Silvio Orlando (Doppio Binario – 7 – Novembre 2018)

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(Intervista pubblicata su 7 – Corriere della Sera l’8 novembre 2018)

PIOVE FORTE. ROMA E’ TRAMORTITA DA RAFFICHE di vento monsoniche. Quindi abbandoniamo ogni progetto ciclabile e ci rifugiamo in casa, in un grande palazzo in centro a pochi metri da Campo de’ Fiori. Superiamo un enorme portone e un’inferriata. Si intravedono due figure vestite di nero che scortano un cardinale porporato dentro un portoncino. Suonano le campane. Doppio Binario in emergenza con Silvio Orlando, sessantuno anni, attore di lunghissimo corso: ha macinato una quarantina di film e centinaia di serate a teatro. È stato protagonista della stagione d’oro del cinema d’autore engagé: Palombella Rossa di Nanni Moretti, Il portaborse e La scuola di Daniele Luchetti, Sud di Gabriele Salvatores e Ferie d’agosto di Paolo Virzì. Ha una piccola collezione di David di Donatello, Nastri d’Argento, Globi d’oro e Coppe Volpi. Lo incontro mentre sta per iniziare le riprese della nuova serie sorrentiniana The New Pope. Contemporaneamente prepara la lettura di La vita davanti a sé di Romain Gary che terrà a BookCity. Il romanzo del 1975 è stato ripubblicato da Neri Pozza con le illustrazioni di Manuele Fior. Appena gliene parlo Orlando entra in modalità politica. È la storia di un giovane musulmano che vive in una periferia parigina multietnica e solidale. L’autore è l’emblema di un’intellighenzia dall’identità fluida con un occhio piantato sul futuro. Racconta: «Sto lavorando a uno spettacolo teatrale tratto dallo stesso testo». Cominciamo a parlare dell’Italia ai tempi del grillo-leghismo e del disprezzo diffuso per i cosiddetti radical chic. Dice: «Oggi far parte di una élite culturale è diventata una colpa. Quasi ci si vergogna di citare una lettura o di rivendicare di aver scritto qualcosa».

Non esageri.

«C’è questa nostalgia per l’Italietta che si rifugia nei confini nazionali… L’identità, la Patria, prima gli italiani. Ho un pensiero angosciante».

Quale?

«In settant’anni di democrazia non abbiamo prodotto dei cittadini migliori. Anzi, sembra regnare il mito dell’arrangiarsi, dell’evasione fiscale… È una cosa che mi spaventa e non riesco nemmeno più a riderci sopra. Non riesco a non incazzarmi: la democrazia parlamentare, per come l’abbiamo costruita e conosciuta, appare come una pistola scarica, un coltello senza lama. Un rottame. C’è un attacco in corso».

Da parte di chi?

«Da un lato c’è chi la vuole sostituire con una sorta di democrazia diretta…».

… i Cinque Stelle…

«Dall’altro c’è l’uomo forte…».

… Matteo Salvini…

«Lui incarna l’uomo della provvidenza».

Ha paura?

«Temo che l’informazione si appiattirà sui messaggi che vengono dalla politica. Temo che la nuova Rai farà sparire il racconto della realtà, per sostituirlo con una narrazione sempre più concentrata sulla paura. E mi chiedo quale sia il ruolo che possano avere l’arte, il cinema e il teatro in tutto questo».

Si è dato una risposta?

«Parto da quello che abbiamo sempre fatto: dare un nome e un cognome agli esseri umani e andare a vedere le vite che ci sono dietro ai ragionamenti socio-politici. Trasformare tutto in emozione. È l’unica forza che abbiamo sempre avuto. Lei ha visto lo spettacolo L’abisso di Davide Enia?».

No.

