa».
È vero che la selezionarono pure per fare l’assistente di Berlusconi?
«Entrai in una rosa di 10 nomi. Ma cinque di noi, tra cui io, rifiutarono quando capirono di che cosa si trattava: stare attaccato all’imprenditore Berlusconi 24 ore al giorno».
Le proposero pure di entrare in Forza Italia?
«Velatamente. Come a tutti. Senza troppa insistenza. Ma non ero interessato. Nel frattempo ero arrivato a Canale 5».
Come?
«Andai a fare un colloquio a Cologno Monzese. A esaminarmi c’erano Giorgio Gori e Adriano Galliani».
Finì per fare l’assistente di Gori, che dirigeva Canale 5 e che poi ha fondato la casa di produzione Magnolia. A proposito, i giornalisti di La7 qualche tempo fa l’hanno accusata di usare troppo le produzioni esterne.
«A parte che ora sarebbe impossibile produrre tutto internamente. Ma poi io credo che il sistema ideale sia quello inglese: l’editore sceglie i prodotti tv tra un’infinità di produttori. In Italia questo mercato funziona poco anche perché Rai e Mediaset fanno cose che si assomigliano».
Torniamo alla gavetta.
«Gori è uno che ti insegna a fare il mestiere. E Canale 5 è una scuola di prima classe».
Da cui lei se ne è andato dopo cinque anni.
«Nel frattempo mi era arrivata l’offerta di Mtv. Quelli di Mediaset mi dissero che sarei tornato presto da loro».
Invece da dieci anni è aggrappato ai giovani di Mtv. È responsabile per l’Italia, la Francia, il Portogallo, la Grecia, la Spagna… Ora lancia pure Mtv Arabia. Il Biscione è mai tornato a corteggiarla?
«Piersilvio Berlusconi tra il 1999 e il 2000 mi convocò ad Arcore per propormi la direzione di Italia1. Anche a lui dissi no: le quattro mura italiane mi fanno un po’ paura».
Le hanno mai fatto una proposta che stava per accettare?
«Sì. Rupert Murdoch nel 2004 mi propose la responsabilità dei contenuti di Sky Italia».
Troppo poco?
«Ho incontrato Murdoch a New York, nella torre nera sede di Newscorp. Lui è stato super charming, mi è venuto a prendere alla reception, abbiamo parlato per un’ora, su un divano sotto un gigantesco mappamondo. Ma tornato in Italia Tronchetti Provera mi convinse a restare».
Tronchetti interferiva nelle sue scelte?
«No. Ma era curioso. Si informava».
Si dice che La7 per un po’ sia stata un feudo della moglie di Tronchetti, Afef.
«Ho letto spesso questa storiella. Falsa».
Uhm. Come li gestiva i rapporti burrascosi tra Rula Jebreal, Antonello Piroso e Giulio Giustiniani?
«Rendendo i conflitti trasparenti».
Giustiniani allora direttore del tg di La7 disse che lei è un po’ autistico.
«Lui è un grande tessitore di rapporti. Io considero inutile un certo chiacchiericcio di Palazzo e quando mi ci trovavo di fronte, facevo in modo di sparire».
A cena con il nemico.
«Mastella. Corrisponde a quel che significava per me Andreotti quando ero piccolo: l’immobilismo».
Delete. Cancelli un numero dal suo cellulare: Daria Bignardi o Ilaria D’Amico?
«Chiariamo questo: cancello chiunque, ma non un giocatore della squadra che alleno».
Veltroni o Tronchetti Provera?
«Orca… Tronchetti mi ha dato la possibilità di crescere… Veltroni è una speranza di novità… Uhm. Cancello Walter».
Leale. Cultura generale. I confini della Romania?
«Provo a fare il giro: Bulgaria, Serbia, Ungheria, Ucraina e Moldavia».
Quanto costa un pacco di pannolini?
«La misura “2” costa 8 euro e mezzo circa».
Quanti sono gli articoli della Costituzione?
«Mi trova impreparato… Ma so come inizia».
Non basta. Urge un Mtv Costituzione Day.

Categorie : interviste
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