Ambra Angiolini (Doppio Binario – 7 – Ottobre 2017)

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(Intervista pubblicata su 7 – Corriere della Sera il 19 ottobre 2017)

AMBRA ANGIOLINI HA QUARANT’ANNI. Piroetta, gorgheggia e recita da un quarto di secolo. Ha spopolato in trasmissioni ultra-pop di inizio anni Novanta e ha attraversato con disinvoltura la nicchia della tv engagée. Ha riempito stadi sudamericani intonando il verso immortale « Soy tan tuya que me ofendo/ Yo prometo y lo mantengo », e si è esibita nei teatri srotolando testi di Stefano Benni e di Harold Pinter. È stata prima stroncata e poi pluripremiata dalla critica. Quando le chiedo se non ha ancora realizzato il suo sogno di interpretare Antigone perché per lei sarebbe “troppo”, mi interrompe e dice: «No, troppo proprio no». Sorride: « ho smesso di essere modesta. Diciamo che aspetto il momento giusto perché vorrei farla bene». Doppio Binario su un van con vetri oscurati. Siamo a Roma e prima di partire attraversiamo a piedi il Ponte della Musica. È sera. Ambra si affaccia sulla sponda del Tevere e vede un gruppetto di giovani ecuadoriani che stanno provando una coreografia. Non resiste, si avvicina, accenna un passo ancheggiante. Si parte. Siamo diretti verso gli studi di Tale e quale show, dove lei sarà giudice. È fresca di prove dello spettacolo La guerra dei Roses che andrà in scena tra qualche giorno e a breve sarà nelle sale con Terapia di coppia per amanti. Domando: «Hai già visto la versione definitiva del film?». Risponde: «No. Generalmente cerco di vedermi direttamente in sala. Compro il biglietto e mi infilo tra gli spettatori. Con effetti anche grotteschi». Un esempio? «Beh, mentre ero in sala a guardare Anche se è amore non si vede, a metà film una signora seduta davanti a me ha esclamato: “Che brutta Ambra! Con questi costumi e con questa luce l’hanno ammazzata”. Volevo sprofondare nella poltrona». Mima il rannicchiamento sul sedile in pelle. Dà un’occhiata fuori dal finestrino. La conversazione scivola sul fatto che oggi non serve uscire di casa per beccarsi una critica ruvida o un insulto: arrivano a domicilio via social network. Racconta: «Mi è capitato di stare sveglia nottate intere per le aggressioni scomposte di anonimi che si firmavano Torello62 o KavaliereOscuro».

Perché ti criticavano?

«Non c’è bisogno che tu faccia qualcosa di speciale o di interessante per essere aggredita online. Un anno fa ho postato su Instagram una foto di una spiaggia ridotta a discarica. Sono stata travolta dagli improperi. Un linciaggio. È intervenuto pure Massimo Gramellini per sottolineare quanto fosse assurda quella violenza contro di me».

Un consiglio per chi finisce davanti al ventilatore spara-sterco dei social network?

«Dovrei dire: “Fregatevene”. Ma in realtà non ci si riesce. C’è sempre qualcuno che trova il modo di ferirti». O di fraintenderti. Sono spuntati titoli di giornali online a commento di una foto che l’attrice ha postato qualche giorno fa: un gigantesco mazzo di rose rosse è stato interpretato come un omaggio floreale ricevuto da Massimiliano Allegri. Il post, in realtà, era dedicato a un’iniziativa contro la violenza sulle donne. Ambra sbuffa: «Bisogna lasciarli sfogare, è un momento così. Con certi giornalisti ho messo in chiaro una cosa: se a voi non interessa sapere che cosa faccio, sappiate che a me non interessa parlare del mio matrimonio o di raccontare se frequento qualcuno. Considero un po’ selvaggia tutta questa curiosità per le vicende private». Il van nero si incastra nel traffico della Tangenziale. Azzardo un parallelo tra i talent show del Terzo Millennio e Non è la Rai, la trasmissione culto che ha dato improvvisa notorietà a decine di ragazzine sculettanti. Ambra spiega: «Il frullatore televisivo e il successo improvviso provocano un’onda d’urto a cui non è facile resistere. Io ero andata a Non è la Rai per ballare e mi sono ritrovata a cantare con la voce di un’altra. Capivo che qualcosa non andava, però mi divertivo».

I ragazzi catapultati nei talent: X-Factor, Amici…

«È fondamentale che capiscano che i provini non sono un punto d’arrivo. Che la cosa importante è costruirsi un mestiere ed essere riconoscibili per le proprie doti, per quello che si scrive o si canta. E che diventare noti per un’apparizione fugace in tv conta poco».

Non è facile avere questa consapevolezza.