«Ha una potenza che nessun articolo e nessun tg possono raggiungere. Parla dei migranti. Descrive il viaggio sui gommoni: gli uomini sui bordi gonfiabili e le donne al centro. Potrebbe sembrare un assetto protettivo nei confronti delle donne e invece si scopre che al centro c’è la nafta che arriva a bruciare i genitali delle malcapitate. È quasi insostenibile per l’orrore che racconta. Quello dei migranti è il nuovo Olocausto e noi, invece, lo viviamo come un problema di ordine pubblico, di sicurezza, o come un peso per il welfare occidentale. Mi chiedo: ma c’è una risposta della sinistra sull’immigrazione?».

Il Pd minnitian-renziano ha puntato sull’aiutarli a casa loro.

«Cioè? Aiutarli a morire a casa loro?».

In alternativa c’è il modello Riace, con il sindaco Mimmo Lucano.

«Ma possibile che con tutte le intelligenze all’opera, con le tempeste di cervelli, con i professori d’area e con i think tank al lavoro, il terminale ultimo sia l’iniziativa di un sindaco di un piccolo paesino calabrese?».

Manca un occhio di sinistra che sappia guardare lontano e immaginare il futuro?

«Essere di sinistra è una roba faticosa. Una fatica disumana che nessuno vuole fare più. Ormai ci si dimentica di che cosa vuol dire essere di sinistra».

Che cosa vuol dire?

«Andare fuori dalle fabbriche alle cinque di mattina, ascoltare i lavoratori, essere cittadini modello che rispettano tutte le regole ed essere migliori. Essere di destra tutto sommato è più facile. Se penso alla fatica che ho fatto nel mio piccolo per cercare di avere successo senza vendere l’anima».

Ha mai ricevuto proposte di lavoro indecenti?

«Io ho attraversato l’indecenza».

Quando?

«Sono stato quattro anni nelle reti Fininvest».

Era presente nelle trasmissioni comiche Zanzibar, Emilio e Vicini di casa su Italia1, tra fine Anni 80 e inizio 90. A Candida Morvillo ha raccontato che in quella Milano da bere ha rischiato di perdersi.

«Anni belli e divertenti. Ma c’era un’euforia che mi angosciava. La televisione di quegli anni era una macchina fagocitante. Contavano solo i soldi».

Mentre pronuncia queste parole Orlando si rende conto che sto osservando la vista meravigliosa del suo appartamento ed esclama: «Oh, scrivilo che sono in affitto, eh. Che altrimenti mi vengono sotto casa con i forconi!». L’arredo è essenziale: un paio di cactus e una bici pieghevole all’ingresso. Un tavolo con sedie in corso di restauro. Due divanetti davanti a un mega schermo. Libri e cataloghi d’arte sugli scaffali. C’è un copione della seconda serie papale di Paolo Sorrentino, The New Pope, in bellavista. Racconta: «Sto facendo memoria».

Impara la parte.

«In maniera esasperante».

Interpreta il cardinal Angelo Voiello.

«Il personaggio si è allargato».

Merito suo?

«Voiello rappresenta l’elemento terreno, il lavoro sporco, la macchina dello Stato Vaticano. Rispetto alle parti spirituali, le mie scene fanno riposare il pubblico. È concreto e buffo».

Nella prossima serie ci sarà John Malkovich.

«È il Papa nuovo».

È vero che il Papa interpretato da Jude Law finisce in coma e che a un certo punto ci sono contemporaneamente due Papi?

«Non posso rivelare più di tanto».

Lei negli ultimi anni ha vissuto l’alternanza tra i teatri italiani e una grande produzione internazionale.

«La macchina di The Young Pope è ancora meno umana di quella del cinema. Si devono macinare un tot di minuti al giorno, senza sosta. Sorrentino è bravissimo a fare da… come si chiama lo strumento per tenere il tempo…»

Il metronomo?

«Esatto».

Scusi, ma lei non è flautista?

«Sì, sì. Ma ho anche sessantuno anni».

Suona ancora?

«Mia moglie quest’estate mi ha regalato un flauto praticamente professionale».

Suona a livello professionale?

«No, sono ancora a livello liceale, ahahah».

Il Cardinal Voiello è napoletano e tifosissimo.

