Giorgia Meloni ( 7 – Febbraio 2018)

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(Intervista pubblicata su 7 – Corriere della Sera l’1 febbraio 2018)

UN URLACCIO DALLE FILE PIÙ LONTANE: «L’immigrazione, Giorgia, l’immigrazione». Lei cerca di contenere la richiesta: «E aspettate… Vorrei spiegare la Flat Tax sui redditi incrementali…». Dalla platea insistono: «Fuori i clandestini!». Meloni simula un cedimento. Prima stringe le labbra, rossissime, tirando fuori un’espressione severa, concentrata, poi si apre in un sorriso. «Devo fare il juke-box? Voi mettete il gettone, scegliete un titolo e io espongo il programma?». Applausi. «Ma poi scusate, che vi devo dire sull’immigrazione? Ne ho parlato talmente tanto che tutti i partiti stanno diventando meloniani. A parole». Tra le poltroncine rosse della sala grande del Teatro Parenti di Milano sventolano le bandiere di Fratelli d’Italia. Giorgia Meloni veste una blusa argentata che ricorda la cotta di maglia in mithril indossata da Frodo Baggins nel Signore degli Anelli. Sembra un’armatura leggerissima, un outfit pensato apposta per la pasionaria sovranista. Meloni, la generalessa (copyright di Katia Ricciarelli), che per la prossima battaglia elettorale ha rispolverato antiche categorie: i #patriotidItalia. Meloni che alterna parole d’ordine ruvide dal sapore bellicoso («Prima gli italiani», «La difesa è sempre legittima»), con battute decisamente autoironiche: una volta, mentre era ospite di una trasmissione di La7, interrogata da Ferruccio de Bortoli sulla Finanziaria, si portò le mani alle orecchie (come a reggere delle cuffione da quiz televisivo) e, prima di rispondere, disse: «Questa la so».

MELONI È MADRE dei Fratelli d’Italia, il partito più a destra del Parlamento italiano, e di Ginevra, una bambina di sedici mesi. Di giorno si infila nella trincea dell’italianità e della difesa identitaria della destra per guidare il suo partito-tribù, e di sera si immerge nella melassa della neo-maternità, fatta di «Tatiii, Tatiii, patatinaaaa». Ha 41 anni e ha cominciato la militanza nei partiti quando ne aveva 15. C’è un’intera generazione di militanti che è cresciuta sotto la sua ala o al suo fianco. È la sua comunità. E ringhia se qualcuno gliela tocca. A chi dall’esterno cataloga lei e i suoi “fratelli” semplicemente come destri granitici e in odor di fascisterie, replica: «Siamo un partito valutato sopra il 5%. Rifiuto la lettura macchiettistica della nostra storia. E mi ribello contro i pregiudizi perché conosco il valore, l’onestà e il sacrificio della mia gente». È stata consigliera provinciale, deputata, vice-presidente della Camera e ministro. È in perenne movimento, un moto perpetuo. Salta da un appuntamento all’altro e appena può torna dalla figlia. Lo sanno bene gli autori delle trasmissioni televisive che la cercano come ospite. Risponde: «Vengo, ma alle 21,45 massimo voglio essere a casa». Spiega: «Cerco di stare con Ginevra tutte le sere, prima che si addormenti. Di notte, quando si sveglia, la porto a letto con me e tutte le mattine giochiamo». Ora, probabilmente, Ginevra parteciperà alla campagna elettorale: «Difficilmente riesco a stare lontana da lei per più di ventiquattro ore».

LA INCONTRIAMO DAVANTI a uno dei templi dell’intellighenzia milanese, il Teatro Parenti. Meloni è attesa per un’iniziativa organizzata da Daniela Santanché. Titolo: “Qui si fa l’Italia”. Il comitato di accoglienza che attende Meloni fuori dal teatro è composto da una mandria di telecamere (da ora in poi la Mandria) e da un gruppo di giovani militanti (da ora in poi la Tribù) che si scambiano il saluto del gladiatore, cioè una specie di stretta di mano identitaria che avvolge l’avambraccio. Ci sono ben tre La Russa: l’ex ministro della Difesa, Ignazio, suo figlio Geronimo e suo fratello Romano. Quest’ultimo, parlando con alcuni ragazzi della Tribù dice: «Dobbiamo fare più pubblicità al partito. In molte zone della provincia lombarda quando io accenno a Fratelli d’Italia non sanno neanche che cosa sia e se ne rendono conto solo quando dico: “Il partito di Giorgia Meloni”». Viene avvistata una ragazza bionda in lontananza. Sarà lei? La Tribù si schiera in blocco e srotola uno striscione. La Mandria si muove per andarle incontro travolgendo un passante. Ma è un falso allarme.

