Fausto Brizzi (Doppio Binario – 7 – Giugno 2017)

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(Intervista pubblicata su 7 – Corriere della Sera l’1 giugno 2017)

Da una quindicina d’anni, con i suoi libri e i suoi film, sta compilando la biografia light di una generazione. Quella dei nati tra il ’65 e il ’75. Cresciuti a pane e cartoon. Dissetati alla fonte della prima tv commerciale. All’ombra dei brani di Antonello Venditti e dei gorgheggi dei Duran Duran.

Fausto Brizzi, 49 anni, regista e scrittore, sceneggiatore e produttore, è il sacerdote laico e renzianissimo della cultura catodica anni Ottanta. Nella sua ultima fatica letteraria, parlando della scelta del nome della figlia, scrive: «Penelope, come il personaggio dell’Odissea secondo mia moglie, come Penelope Pitstop secondo me. Chi non ricorda chi è Penelope Pitstop è un grandissimo ignorante, e lo invito ad andare subito a cliccare su Google Immagini e tornare bambino».

Doppio Binario in risciò. Siamo a Villa Borghese, Roma centro. Partiamo tranquilli, ma dopo qualche metro prendiamo velocità. Finiamo in una pozza d’acqua. Si alza un’onda di schizzi che rischia di travolgere una coppietta a passeggio. Brizzi esclama: «C’è la pedalata assistita! Quando venivo qui da ragazzo, sul risciò si sudava, ora…». È appena sbarcato in libreria con un altro capitolo della sua saga personal-generazionale. Dopo la maturità, i viaggi con gli amici, la difficoltà ad abbandonare l’adolescenza e il matrimonio, ecco la paternità. È un volumetto agile: Se prima eravamo in due. E c’è davvero di tutto: dal tour de force scadenzato per concepire la prole all’infatuazione per la procace babysitter anglofona. Ci sono anche tutti i tic natural-salutisti di sua moglie Claudia Zanella, attrice e protagonista del precedente romanzo autobiografico Ho sposato una vegana. La paginetta sulla censura delle favole e delle filastrocche da sottoporre alla neonata è esemplare: Le tagliatelle di nonna Pina? Radiate a causa delle lodi per il valore nutrizionale del ragù. L’autore spiega: «È come se avessi realizzato un diario. Chi scrive un diario alla fine spera sempre che qualcuno lo legga».

Sua moglie risulta allegramente maniacale.

«È il personaggio più comico che abbia mai incontrato».

Lei rivela molti particolari della vostra vita privata.

«Claudia mi rimprovera: “Quando la smetti di raccontare i cazzi nostri”. Qui racconto anche di come per la prima volta a 48 anni ho conosciuto l’amore».

Per sua moglie?

«No, per mia figlia Penelope Nina».

Sono romanzi e film generazionali…

«Non c’è e non c’è mai stato l’intento di costruire un ritratto sociale. Vuol sapere la verità? Non saprei fare in altro modo. A chi mi chiede di scrivere un nuovo Notte prima degli esami dedicato a chi oggi ha 18 anni, replico che non ho idea di come raccontare i ragazzi del 2017».

Per un autore di film e di romanzi è decisamente un limite.

«Quando devo scrivere un film cerco di inserire sempre tra gli sceneggiatori qualcuno molto più giovane di me. Per le nuove avventure dei Tucci…».

…i protagonisti del film Poveri ma ricchi…

«… ho coinvolto Luca Vecchi, che fa parte del gruppo The Pills».

Non sempre youtuber geniali come i The Pills reggono la prova del cinema.

«La mia generazione ha studiato la grammatica cinematografica, i ragazzi nati su YouTube… no. Hanno idee e velocità, sono sintonizzati con la contemporaneità, ma non vanno lasciati da soli. Noi, in realtà, siamo anche gli ultimi a vivere il cinema come un rito magico: l’età di chi frequenta le sale si sta alzando, anche perché a casa la definizione delle immagini e il sonoro ormai sono eccellenti».

Dai film alle serie…

«Hollywood ormai ha serializzato tutto. Le serie top, come quelle dei super eroi Marvel sono destinate ancora al cinema, quelle più sperimentali e spesso più fiche sono destinate alla tv».

La serie tv culto?

«24. Ho cominciato a vedere il sequel. Ma senza l’attore Kiefer Sutherland è come vedere Guerre Stellari senza Harrison Ford».

Negli episodi 1, 2 e 3 di Star Wars Ford non c’è.

«E infatti non li ho amati. Manca la polvere».

Tornando a cinema e tv…

«La gente ha sempre voglia di farsi raccontare le favole, ma ormai preferisce stare in salotto».

Isolati e tumulati nei nostri appartamenti. È questo il futuro che ci attende?

«Temo di sì. Quando io ero piccolo esisteva una dimensione collettiva solidale. La socialità era normale sin da piccoli. Mia madre mi lasciava pomeriggi interi in casa dei vicini. Se oggi io chiedessi al mio vicino di stare qualche ora con mia figlia, mi prenderebbe per matto. Prima le comunità ti proteggevano, ora vivono in rete e ti aggrediscono».

