Alessio Rossi (Doppio Binario – 7 – Marzo 2019)

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(Intervista pubblicata su 7 – Corriere della Sera il 28 marzo 2019)

DOPPIO BINARIO IN DOPPIOPETTO, tra le altalene e le macchinine a pedali di Villa Borghese, a Roma, con Alessio Rossi, trentanove anni, presidente dei giovani di Confindustria e costruttore. La sfortuna (sua) vuole che ci incontriamo nei giorni in cui la Capitale è scossa dallo scandalo delle presunte tangenti elargite per la realizzazione dello stadio della Roma. Quando gli chiedo perché, in Italia, ogni volta che si posano due mattoni si scopre che in mezzo c’è nascosta una mazzetta, Rossi prima accenna una difesa d’ufficio: «Ci sono anche stadi costruiti senza problemi», poi fa la dichiarazione di rito: «Sono garantista e vale, fino a prova contraria, la presunzione di innocenza», e infine conclude: «Bisogna andare fino in fondo alla vicenda legata ai costruttori Parnasi e Toti, siamo i primi a chiederlo. Ma se per evitare di avere problemi con la giustizia si sceglie di fermare tutti i lavori, si sbaglia di grosso». Rossi è, ovviamente, Sì Tav, Sì Tap, Sì Olimpiadi: «Invece di bloccare sempre tutto, approfittiamo per realizzare meglio i controlli e le opere». Distingue: «Io non sono palazzinaro, non faccio edilizia residenziale, ma commerciale e industriale». Cominciamo a parlare del nuovo codice degli appalti e della necessità di riformarlo: «Le procedure vanno semplificate. Bisogna tranquillizzare gli operatori della Pubblica Amministrazione che firmano gli atti e che hanno visto aumentare le loro responsabilità. Abbiamo troppe regole. Un codice degli appalti così non esiste nel resto d’Europa». Provoco: forse perché nel resto d’Europa gli imprenditori non provano sempre a fare i furbi? Replica: «Le mele marce, cioè… gli alberi marci… ci sono in tutti i settori, ma stanno diminuendo per fortuna».

C’è chi paga i lavoratori in nero, chi non garantisce i contributi, chi evade il fisco…

«Gentaglia senza etica».

C’è chi usa i fiumi come discariche.

«Disonesti che rovinano il mercato e la categoria. Ma ora mica vorrà passare il pomeriggio a elencare i comportamenti scorretti degli imprenditori… I disonesti ci sono. Però la nostra piccola Italia sta facendo un percorso di crescita. Invece di amplificare solo le barbarie, aiutateci a raccontare gli esempi virtuosi».

CI PASSA DAVANTI un ragazzo africano. Chiedo a Rossi come sia schierato sul tema dell’accoglienza e dell’integrazione. Dice che il problema andrebbe affrontato a livello europeo e che è vero che gli italiani non vogliono più fare certi lavori. Poi sbotta: «Penso che la politica affronti alcuni episodi, come lo sbarco di qualche decina di disperati, come arma di distrazione di massa».

Distrazione da che cosa?

«Dal fatto, per esempio, che questo governo non ha fatto vedere nulla per quanto riguarda i provvedimenti che agevolano l’economia».

Quota 100.

«È una finestra per i prepensionamenti. Non una grande novità».

Il decreto dignità.

«Meno drammatico di come è stato descritto, ma non porta i risultati attesi: i contratti a tempo indeterminato non sono aumentati. E la gestione del personale di molte aziende si è complicata».

La flat tax.

«Al momento è una riforma che agevola i professionisti o i piccolissimi artigiani, non le imprese».

Il reddito di cittadinanza.

«Il fine è nobile, ma lo strumento è inutile».

Il fine nobile…

«In tutto il mondo ci si sta interrogando sull’opportunità di introdurre un reddito universale di cittadinanza, ma quello di questo governo sembra più uno strumento elettorale. Sperano di assegnarlo prima delle Europee».

Una mancia elettorale.

«I politici e i governi si assomigliano. Gli ottanta euro avevano uno scopo simile».

Gli ottanta euro sono stati una bandiera renziana. Avevo letto che lei era vicino a Renzi.

«Renzi ha dato una scossa e ha fatto molte cose buone per il Paese, poi è rimasto vittima di se stesso. Io non sono filo-governativo o anti-governativo. Sono filo-provvedimento o anti-provvedimento».

Renzi ha introdotto il Jobs Act, amatissimo dagli imprenditori…

«L’abolizione dell’articolo 18 è stata un simbolo. Ancora più amati, durante il governo Renzi, sono stati gli sgravi contributivi per chi assumeva. È una misura che è durata tre anni, e che invece dovrebbe essere strutturale per le assunzioni degli under 35. Ecco, una cosa sorprendente: oggi abbiamo il Parlamento più giovane da non so quanto tempo, con un governo abbastanza giovane… e per i giovani non si sta facendo nulla. Anzi: con l’indebolimento del programma di alternanza scuola/lavoro, si sta dando un segnale culturalmente molto sbagliato».

Se potesse suggerire qualche provvedimento all’orecchio del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte…

«Oggi un operaio che percepisce 1.000 euro, ne costa 3.000 alla propria impresa. L’urgenza quindi è l’abbattimento del cuneo fiscale, anche solo a vantaggio dei lavoratori. E poi un’azione diplomatica seria in Europa per combattere il dumping fiscale, cioè la concorrenza sulle tasse, tra gli Stati. Abbiamo chiesto la creazione di un ministro delle Finanze europeo».

Lei con quale rappresentante del governo parla?

«Con nessuno».

Non ha un interlocutore…

«Nessuno ci ascolta».

Scherza?