MELONI ARRIVA dopo qualche minuto su una macchina nera. La Mandria le si stringe intorno. Lei si ferma in un angolo sgombro per rilasciare una dichiarazione ai giornalisti. Un ragazzo della Tribù le piazza alle spalle uno sfondo su cui è stampato il simbolo con la fiamma tricolore. Santanché sventola un disegno che il pittore Ugo Nespolo ha appena donato al partito. Meloni entra in sala. Parte l’Inno di Mameli. Tutti in piedi: «Frateelliiiii d’Italiaaaa…». Un plotone di fotografi fa partire una raffica di scatti. Meloni assorbe i colpi, sorridendo. Urla: «…l’Italia chiamò, sì!». Sale sul palco Lara Magoni, sciatrice alpina che porge in dono a Meloni una pettorina da slalomista. Lei la osserva e sorride: «E quando m’entra questa?». Magoni le stringe la mano: «Io porto nel cuore Dio e il Tricolore, sarò sempre leale». Meloni la abbraccia, commossa. È il turno di Maria Teresa Baldini, ex cestista sopra il metro e ottanta, appena passata da una lista maroniana a Fratelli d’Italia. Meloni la squadra dal basso verso l’alto ed esclama: «Che amarezza. Lei giocava a basket. Io al massimo a bocce». A coordinare i lavori del convegno c’è Paolo Del Debbio, conduttore Mediaset. Si parla di economia, di cultura e di sport. Ci sono anche l’ex calciatore Giuseppe Dossena e alcuni imprenditori. Meloni: «Del Debbio è più presente di me alle nostre iniziative». La Russa afferra un microfono e dalla platea, dice: «Lui sarebbe stato il candidato premier ideale per mettere d’accordo anche Berlusconi e Salvini». Meloni: «Lo sanno tutti. Ma lui non ci pensa minimamente». Del Debbio cambia discorso: «Come sta tua nonna Maria?». Meloni spiega al pubblico che sua nonna è la fan numero uno del conduttore e che i due si sono pure conosciuti. Quel che la leader di Fratelli d’Italia non dice ai presenti, ma è cosa nota, è che lei stessa ha incontrato per la prima volta il suo compagno, Andrea, proprio nella sala trucco di una trasmissione di Del Debbio: lui era autore, lei ospite. Arriva Katia Ricciarelli che scende da una scala laterale, tra gli applausi: «Scusate l’ingresso alla Wanda Osiris». Quando Del Debbio annuncia che sta per parlare Meloni, qualcuno in platea sospira: «Finalmente».

Meloni recentemente sta prendendo anche ripetizioni di diritto internazionale. Srotola cifre e teorie. Patriotteggia. A Dossena dice: «L’Italia fuori dal Mondiale russo è un fatto atroce. Il prestigio di una Nazione passa anche attraverso lo sport». Il pubblico gonfia il petto: «Bravaaaa». L’applauso più grande Meloni lo prende quando parla della difesa dei prodotti italiani e quando, elencando atteggiamenti patriottici, esclama: «È una patriota anche la maestra che insiste per fare il presepe a scuola perché vuole difendere la sua identità». Meloni sa che questi sono temi popolarissimi. Sul made in Italy e sul presepe ha girato anche dei piccoli video che sono diventati subito virali: Due minuti con Giorgia. Usa una comunicazione che è allo stesso tempo artigianale e chirurgica. In tv è abilissima: studia, spiega, sbuffa, fa gli occhi a palla, alza la voce, si rivolge al pubblico in studio mentre l’interlocutore/avversario sta parlando: «Ao, ma questo è matto!». Si chiudono gli interventi. Compare Giovanna Ianniello, portavoce di Meloni. Cerca di coordinare la Mandria. Un dipendente del teatro chiosa: «Sul palco dove pochi giorni fa abbiamo messo in scena Sorelle Materassi di Aldo Palazzeschi, oggi si sono esibite le Sorelle d’Italia».

