Paolo Bonaiuti (Magazine – ottobre 2007)

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Paolo Bonaiuti è quello altissimo che ai tempi del governo polista stava sempre un passo dietro a Berlusconi e con la mano a conchetta cercava di sussurrargli all’orecchio qualche battuta. Cercava. Perché poi, per sua stessa ammissione, i consigli non erano sempre ascoltati. Il Cavaliere lo ha soprannominato «la suocera». Dopo aver accettato il confronto tv con Prodi durante la campagna elettorale del 2006, Berlusconi, in diretta dai divanetti di Porta a porta, rivelò che Bonaiuti gli aveva sconsigliato quella mossa: «Mi beccherò i rimproveri di Paolino». Lui, Paolino, ex inviato di area socialista al Giorno, poi al Messaggero dove arrivò alla vicedirezione, nel 1996 ha accettato l’incarico rocambolesco di portare la voce di Mister Comunicazione. E alla fine ha elaborato una tecnica sopraffina: invece di portare la voce, porta i silenzi. Al massimo, quando si trova di fronte a domande spigolose porta a spasso il suo interlocutore, nel senso che si esercita con aneddoti fuorvianti. Li recita. Spiritoseggia inventando la «pillola
smemorina». Oppure butta lì considerazioni spiazzanti. Ecco una delle ultime: «Quando eravamo al governo siamo
stati un po’ troppo istituzionali».
Troppo istituzionale Berlusconi? E le corna, la bandana? Le battute sull’Islam?
«Intendo dire che di fronte agli attacchi di certa stampa estera, sempre ripresi dai quotidiani italiani, avremmo dovuto reagire. Invece abbiamo accettato in silenzio. Oggi sui giornali europei si parla male di Prodi, ma qui non se ne dà notizia».
Non parliamo di Prodi. Parliamo della Casa delle Libertà.
«Guardi che se c’è un’ondata di antipolitica oggi è perché Prodi non ha fatto nulla».
Veramente il malcontento sugli sprechi riguarda destra e sinistra. E a voi cinque anni fa si rinfacciava ben altro: le leggi ad personam. Oggi Grillo…
«Di Grillo preferirei non parlare».
I grillanti hanno raccolto le firme per una legge che escluda i condannati dal Parlamento.
«Su quella legge ci sono pareri discordi. E comunque distinguerei tra reato e reato».
Il furto…
«Perché parla di furto?».
A lei hanno rubato un cappotto di cachemire in Transatlantico.
«Ma no, quello era uno scherzo».
L’ha più rivisto quel cappotto?
«No».
Bello scherzo. Sbaglio o lei ha suggerito a Berlusconi di non reagire al fenomeno Grillo?
«E perché dovrebbe reagire?».
Grillo lo chiama lo Psiconano.
«Ma lei lo sa quante udienze di tribunale ha subito Silvio? 2.545. Ormai fa spallucce. Nessuno nella storia politica italiana è stato attaccato quanto lui».
Non scadiamo nel vittimismo.
«Se invece di prendersela con Berlusconi si pensasse di più a tenere dentro gente come quei rumeni che stupravano le ragazze ed erano recidivi… I cittadini vogliono la certezza della pena».
È quella che chiedevano i cittadini dei girotondi.
«I girotondi li ha cancellati il tempo».
Uhm. Il tempo cancellerà anche Forza Italia? Arrivano i Circoli di Michela Vittoria Brambilla…
«Devo spiegare ancora che i Circoli e il partito sono due cose parallele?».
No, grazie. È vero che gli azzurri della vecchia guardia non amano molto Brambilla? Tremonti…
«Io parlo per me. Con Michela ho un buon rapporto».
Il leghista Calderoli ha stampato una foto con su scritto «i circoli della libertina» e l’ha regalata a Berlusconi per i suoi 71 anni.
«Calderoli è birichino. Mi sa che la foto era ritoccata».
Brambilla non avrà apprezzato.
«E perché no?».
Be’, trattata come una libertina.
«Ma quello scherzo è un cenno di attenzione. Da noi l’ironia non manca. Mica siamo come quelli della sinistra.Tutti
seriosi, sul piedistallo».
Con «quelli» riprenderete mai un dialogo?
«Non con questo governo in carica. Hanno messo mani e piedi in qualsiasi piatto».
È lo spoils system. Voi avete fatto lo stesso.
«Per niente».
Cossiga le ha mandato a dire di non fare troppe storie sulla nomina del veltroniano Fabiano Fabiani nel Cda della Rai, «perché la politica è così, e voi lo sapete».