«È la disintermediazione. Pensano di poter fare a meno dei sindacati. Anche Renzi aveva provato a disintermediare, ma poi si è reso conto che non sarebbe andato da nessuna parte e ha fatto marcia indietro».

Ha conosciuto Renzi?

«Sì, certo. Ho conosciuto lui, Davide Casaleggio, Silvio Berlusconi…».

L’incontro con Davide Casaleggio.

«Doveva venire a Rapallo, al convegno dei Giovani di Confindustria. Molti miei consociati non erano felicissimi per la sua presenza. Ci fu una riunione preparatoria nei suoi uffici milanesi: la gente pensa che sia una specie di impero del male, invece è una piccola azienda. Ci siamo confrontati sulle start up».

Berlusconi…

«Anche con lui: incontro preparatorio, ad Arcore».

Cena elegante?

«Pranzo di soli uomini. Quando ha iniziato a discutere di Am-lire e della possibilità di introdurre una doppia moneta gli ho chiesto se stesse scherzando. Poi a Capri ebbi l’ingrato compito di togliergli la parola. Eravamo in ritardo, lui continuava a parlare, nessuno voleva interromperlo… alla fine sono salito io sul palco per farlo scendere. Non credo che gli fosse mai capitato».

ROSSI SCENDE DALL’ALTALENA e si sistema i risvolti del doppiopetto. Cominciamo a parlare di come è arrivato alla presidenza dei Giovani imprenditori. L’autoritratto che fa di se stesso è sorprendente: «Sono un Capricorno, testardo, autoironico, ma permaloso. Romanista, ma senza una grande passione per il calcio».

Miti giovanili?

«Nessuno. Non avevo una band preferita e nemmeno una canzone. Neanche un film. A parte Vacanze di Natale dei Vanzina, ma questo è un titolo che le avranno citato tutti».

Lei è il primo.

«Volevo fare l’avvocato d’affari, sognavo Wall Street. Mi sono ricreduto presto».

Un passo indietro. La sua famiglia…

«Sono nato e cresciuto a Roma, zona Eur».

In periferia.

«Mio padre era impiegato pubblico, ora in pensione. Mia madre casalinga».

Scuole?

«Ho frequentato il liceo Scientifico. Ero rappresentante degli studenti. Anche all’Università ho ricoperto ruoli di questo tipo, sono entrato nel consiglio di amministrazione dell’Ateneo, ho creato una lista per le elezioni accademiche, che non fosse collegata a nessun partito, “Progetto Roma Tre”».

Sindacalismo studentesco. Risultati?

«Bisogna essere obiettivi: pochi. L’associazionismo studentesco non ha grande potere di cambiamento».

Sport?

«Pallanuoto. Agonistica. Ero abbastanza bravo. Come direbbe Enrico Montesano, “Er Pomata”, in Febbre da cavallo: “C’ho i ritagli”».

Traduciamo per i non romani.

«Ho le testimonianze scritte della mia attività in vasca. A diciott’anni ho smesso».

Perché?

«Ho capito che non sarei diventato un campione e nel frattempo ho scoperto il piacere di trascorrere i pomeriggi e le sere in discoteca con gli amici. Era anche un modo per fare qualche soldo».

Come ragazzo immagine?

«No, con alcuni amici organizzavamo pomeriggi e serate nei locali: il Piper, il Gilda, il Target… Sono sempre stato indipendente, anche mentre studiavo Giurisprudenza. Il primo motorino e la prima automobile me li sono comprati da solo».

Laurea in…

«Diritto bancario. Ma non ho mai fatto l’avvocato. Creai una piccola società di comunicazione. E poi entrai in un’azienda che si occupava di security con un contratto di apprendistato».

Prima mansione?

«Portare il caffè e fare fotocopie. Pian piano ho ricoperto tutti i ruoli, fino a diventare amministratore delegato».

L’ambiente delle aziende che fanno sicurezza…

«Lo so, lo so. Il livello culturale è basso e gli imprenditori sono spesso poco preparati. E soprattutto ci sono pochi margini di guadagno».

È per questo che poi è passato al settore edilizio? Ora è ricco?

«Sto bene, ma non mi definirei ricco».

Adriano Olivetti sosteneva che il vertice di un’azienda non deve guadagnare più di dieci volte rispetto al salario minimo di un operaio. Lei…

«I miei lavoratori sono sopra i milleduecento e io guadagno meno di 10.000 euro al mese. La sostenibilità di un’impresa deve essere anche finanziaria, non solo ambientale: potrei attribuirmi più risorse, ma il vecchio modello per cui c’erano imprenditori ricchi e aziende povere non può funzionare».

Quante persone lavorano nella sua azienda?

«Una settantina».

Tutti con regolare contratto?

«Certo».

Attrezzature a norma?

«Abbiamo introdotto i caschetti personalizzati».

Lei è un po’ gretino? Seguace di Greta Thunberg, la giovane pasionaria svedese dell’ambiente?

«Ho sempre fatto la differenziata, ma con la sensazione che nella Capitale poi finisca tutto nella stessa discarica».

L’importante è che ognuno faccia il suo.

«Mia figlia Flaminia, che ha quattro anni e mezzo, è più brava di me. Fortunatamente ora l’educazione ambientale comincia dall’asilo».

Greta invita gli adulti ad abbandonare le automobili inquinanti.

«Per l’azienda ho preso in affitto due Smart elettriche».

Suona come un dribbling. La sua auto personale?

«Confesso: è un Suv, diesel».

Beccato. Pubbliche virtù e vizi privati.

«Guardi che ne guida una simile anche il ministro ambientalista Danilo Toninelli!».

Categorie : interviste
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