DA MILANO A ROMA: ritroviamo Meloni a pochi passi dalla stazione Termini. È in corso un flashmob contro la privatizzazione di Poste Italiane. Comincia una gara nella Tribù romana per chi riesce a piazzarsi meglio accanto a Meloni nella foto con lo striscione. Lei si mette a coordinare i fotografi: «Mettetevi più in là. Riprendete bene la scritta, eh». Clic, clic. È ora di trasferirsi all’Hotel Massimo D’Azeglio dove si sta per aprire una delicata Direzione del partito. Saliamo su un’automobile. È la Melonimobil. Ci sono carte e cartelline sparse. Guida Giorgia, che a causa della sua passione per il volante si autodefinisce una “macchinara”. Ma dato che viene distratta dalle domande e dal fotografo Sestini, una signora seduta dietro di lei fa da navigatore: «Dritta… al semaforo a destra… ora a sinistra…». Chiedo chi sia la signora. Meloni spiega: «È Patrizia Scurti». Patrizia è la super assistente della leader di Fratelli d’Italia: «È la vera padrona della mia vita». Parcheggiamo. La pasionaria attraversa svelta la strada allungando la falcata. All’ingresso dell’hotel viene fagocitata da un gruppetto di Fratelli d’Italia incravattati. Ci infiliamo nella sala dove si tiene la Direzione. Alcuni dirigenti stanno parlando di collegi e di candidature, altri del programma. Meloni si mette a studiare al tavolo dei relatori. Dopo qualche minuti mi fa “ciao” con la mano e subito dopo il gesto diventa “vai via”. Con la bocca scandisce «qui-èa-por-te-chiu-se». Aspettiamo fuori. Dopo un paio di ore arriva un messaggio: «La cosa si fa lunga». Arrivano le otto di sera. Meloni si mette in macchina per tornare a casa. Sono i giorni in cui i vescovi hanno bacchettato la politica italiana, stigmatizzando la xenofobia, l’ostilità verso i migranti e la crescente «cultura della paura». Meloni: «Capisco il punto di vista dei vescovi e quello di Papa Francesco. Ma la politica si deve porre il problema di collocare queste persone in modo dignitoso con le poche risorse a disposizione».

Lei e Salvini, aizzate la cultura della paura. Create un allarme che non c’è.

«L’Italia è la nazione più accogliente del pianeta. Patria del cattolicesimo. Se gli italiani a un certo punto si ribellano all’immigrazione incontrollata non è certo colpa di Giorgia Meloni. Noi raccontiamo il disagio della gente. Il rischio percepito di perdere la propria identità. È la perdita di identità che produce sentimenti xenofobi”.

Anche Di Maio, Capo Politico del Movimento Cinque Stelle, ha detto «prima gli italiani».

«Potrei gioire citando Giorgio Almirante, che diceva: “Quando senti le tue parole sulle labbra di un avversario significa che le tue idee hanno vinto”. In realtà credo che Di Maio sia come una bottiglia da riciclare: dentro ci puoi mettere qualsiasi cosa. Un giorno vota contro una mia proposta per impedire allo Stato di spendere per gli immigrati più di quanto si faccia per un pensionato e il giorno dopo dice “prima gli italiani”».

I suoi alleati: Berlusconi è sospettato di voler fare accordi post elettorali col Pd. Salvini di preparare un flirt governativo con i Cinque Stelle.

«O centrodestra o caos. Dopodiché io mi fido ciecamente solo di me stessa. Nelle nostre liste sto cercando di garantire parlamentari che rispettino il vincolo di mandato con Fratelli d’Italia. Do la priorità a persone di cui conosco la storia e la serietà».

La Tribù di Fratelli d’Italia.

«Noi siamo fedeli alla coalizione. Ma so che nel centrodestra c’è chi ammicca al Pd e chi al M5S». Il tono delle sue ultime dichiarazioni è molto duro. Arrivata sotto casa, in zona Roma Sud, Meloni ci saluta. La voce si addolcisce. Quasi bisbiglia. Mentre entra in garage sembra quasi di assistere alla metamorfosi. Da rude generalessa a mamma romana: «Tatiii, Tatiii, patatinaaaa»

Categorie : interviste
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