«Cossiga è un maestro, da lui accetto qualsiasi critica. Detto ciò le politiche del 2006 ci hanno consegnato un Paese spaccato a metà. Noi abbiamo proposto di sederci attorno a un tavolo. Prodi ci ha scherniti. L’unico che ha mostrato interesse alle nostre proposte è stato D’Alema. D’altronde lui è anche l’unico che ha accennato a una svolta socialista nel suo partito».
Lei si ritiene ancora socialista?
«Certo. Sempre. I socialisti veri sono dentro Forza Italia».
Veramente Craxi, Intini e Boselli sono nell’Unione.
«Sono amici. Ma la sinistra in cui militano è lontana dalle idee progressiste del socialismo. Forza Italia è più vicina al New Labour di quanto non lo siano i postcomunisti. L’Unione è piena di luddisti: ricorda il leader anti-progresso Ned Ludd? Diliberto è l’ultimo dei luddisti».
Lei come è approdato al socialismo?
«Mio nonno materno era socialista: amministrava il manicomio di Firenze e venne cacciato dai fascisti per ragioni politiche».
Suo padre?
«Era un alto dirigente della Bnl. Quando io avevo tredici anni ci siamo trasferiti da Firenze a Milano».
Liceo Berchet.
«Esatto. I miei migliori amici sono quelli di quei tempi. Uno, soprannominato la Cellula (per quanto era comunista), nel ’95 mi ha fatto da testimone di nozze».
La politica non vi ha divisi?
«Per me il personale non è politico».
In classe sua c’era anche Vittorio Dotti.
«Sì».
Dotti, forzista della prima ora. Berlusconi lo ha conosciuto grazie a lui?
«Anche grazie a lui. Mi ero confrontato con Silvio durante una trasmissione di Rete4 condotta da Emilio Fede. A telecamere spente ci dicemmo che dovevamo approfondire la conoscenza e anche grazie a Dotti lo andai a trovare a Palazzo Chigi».
Berlusconi si presentò pure al suo matrimonio.
«Arrivò a cerimonia iniziata. Entrò in Chiesa attraversando il mormorio di sorpresa degli invitati. Allora ero vicedirettore del Messaggero».
È vero che suo nonno non voleva che lei facesse il giornalista?
«Mi voleva notaio. Gli promisi pure di prendere due lauree e una specializzazione».
Promessa mantenuta?
«Mi mancava un esame, quello di spagnolo, alla seconda laurea. Chiuderò il capitolo quando andrò in pensione».
Il primo articolo scritto?
«In realtà ho cominciato correggendo bozze al Corriere della Sera. Poi, sempre per il Corriere, ho scritto per l’inserto Prestigio. A quel punto mi arrivò una proposta come pubblicitario. Accettai. Anche perché un bello slogan ha molto in comune con un titolo. Facevo spot per la San Pellegrino, per le Ferrovie…».
Lei ha fama di titolista.
«Quando ero al Messaggero, verso le 20 il direttore Mario Pendinelli urlava: “Dov’è Paolino? Ci sono da fare i titoli per
la prima pagina”».
Torniamo alla gavetta. Dopo la parentesi da pubblicitario…
«Nel 1968 partecipo a una specie di concorso per entrare al Giorno. E lo vinco. Redattore economico, capo dell’economia, inviato politico e di guerra: alle Falkland, in Iraq, in Sudamerica».
Poliglotta?
«Girando il mondo si impara. L’inglese, invece, lo devo alla mia insegnante miss Gigina Jorick. Dopo le lezioni, da bambino, mi offriva un pasticcio al rabarbaro meraviglioso. Così buono poi, l’ho mangiato solo a Downing Street».
Si dice che lei sappia il portoghese/brasiliano e il polacco per merito delle fidanzate più che dei reportage.
«Leggende. Come giornalista però ero svelto. Durante la prima guerra in Iraq per 53 giorni di fila, tra le 21,30 e le 21.55, ho scritto di getto 52 righe di analisi per il Messaggero. Da Maastricht dettai il pezzo sull’accordo a voce».
È vero che era amico dello sceicco e ministro del petrolio saudita Ahmed Zaki Yamani?
«Seguivo il mercato petrolifero. Un tempo entrare in contatto con i big era più facile».
Craxi la propose come portavoce alle Partecipazioni statali, quando in quel ministero c’era De Michelis.
«Ero lombardiano, come De Michelis e Signorile, ma rifiutai. L’allora direttore del Giorno, Gaetano Afeltra, in napoletano, mi disse: “Ma un ggiornalista comme te, che si mette a fare l’ufficio stampa, ma fammi o piacere”».
Invece poi…
«Nel ’96 fu diverso. Era il momento di fare politica».
Aveva rapporti pessimi col direttore del Messaggero, Giulio Anselmi.