«Come me».

Lei di che partito partenopeo è: per Maurizio Sarri o per Carlo Ancelotti?

«Ancelotti. È la democrazia applicata. Ancelotti ascolta tutti, anche l’ultimo raccattapalle, e poi arriva a una sua sintesi con autorevolezza. È il centralismo democratico nello spogliatoio».

La curva del Napoli ha dedicato uno striscione al cardinal Voiello. Un tripudio…

«Eheh, devo abbassare un po’ le penne».

Perché? Ha una carriera solida alle spalle.

«Eh, solido! Questa storia di The Young Pope mi ha fatto sentire molto fragile. Recitare in inglese mi ha destabilizzato. All’inizio è stato un incubo. Non sapevo dove mettere i piedi».

Lei che rapporto ha con la critica? Dopo anni sui set e sui palcoscenici è diventato impermeabile?

«No, sono piuttosto poroso. Se ci sono novantanove critiche positive e una stroncatura, io mi soffermo su quest’ultima e penso che sia redatta dall’unica persona sincera. Su Internet cerco e ricerco fino a quando non trovo un giudizio negativo. È un meccanismo tipico di questo mestiere che è basato sempre e comunque sul giudizio degli altri».

L’understatement di Orlando si blocca solo quando gli chiedo se sul set di Sorrentino si siano mai fermati a causa del suo inglese claudicante: «No. Sono arrivato preparatissimo. La mia voce è girata parecchio e Voiello è stato confermato. Quindi le chiacchiere stanno a zero».

Frequenta Twitter o Facebook?

«No, niente. Sono un rudere? In realtà penso che l’utopia internettiana sia fallita».

I social network dominano la vita pubblica e quella privata.

«Ma non in modo positivo. Sembra ridursi tutto a un aumento della cattiveria e del rancore. C’è grande sete di protagonismo accompagnata dalla paranoia di non sentirsi riconosciuti i propri meriti. È una roba da tinello piccolo borghese. Sulla scia del Viaggio al termine della notte…»

Che cosa c’entra l’opera di Louis-Ferdinand Céline con Internet e i social network?

«Céline attraversa i peggiori orrori del mondo: il colonialismo in Africa, la Grande Guerra… E alla fine del viaggio si ritrova in un tinello borghese che risulta essere il peggio del peggio. Oggi, la generazione che ha viaggiato di più e che si è formata con l’Erasmus, si ritrova a vivere un mondo claustrofobico, un tinello globale dove l’umanità ristagna».

Da dietro una porta compare Maria Laura Rondanini, attrice e moglie di Orlando. È al telefono e saluta di fretta. Finiamo a parlare di Momò, il protagonista di La vita davanti a sé, e della sua non-famiglia.

Orlando, lei che rapporto ha con il concetto di famiglia?

«Mah, io non ho una famiglia».

Ha una moglie.

«Siamo una coppia. Da studiare: stiamo insieme da diciotto anni pur non avendo figli. Non so quanti ce ne siano come noi».

Avete mai pensato di adottare un bambino?

«Entriamo in un territorio complicato e doloroso. Ci abbiamo pensato, ma non ce la siamo sentita. Ora, in due, siamo una piccola eresia contemporanea».

Un’eresia?

«Oggi si pensa che una coppia senza un progetto di vita legato ai figli sia destinata a rinsecchirsi. Per noi, invece, questa assenza è stato un collante».

Prima di entrare in casa, lei ha chiamato due volte sua moglie al telefono, ha citofonato tre volte…

«Ahahah. Eravamo bagnati e sgocciolanti. Volevo avvisarla del nostro arrivo. Maria Laura tiene la casa come un tempio».

Temeva una reazione furente?

«Rispetto tutto quel che fa per noi».

Orlando, lei che cosa fa in casa? Pulizie, lavoretti…

«Io? Nulla».

Ma…

«Quando ci provo sbaglio e vengo rimproverato. Meglio stare fermo».

Categorie : interviste
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