Riccardo Fraccaro (Doppio Binario – 7 – Giugno 2018)

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(Intervista pubblicata su 7 – Corriere della sera il 14 giugno 2018)

LA MACCHINA SI INCEPPA. Non scatta. E allora il fotografo chiede al ministro di risalire sul tram e di scendere di nuovo. Lui acconsente, con cortesia. Clic. è a disagio di fronte al teleobiettivo. Bisbiglia, sorridendo: «Sapete che cosa succederà? Qualche passeggero che ha filmato la scena, la manderà a un quotidiano che la metterà online titolando “Il ministro fa finta di utilizzare i mezzi pubblici”. Voi venite con me in tribunale per testimoniare che li prendo davvero, giusto?». Doppio Binario su rotaia romana con Riccardo Fraccaro, 37 anni, neo ministro pentastellato per i Rapporti con il Parlamento e per la Democrazia Diretta. Senza portafogli né scorta. Lui e Alfonso Bonafede, ministro della Giustizia, sono stati soprannominati i Dioscuri di Luigi Di Maio. Fraccaro, laurea in Legge, ex pizzaiolo e surfista (avete letto bene, surfista!), è un vero fedele alla linea. è nel Movimento Cinque Stelle da otto anni ed è al secondo mandato a Montecitorio. Durante il primo è finito sui giornali per la lotta contro l’immobiliarista Sergio Scarpellini (gran visir dei palazzi parlamentari) e per aver battibeccato ruvidamente in Aula con i deputati del Pd. Li definì «onorevoli deputati ai loro affari privati». Glielo ricordo. Esclama: «Qualche affarino lo facevano, eh». Faccio notare che ora lui è ministro di tutti gli italiani e che certe affermazioni sugli esponenti dell’attuale opposizione risultano stonate. Dice: «Ha ragione, devo cambiare atteggiamento. Voglio solo chiarire che quando dissi che erano “ladri” mi riferivo al fatto che pur essendoci stato un referendum che abrogava i finanziamenti ai partiti, i partiti continuavano a percepire denari pubblici e quindi rubavano soldi agli italiani». I referendum sono l’architrave della democrazia diretta fraccariana: il ministro vorrebbe vendicare quelli traditi (sull’acqua pubblica), potenziare quelli propositivi e togliere il quorum a quelli abrogativi. Fraccaro è inscalfibile nelle convinzioni grilline e, come molti suoi colleghi, di fronte allo scetticismo anti M5S aziona il pilota automatico. Lo provoco.

Che cosa replica a chi dice che il M5S è una setta?

«Che non è vero. Entrarci è la cosa più facile del mondo».

Ma non scalarne i vertici. La gestione del dissenso interno scricchiola.

«Abbiamo avuto difficoltà, come tutti. Ma ci adattiamo, cresciamo: non siamo gli stessi di cinque anni fa, per fortuna».

Il premier Giuseppe Conte è stato soprannominato Re Travicello, perché in balia di Luigi Di Maio e di Matteo Salvini, gli azionisti di maggioranza del governo.

«Conte ha autorevolezza, competenza e capacità di leadership. Il Paese ha trovato il suo avvocato difensore. Con lui vedremo soddisfatte le istanze dei cittadini». Lo dice con la convinzione di chi ritiene che in fondo il presidente del Consiglio oggi debba essere sostanzialmente uno strumento per eseguire il contratto giallo-verde. Ci avviciniamo a piedi alla fermata del tram di Largo Enrico Berlinguer. Dobbiamo prendere l’8, che porta a Trastevere. Fraccaro confessa: «A volte vado a casa anche in taxi, eh». Un passante urla: «Non mollate». Le vecchie categorie della politica (destra, sinistra, cattolici democratici, liberali) di fronte a un Cinque Stelle come Fraccaro si intrecciano e si confondono. Lui dice di aver sempre sognato di «prendere parte a una rivoluzione».

Un sogno ardito. Da ragazzo faceva politica?

«No. Sa quei sogni che si hanno da piccoli, leggendo libri, storie…».

Che libri leggeva da ragazzo?