«È sempre bene voltare pagina».
Lei è arrivato alla corte di Berlusconi nel 1996. Poi perdeste e iniziò la cosiddetta «traversata del deserto».
«Che è finita con la crociera della Nave azzurra, nel 2000».
Una crociera politicamente importante, ma un po’ sfigata.
«Berlusconi si prese subito una brutta febbre. Io, a Napoli, col mare agitato, caddi da una scala. Mi fratturai la spalla sinistra e il polso destro. Silvio chiese al signor Pinin di accudirmi e io continuai il viaggio».
Oggi come sono i suoi rapporti con Berlusconi?
«Perché lo chiede? Che cosa dovrebbe essere cambiato?».
La prima telefonata con Berlusconi la mattina?
«Chiamo io, alle 9. Quando eravamo al governo facevamo una specie di lettura congiunta dei giornali, ora decidiamo su che cosa puntare durante la giornata».
Dopodiché lei gli propone anche il suo mattinale.
«Si chiama il Quaderno. E ci lavorano amici giornalisti e parlamentari. È un report quotidiano con dati e spunti».
Una volta Brambilla si presentò a Ballarò con dati presi dal Quaderno e fece una figuraccia.
«C’era stato un equivoco che poi abbiamo chiarito».
Chi verrà dopo Berlusconi?
«Non ho la sfera di cristallo e se ce l’avessi la userei per andare a scommettere alle corse».
Cosa che ha fatto per molto tempo.
«Sì, fino ai miei 28 anni. Ma puntare soldi sui cavalli è praticamente un lavoro. Ho smesso».
C’è chi la ricorda mentre sbraitava all’Ippodromo di Milano.
«C’era un driver del trotto che mi faceva impazzire. Lo chiamavamo l’Omino di Amburgo. Pennellava la corsa in modo
da farti soffrire fino all’ultimo istante».
Chi sceglierebbe se potesse importare in Italia un leader europeo?
«Tony Blair. L’ho visto più volte. Quattro anni fa lo incontrai in vacanza a Sharm el Sheikh. Chiamammo Berlusconi per
fargli gli auguri di capodanno».
È vero che aspira a fare il sindaco di Firenze?
«Da un lato ne sarei onorato, dall’altro ho un impegno politico nazionale, quindi…».
A cena col nemico?
«D’Alema, Rutelli, Bertinotti…».
Delete. Cancelli…
«No guardi, io non cancello nessuno. Un giornalista non cancella i numeri di telefono».
Cultura generale. I confini del Venezuela?
«Ma va…».
Quelli della Birmania?
«Laos, Cina, Thailandia… In Birmania ci sono stato a Natale scorso. Ho un solo timore: che passata la buriana mediatica ci si scordi dei birmani».
Che cosa è YouTube?
«Ci facciamo i corsi di comunicazione con i ragazzi di Forza Italia».
Quanto costa un litro di latte?
«Non bevo latte e non sopporto quando gli amici che vengono da me a prendere il caffè me lo chiedono».
Quanto costa un pacco di pasta?
«La pasta me la porta il senatore azzurro Guido Viceconte. Uno di quelli del caffè mattutino. Ma guardi, ho qui lo scontrino dell’ultima spesa al supermercato».
Lei ha fama di essere esperto di poesia. Vada avanti con questi versi: «Galeotto fu il libro e chi lo scrisse…».
«“…quel giorno più non vi leggemmo avante”. Dante».
Ancora. «Dolente fulgore / mite regina…».
«Questo è Sandro Bondi, ma non può mettere insieme Bondi e Dante».
Allora cambio poeta. «Nel fruscio di un bacio infinito…».
«E chi è?».
Come «chi è?». È Loriana Lana, nuova paroliera di Berlusconi. Ma quante ragazze gli ronzano intorno?
«Invidioso?».
Direi di no.

LINK | DIETRO L’INTERVISTA Intervista nel fortino di via del Plebiscito dove il personalissimo ufficio stampa di Berlusconi, diretto da Bonaiuti, fibrilla 24 ore su 24. Bonaiuti non stacca gli occhi dallo schermo con le agenzie neanche un minuto. Fabrizio Casinelli, che coordina i redattori, corre da una stanza all’altra. Ornella passa le telefonate. C’è da registrare una battuta con Sky Tg24? Stephanie tira fuori un mazzo di cravatte. Nella stanza della redazione c’è una vignetta con Michela Brambilla. Dice: «Sedotta e abbandonata». Dietro la sua scrivania, Bonaiuti mi accoglie sorridendo. È abbronzato. «La prego solo di una cosa», dice. «Non metta la mia età». Nel palazzo di Berlusconi, certe cose sono importanti.

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