«L’illusione del successo la devi gestire da solo. Non c’è qualcuno che ti può aiutare. Anche perché se mentre tutti ti idolatrano arriva tua madre e ti dice “guarda che è una bolla di sapone”, tu cominci a odiarla. L’esperienza di Non è la Rai, comunque, mi ha insegnato che è più facile scoppiare che durare».

Tu duri solidamente da parecchio. Ma in pratica hai cominciato la gavetta da attrice quando eri già famosa.

«Sono diventata famosa da giovanissima e senza saper fare nulla. È abbastanza terrificante. Uscita da lì ero a un bivio: da una parte una bella stanza con le pareti morbide…».

…il manicomio…

«…e dall’altra la ricerca di una professionalità, lo studio, il lavoro duro. Grazie a Dio, eccomi qui».

Una ventina di film, molto teatro… Se dovessi selezionare una tua performance da far vedere fra trent’anni ai nipoti, quale sceglieresti?

«Immagino la scena. Io che raduno i nipotini intorno a me. Gli mostro una scena in ospedale di Saturno contro di Ferzan Ozpetek o uno scambio ruvido di battute di 7 minuti di Michele Placido e loro che in coro dicono: “A nonna…e dai, cantavi T’appartengo. Adesso giura…”. Ahah».

Il 26 ottobre esce Terapia di coppia per amanti, prodotto da Warner Bros. Sei al fianco di Pietro Sermonti.

«Conoscevo pochissimo Pietro. Il primo giorno sul set siamo finiti subito a letto. Intimamente in intimo. Tutte le cose più imbarazzanti le abbiamo girate la prima settimana. Sul set c’era un bel clima. È il secondo film che giro con Alessio Maria Federici».

Qual è il regista che consideri “maestro”?

«Ferzan mi ha presa che ero un giovane giunco, fragile. Avevo appena partorito Jolanda, la mia prima figlia. E sentivo di essere stata partorita io stessa a nuova vita. Lui ha coltivato bene quel momento. E poi Michele Placido…».

Con lui sei stata anche due anni in teatro con Tradimenti di Pinter.

«Abbiamo girato il film 7 minuti subito dopo la mia separazione dolorosissima da Francesco Renga. Pesavo una quarantina di chili e avevo la pelle del viso tormentata dall’acne. Interpretavo un’operaia tostissima. Michele diceva: “Beh, una donna che lavora in fabbrica, al freddo, è normale che abbia una pelle di merda”. Mi spronava continuamente: “Che cazzo fai, Ambra?”. Ha tirato fuori un bel po’ di rabbia che avevo dentro». Arriviamo agli studi Rai del quartiere Nomentano. Parcheggiamo davanti all’ingresso. Le mostro una clip. C’è lei appesa a un lampadario che dondola. È stata girata durante le prove di La guerra dei Roses. Ambra: «Ho usato la stessa imbracatura con cui arrampico sulle Alpi». Le domando se abbia riti particolari nella preparazione dei personaggi e lei risponde: «Cerco di acquisire le abitudini del personaggio che devo interpretare e di viverle anche fuori dal set o dalla scena. Piccoli gesti, tic…».

Hai vissuto tre stagioni teatrali nei panni di un folletto coi capelli rossi.

«In La misteriosa scomparsa di W. Un monologo fantastico. Stefano Benni, autore del testo, si presentò alla prima mascherato da Paulo Coelho, perché si vergognava. Venne nel mio camerino e mi disse: “Sia chiaro che io lo faccio solo per i compensi della Siae”. Dopo qualche replica ha cominciato ad apprezzarmi. La critica negli anni è passata da “bello il testo, peccato per l’interprete” con stroncature feroci nei miei confronti a “brava Ambra, il testo però è un po’ così “. Con Benni abbiamo molto riso di questa evoluzione. Resti tra noi: guai a chi mi tocca le mie sessanta/settanta repliche annuali in teatro».

Come si conciliano le sessanta/settanta repliche con il tuo essere una madre piuttosto presente?

«Quando Jolanda e Leonardo erano piccolissimi li portavo sempre in tournée. Ora mi accompagnano soprattutto d’estate. Ti ricordi di me? con Edoardo Leo lo hanno visto una trentina di volte. Tradimenti di Pinter li ha entusiasmati meno. Una sera, al momento di entrare in sala mi hanno chiesto: “Possiamo restare in camerino?”. Gratificante, eh!».

Jolanda è adolescente. Tu alla sua età stavi per entrare alla corte di Gianni Boncompagni.

«Non mi pare che lei abbia velleità televisive. Disegna molto bene. Con lei condivido la passione per gli horror. Il primo che abbiamo visto insieme è stato Suspiria ».

Capolavoro del 1977 di Dario Argento.

«Ecco, tra i miei desideri c’è sempre stato quello di girare un film con Dario Argento. Con lui accetterei anche un ruolo da cadavere». 

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