«Ce ne sono due che mi hanno toccato più degli altri. Uno letto da bambino e l’altro più avanti».

Quello da bambino.

«La storia fantastica di William Goldman».

Un’epopea romantica. Quello da adulto?

«Il Tao della fisica di Fritjof Capra. Relatività e misticismo in un connubio perfetto».

Lei è cattolico, credente, praticante?

«Ho un forte senso spirituale».

E’ sposato?

«No. La mia compagna, Francesca, è incinta della nostra seconda figlia, che arriverà in agosto e si chiamerà Celeste. La prima, Beatrice, ha due anni. Se non finiamo tardi l’intervista riesco a darle la buonanotte».

Che cosa pensa delle famiglie arcobaleno?

«Ciò che tiene unita una famiglia è l’amore, non l’orientamento sessuale».

Il leghista Lorenzo Fontana, che siederà accanto a Fraccaro in Consiglio dei ministri, invece sostiene che le famiglie arcobaleno non esistano. Domando: la preoccupa il fatto che Matteo Salvini, uomo delle ruspe e ministro dell’Interno, sull’immigrazione abbia posizioni da destra sovranista? Replica: «Mi preoccuperebbe se non riuscissimo a risolvere il problema dell’immigrazione». Fraccaro è un veneto trapiantato a Trento e catapultato nella Capitale. Mentre chiacchieriamo mi dice che quando frequentava l’Università i suoi amici trentini lo consideravano leghista, mentre quando tornava a casa dai genitori, i veneti lo etichettavano come comunista: «Perché parlavo di redistribuzione della ricchezza».

Il suo primo voto alle Politiche?

«Nel 2001. Forza Italia. Delusissimo sono passato a sinistra…».

Nel 2006…

«Rosa nel Pugno. Poi ho trovato il mio spazio politico nel Movimento Cinque Stelle».

Racconti.

«Seguivo il blog di Beppe Grillo e lui nel 2010 lanciò la Woodstock a Cinque Stelle».

A Cesena.

«Ci andai con Francesca. La musica, gli interventi di personaggi internazionali e una varietà di persone meravigliosa: dalla famiglia borghese al punkabbestia, tutti uniti da nuove idee per una buona amministrazione. Tornato a Trento, dove studiavo Legge all’Università, decisi di aprire un meet up».

Come si apre un meet up?

«Ci si iscrive alla piattaforma online. Io ero titubante, poi come sempre nella mia vita, Francesca mi ha dato il coraggio di fare l’ultimo passo».

Tre anni dopo era seduto su uno scranno di Montecitorio. Che lavoro faceva prima entrare in Parlamento?

«Lavoravo in una società di servizi energetici. Mi occupavo della parte legale: bandi di gara, contratti… Prima mi sono pagato gli studi facendo il pizzaiolo».

Saprebbe ancora fare una pizza?

«Assolutamente sì, sono un grande pizzaiolo».

Quanti voti prese alle parlamentarie del M5S nel 2013?

«Una quarantina. Ma quelli erano i voti per stabilire chi era in lista e in quale posizione. Alle politiche ne presi migliaia. Nel video di presentazione per la mia candidatura mostrai un impianto per l’energia pulita costruito da mio padre con materiali di recupero».

Che mestiere fa, o faceva, suo padre?

«Era idraulico. Un po’ artista. Nella nostra casa di Riese Pio X, la cittadina veneta dove sono cresciuto, abbiamo molti pezzi d’arredamento in ferro costruiti da lui. La mia famiglia paterna originariamente era abbastanza benestante. Poi mia nonna perse tutto a causa del fallimento di una banca». Seduto nello scompartimento semivuoto del tram Fraccaro scherza sull’intreccio tra la linea politica del M5S e della Lega in difesa dei «truffati dalle banche» e la sua storia familiare. Chiede: «Posso dire una cosa anche su mia madre, che altrimenti ci rimane male? Lei faceva l’insegnante ed era abbastanza esigente con me».

Fraccaro, giovanissimo secchione?

