Licia Colò (Doppio Binario – 7 – Novembre 2018)

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(Intervista pubblicata su 7 – Corriere della Sera il 22 novembre 2018)

UN SECONDO PRIMA che il fotografo scatti, lei dice: «Hey». Clic. Ancora: «Hey». Clic. È una tecnica, affinata negli anni, per venire sempre sorridente. La usa anche mentre pedala nel pratone di Casal Palocco, quartiere residenziale tra Roma e Ostia, rischiando di schiantarsi contro l’intervistatore. «Hey». Clic. Doppio Binario in bici con Licia Colò, presenza rassicurante della tv contemporanea. Ha cresciuto una generazione di bambini con Bim Bum Bam e poi li ha accompagnati fino all’età adulta con trasmissioni che alternavano viaggi, ambiente e animali: L’arca di Noè e La compagnia dei viaggiatori per Mediaset, Geo&Geo e Alle falde del Kilimangiaro per la tivvù di Stato. Da qualche anno si è trasferita su Tv2000, reclutata da Paolo Ruffini, ex direttore di Rai3. Dice: «Soffro quando incontro qualcuno per strada che mi rimprovera perché non faccio più televisione. Io non ho mai smesso. E con Il mondo insieme, che va in onda sull’emittente dei vescovi, non realizzo nulla di meno di quel che facevo con il Kilimangiaro. Uso addirittura gli stessi documentaristi». L’allontanamento da Rai3 nel 2014 e la sua sostituzione con Camila Raznovich non fu indolore: «Ero un animale ferito. In realtà sono io che mi sono fatta mandare via: il direttore Andrea Vianello voleva un prodotto con un’impostazione diversa, con una presenza frequente di personaggi famosi. Io non sono un’integralista e quando doveva venire un attore a promuovere una fiction Rai, l’ho sempre accolto. Ma ospitare il vip di turno per farmi raccontare le sue vacanze alle Bahamas mi sembrava poco interessante. Forse mi sarebbe convenuto tacere e andare avanti». Fa una faccia tra il sarcastico e l’ammiccante, e chiosa: «Il più grande privilegio che sono riuscita a coltivare nella mia vita è stato quello di portare la barca sempre dove volevo io».

In tv contano lo share e gli ascolti. I faccioni, i volti noti, portano telespettatori.

«Su Tv2000 mi capita di fare intere puntate sullo sfruttamento dei bambini nelle miniere di cobalto, materiale utilizzato per costruire gli smartphone, ospitando esperti poco conosciuti, e di essere contenta anche con ascolti lillipuziani. È una questione di identità. Il vip mi piace averlo se è stato in Amazzonia a fare volontariato tra gli indios, oppure se è andato a vedere gli orsi polari alle isole Svalbard».

Le nostre biciclette hanno la pedalata assistita. Scivoliamo rapidi sull’erba. Ci passa accanto una ragazza con un sacchettino di plastica colmo di cacca canina. Saluta: «Ciao Licia».

Una fan attenta al decoro urbano.

«Fossero tutti così… Io sono molto razzista».

Razzista?

«Non tollero i maleducati. E nemmeno gli ignoranti presuntuosi che comunicano attraverso slogan violenti».

I razzisti oggi in Italia sono altri.

«Beh, i razzisti veri, quelli xenofobi, io li rinchiuderei e butterei la chiave. Sono trekkina…».

Fan della serie tv Star Trek.

«Esatto. Oltre a essere convinta che sia da presuntuosi considerare noi umani gli unici abitanti dell’universo, credo anche che il mondo sia un unico organismo senza confini abitato da esseri viventi. Siamo terrestri, insomma. E dobbiamo essere giudicati per le nostre idee o per le nostre azioni, non certo per il colore della pelle o per la religione».

Andrebbe ricordato a chi respinge navi e alza muri.

«Già. Dopodiché il clima sociale si è scaldato per un eccesso di tolleranza. La troppa tolleranza nei confronti di reati diffusi e l’assenza della certezza della pena hanno alimentato il populismo e l’intolleranza».

Licia sostiene che a costruire questa sua sensibilità terrestre abbia contribuito suo padre, ex pilota di caccia ricognitori e di Alitalia: «La persona più internazionale che abbia mai conosciuto. Aveva amici in tutto il mondo».

Lei quando ha cominciato a viaggiare?

«Il primo trasferimento lo feci a sei anni: da Verona, dove c’era una base dell’aeronautica militare, a Casal Palocco, dove vivevano molti piloti della compagnia di bandiera italiana. Il primo viaggio da sola, invece, è stato a quattordici, negli Stati Uniti: i miei genitori mi spedirono a casa di amici. Persi il primo aereo e mi ritrovai a Portland con in tasca un indirizzo e un numero di telefono sbagliati. All’epoca ci si arrangiava decisamente di più».

Che studi ha fatto?

«L’Istituto d’arte Silvio D’Amico, nel quartiere romano San Paolo. A fine anni Settanta girava un sacco di droga».

Ha un passato un po’ tossico?

«No, zero. Penso che gli stupefacenti annullino l’intelletto e azzerino l’unicità delle persone».

Faceva politica?

«Peace and love. Ero un po’ figlia dei fiori. Il mio fidanzato, Michele, era un ambientalista di destra».

Università?