Lei subisce molte critiche feroci sui social network?

«Quando un mio film arriva in sala, sui social esce di tutto. Internet è il regno degli eccessi. E allora si dovrebbe fare come per le gare di tuffi: il voto/commento più alto e quello più basso andrebbero eliminati».

Il risciò scorre sull’asfalto. Uno stornellatore intona motivetti romaneschi. Domando a Brizzi che fine abbia fatto il progetto di realizzare un film dal suo libro 100 giorni di felicità. Mi risponde che in Italia parlare di eutanasia è molto molto difficile.

Brizzi, lei è un produttore. Insieme con Lorenzo Mieli e con Mario Gianani, dopo The Young Pope, sta per portare in tv la saga di Elena Ferrante.

«È vero, ma parlando con altri possibili partner, appena spunta la parola “eutanasia”, il film si trasforma in un passion project. Della serie: se proprio ti va, fallo… In pratica non si trova un vero budget. Per Ho sposato una vegana, invece, c’è la fila».

Ho sposato una vegana diventerà una pellicola?

«Ora sono beatamente prigioniero del film di Natale, ma subito dopo…».

Chi interpreterà Fausto Brizzi?

«Mi piacerebbe che fosse Lillo».

Cioè Pasquale Patrolo del duo Lillo&Greg.

«È da un po’ che cerchiamo di fare un film insieme in cui lui sia protagonista unico».

Mentre giriamo intorno a un tempietto neoclassico, il risciò sbanda. Brizzi sembra divertito da un possibile cappottamento. Parliamo del padre, morto un mese dopo la nascita di sua figlia. Dice: «Lui apprezzava solo il lato commerciale dei miei film». In che senso?

«Mi chiedeva: “Quanto ha incassato?”. E se aveva incassato tanto voleva dire che era un bel film. Negli ultimi anni diceva: “Certo che i soldi che facevi con i cinepanettoni non li fai più”. Io cercavo di spiegargli il valore delle commedie romantiche. Faceva l’avvocato e non considerava il mio un vero lavoro. Da lui non ho mai ricevuto un complimento. Credo che non sia mai nemmeno venuto a vedere una mia gara di ginnastica. Ora posso dire che anche così mi ha motivato: ho trascorso la vita cercando di scrivere qualcosa che gli piacesse».

Lei è un padre assente dalla quotidianità di sua figlia?

«Scherza? Come molti padri della mia generazione, io cambio pannolini e filmo ogni istante della vita di Penelope. Scrivo favole, vegane. Per lei, ballo e canticchio».

Ha mai ricevuto uno “schiaffo educativo” da parte dei suoi genitori?

«Certo. Ma ora al solo pensiero di dare uno schiaffo a mia figlia mi viene da piangere».

Parcheggiamo accanto alla Casina delle Rose. Arriva Claudia, con passeggino annesso. Brizzi scende dal risciò. La piccola Penelope gli va incontro. Dice: “Daddy”. Chiedo: perché daddy? Replica: «Le stiamo facendo un regalo: crescere bilingue». Lei parla inglese a sua figlia? «No, no. Ma la tata è inglese. Guardiamo cartoni animati in inglese e frequenterà l’asilo inglese».

È una di quelle idee di sua moglie su cui lei ha ceduto?

«No, è una delle poche cose su cui siamo stati subito d’accordo».

Il libro Se prima eravamo in due è pieno di cose su cui non eravate d’accordo.

«Mia moglie avrebbe voluto partorire in casa, senza assistenza. Solo noi due. Mi sono rifiutato. In compenso ho ceduto sul consultare per nove mesi quattro ginecologi contemporaneamente».

Ma è vero che Claudia le ha domandato di contattare la star americana Jessica Alba per chiederle un consiglio su alcuni pannolini super bio?

«Sì. Le ho spiegato che chiamare Paolo Sorrentino per fargli contattare Jude Law per ottenere il cellulare di Jessica Alba per informarsi sui pannolini che produce… era davvero eccessivo. Ho resistito anche sull’alimentazione. Ho studiato. Abbiamo patteggiato: ci sono alcune sostanze nutritive a cui un adulto può rinunciare ma un bambino no. Penelope mangia il pesce. E quando succede ne approfitto e lo mangio pure io».

In passato ha raccontato che in casa sua anche Matteo Renzi è stato costretto a ingollare indigeribili papponi vegani. Lei è ancora renziano?

«Certo. Ci sentiamo e ci vediamo. Mi continua a convincere la pulizia di fondo di Matteo. Paga il mutuo. Non si vuole arricchire con la politica».

È un argomento un po’ grillino. Va bene il leader onesto, ma poi bisogna saper governare.

«Già. Per capire se un politico sa governare bisogna metterlo alla prova. Lei avrebbe mai immaginato che Virginia Raggi non avrebbe cambiato Roma e che anzi l’avrebbe peggiorata?».

Categorie : interviste
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