«Sempre tra i primi tre della classe. Ho avuto un’infanzia bella, tipica dei paesini della Pianura Padana, dove tutti si conoscono e dove si fanno amicizie che durano una vita».

Frequenta ancora i vecchi amici di Riese Pio X?

«Certo. Abbiamo una chat. Mi sfottono parecchio. Con affetto».

Sfottò. Lei come assorbe le prese in giro?

«Dipende».

I giornalisti del Foglio l’hanno ribattezzata Fraccaro da Velletri… Giocando sul detto romanesco «E chi sei, Fraccaz… da Velletri?».

«Ahah. Questa mi fa ridere».

Lei era adolescente negli anni Novanta. Miti giovanili?

«Non ne avevo».

Che musica ascoltava?

«Gli Smashing Pumpkins, i Pearl Jam. Eddie Vedder è uno dei miei cantanti preferiti».

Temo che lei sia il primo ministro grunge della storia repubblicana. Sport?

«Ho una passione che potrei classificare come “malattia”… il surf».

Quando ha cominciato a surfare?

«Durante l’Erasmus. A San Sebastian in Spagna».

L’onda più alta che ha cavalcato?

«In Costa Rica l’anno scorso. Sono abbastanza spericolato, era alta circa tre metri».

Scendiamo dal tram e camminiamo nel cuore di Trastevere. Sul marciapiede ogni tanto incontriamo cumuli di cartoni abbandonati. Le strade sono abbastanza sporche. Visto che Fraccaro, insieme con Bonafede, in passato si è occupato di monitorare e di aiutare gli amministratori dei Comuni a Cinque Stelle, gli chiedo quanta pazienza debbano avere ancora i cittadini romani prima di vedere qualche risultato tangibile da parte della giunta Raggi. Lui prima dice che Roma è una città complessa e poi spiega: «Alle operazioni di facciata, subito visibili, i nostri sindaci hanno sempre preferito programmi che durino nel tempo». Torniamo sul governo e la maggioranza giallo-verde.

Qual è il primo provvedimento che vorreste portare a buon fine?

«L’eliminazione dei vitalizi».

Un risparmio di pochi spicci rispetto ai fantastilioni necessari per finanziare il reddito di cittadinanza e la Flat Tax. Quello sui vitalizi è un provvedimento simbolico.

«Contesto questa definizione. Eliminare i vitalizi vuol dire mettere una pietra miliare nel modo di fare politica comunicando ai cittadini che i loro rappresentanti non staranno più in Parlamento solo per curare i propri privilegi».

Le faccio un elenco di nomi: Gaetano Gifuni, Sergio Mattarella, Giuliano Ferrara, Maria Elena Boschi…

«Tutti ex ministri dei Rapporti con il Parlamento. Dopo il giuramento al Quirinale ho avuto un colloquio privato con il presidente Mattarella. Mi ha raccontato la sua bella esperienza nel mio ministero tra il 1987 e il 1989».

Il M5S pochi giorni prima di quel giuramento aveva chiesto l’impeachment di Mattarella.

«Il passo indietro rispetto all’impeachment e la riapertura del dialogo con la Lega sono stati un capolavoro politico di Di Maio».

Ventilare l’impeachment è stato un azzardo pericoloso e irrispettoso.

«Una forzatura, certo. Senza la quale non so se oggi avremmo avuto un governo».

Lei quando ha conosciuto Luigi Di Maio?

«Nel 2013 a Roma. Nell’ufficio di Presidenza della Camera».

E Beppe Grillo?

«Sempre nel 2013, qualche giorno prima, insieme con gli altri parlamentari».

Aveva un buon rapporto con Gianroberto Casaleggio?

«Non lo conoscevo bene quanto avrei voluto. Era un uomo di una cultura incredibile. Tendeva a metterti un po’ in soggezione».

Come?

«Mentre parlavi ti fissava negli occhi restando in silenzio, e ascoltava. Anche Davide fa un po’ così».

Fraccaro, lo sa che lei invece, mentre rispondeva alle mie domande, ha guardato quasi sempre per terra?

«Quando penso mi capita di guardare in basso. Ho dovuto rispondere da ministro, eh».

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