«Mi sono iscritta a Psicologia, ma non mi sono mai laureata. Mentre studiavo lavoravo come segretaria in un centro sportivo. Venni licenziata perché non volevo accettare un tempo pieno. Subito dopo accettai una proposta per fare la modella, a Milano».

Una giovane modella nella Milano da bere.

«Non mi ero mai truccata in vita mia. Mia madre mi mise in guardia: “Sii seria, quello è un mondaccio”».

Ha ricevuto proposte indecenti?

«Se voli alto quel che succede sotto non ti tocca. Nessuno ti obbliga a fare nulla. È inaccettabile qualsiasi violenza fisica e psicologica, questo è ovvio, ma quasi sempre si ha la possibilità di scegliere. Ho sempre pensato che sarebbe stato meglio perdere il lavoro piuttosto che accettare avances indesiderate».

In tv come ci è arrivata?

«Con un provino ad Antenna Nord, per sostituire l’annunciatrice Gabriella Golia. Feci anche un colloquio con il direttore Lillo Tombolini: mi chiese solo di mettere in ordine i capelli. Appena uscita dal suo ufficio corsi a sistemarli con la piastra. Dopo qualche mese Antenna Nord divenne Italia1».

La prima trasmissione a cui ha preso parte?

«Grand Prix , al fianco di Andrea De Adamich».

Sport, Formula Uno…

«Sì, poi vennero Bim Bum Bam , il Festivalbar, Buona Domenica».

Un mese fa Licia Colò è ricomparsa sulla tv di Stato con Niagara, una manciata di puntate trasmesse dalla Rai2 di Andrea Fabiano. Il ritorno a casa.

«Vincenzo Arnone, amico e antico autor e del mio Kilimangiaro, ha insistito perché presentassi con lui il progetto. La cosa che mi ha fatto più piacere è stato il calore dei tecnici, dei parrucchieri e dei costumisti…».

Non pensa che sia un po’ assurdo che la Rai, pur avendo migliaia di dipendenti, compri servizi di viaggio all’estero per poi tradurli?

«No. Con Niagara abbiamo prodotto il 90% dei servizi internamente, ma poi non è detto che la Rai abbia risorse sufficienti per raccontare la vita di determinati animali esotici. E a me serve anche quel tipo di reportage».

Licia vede il fotografo con un mozzicone di sigaretta in mano e blocca la nostra conversazione per dargli indicazioni: «Quello va nell’indistinta».

Lei segue il decalogo ambientalista di Al Gore?

«Sono attenta a non sprecare acqua, faccio la raccolta differenziata… È un elemento di civiltà. È assurdo che in Italia da regione a regione cambino le regole su come gestire la spazzatura: se tu mi sputi in un occhio a Napoli è esattamente come se lo facessi a Milano, no?».

Qualche anno fa Maurizio Milani, sul Foglio, l’ha presa in giro sostenendo che lei con tutti i viaggi in aereo che fa è uno dei cittadini più inquinanti d’Europa.

«Ahah. Recentemente mi sono rifiutata di parlare dell’inquinamento degli aerei in trasmissione. Troppo conflitto di interessi. Bisogna trovare un equilibrio. Ma i viaggi non vanno limitati. I viaggi sono conoscenza, incontro».

I suoi viaggi…

«Quando facevo L’arca di Noè, restavo in trasferta anche nove mesi l’anno. Mi svegliavo spesso di notte senza sapere dove mi trovassi. Non è una bella sensazione. Dopo la nascita di mia figlia Liala mi sono praticamente fermata, ma ne combino ancora talmente tante che ho sempre la sensazione di essere inseguita da una valanga».

Qual è il viaggio in cui si è sentita più in pericolo?

«A Reunion, un isola tra l’Africa e l’India. Una sera mi sono trovata in mezzo a una sparatoria. Sono scappata in un vicolo buio. Ero sola e morivo di paura. Ho pensato: “Ma perché sono qui?”. In albergo ho chiamato mia madre e le ho comunicato che non ce la facevo più. Lei mi disse: “Allora licenziati”. Quelle parole mi sembrarono liberatrici. Rientrata in Italia andai da Giorgio Gori…».

… ex direttore di Canale5, ora sindaco di Bergamo…

«Diedi le dimissioni. Lui lasciò passare qualche mese e mi propose una nuova trasmissione».

Ha nuotato con le balene in Patagonia, è stata caricata da un rinoceronte, è entrata in contatto con iguane giganti alle Galapagos. Il rapporto con gli animali…

«Il primo che ho avuto è stato un gattino abbandonato con la coda mozzata…».

Nome?

«Trovatello».

Molto fantasioso.

«Sono smemorata e quindi do nomi semplici. Le mie capre si chiamano Capri e Caprilla. Il gatto…».

Miao?

«No. È nero, quindi l’ho chiamato Nerino».

È vero che il nome di sua figlia Liala è un acronimo ricavato dai nomi Licia e Alessandro, suo marito?

«La “a” finale sta per always».

Liala ha tredici anni. Immagino trascorra molte ore con gli occhi sul telefono.

«Come tutti gli adolescenti. È una cosa che mi spaventa».

Il rimedio…

«Far capire che il cervello è prezioso e non lo si deve spappolare, e che ci sono cose che uno smartphone non ti potrà mai dare».

Un esempio?

«Una passeggiata in pineta il cellulare non te la regalerà mai».

Categorie : interviste
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