Selvaggia Lucarelli (Doppio Binario – 7 – Aprile 2018)

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(Intervista pubblicata su 7 – Corriere della Sera il 19 aprile 2018)

I TACCHI DEGLI STIVALETTI NERI incastrati sui pedali. La guida un po’ incerta. Durante l’intervista non toglie mai gli occhiali da sole. Appena vede uno scorcio romantico, si ferma, tira fuori lo smartphone e scatta una foto-cartolina. Esclama: «Faccio come i bimbiminkia!». Doppio Binario ciclabile per le strade capitoline con Selvaggia Lucarelli, blogger e scrittrice, penna acida di testate assortite, nonché giudice fustigatrice di Ballando con le stelle. Ha tonnellate di follower: un milioneduecentoquarantamila su Facebook, ottocentocinquantamila su Twitter e trecentosettantamila su Instagram. Forme morbide, pensieri spigolosi. Ha litigato con buona parte dello star system italiano: con molti è finita in tribunale a causa di un giudizio poco lusinghiero, elargito o ricevuto. Chiarisce: «Ho la fedina penale pulita. Ho preso solo due multe in quindici anni». È odiata dagli odiatori che imperversano sui social perché ha fatto sigillare molti gruppi chiusi che producevano insulti immondi, xenofobi e razzisti. Dice, con malcelata soddisfazione: «Sono divisiva». Ci diamo del tu. Le faccio notare la doppia natura della sua vita mediatica: «Ti spendi in battaglie legittime, impegnate, contro la violenza verbale dei bulli online, e poi ti immergi in polemiche ultra-trash». Replica: «Siamo tutti doppi, no? Marco Travaglio scrive articoli serissimi e poi lo trovi felice a fare il karaoke».

Mentre ci incamminiamo verso la pista che costeggia il Tevere, le chiedo come mai la sua ultima esperienza editoriale alla guida del sito www.rollingstone.it sia durata solo qualche mese. Replica: «Diciamo che quello della musica è un settore suscettibile». Qualcuno si è offeso per un tuo articolo? «Se tocchi un cantante, o anche solo una canzoncina, scatta il fuoco di fila della casa discografica, del management, degli uffici stampa…». Ognuno fa il suo mestiere. «Già. Molti giornalisti musicali lo sanno ed evitano di fustigare gli artisti: al massimo li sfiorano con critiche velate. E tutto questo solo per mantenere piccoli privilegi: dischi in esclusiva, interviste, biglietti per i concerti…». Sei stata censurata? «Hanno cominciato a chiedermi di essere più cauta». Mi fai un esempio? «Volevo realizzare un servizio per approfondire come mai quando vengono messi in vendita i biglietti per un grande concerto su TicketOne, spariscono dopo pochi secondi. E poi ricompaiono altrove a prezzi quadruplicati». Hai pubblicato il servizio? «No, perché pare che TicketOne distribuisca nelle redazioni biglietti che poi vengono regalati agli sponsor e quindi è meglio non infierire. Ho pensato che se dovevo vendere la mia professionalità per dieci biglietti di un concerto o per la suscettibilità di un cantante di serie C, era meglio andare via. Io non frequento quasi nessuno del mondo dello spettacolo e vado poco alle feste… proprio per mantenere la giusta distanza ed essere libera di scrivere quello che voglio. Se vai spesso a cena con una cantante poi diventa complicato scrivere che il suo ultimo album fa schifo. È un discorso che dovrebbe valere anche per i giornalisti politici…». Tu non sei iscritta all’Ordine dei giornalisti e questo ti permette di essere testimonial di un marchio d’abbigliamento. Se trovassi una notizia grave su quel marchio che cosa faresti? «Per ora non è capitato. Però, pur essendo pagata dalla Rai per Ballando, non ho risparmiato critiche alla tv di Stato: sul Fatto ho scritto una stroncatura allo stipendio di Fabio Fazio». Arriviamo a Ponte Milvio. I sampietrini fanno traballare le biciclette. Siamo circondati da maratoneti che hanno appena finito la loro corsa. Srotolo un lungo elenco di nomi legati a polemiche che hanno coinvolto Lucarelli. Un po’ bulla, un po’ bullizzata.

Alba Parietti? «L’ho querelata. E preferisco non parlarne». Barbara D’Urso? «Mi hanno condannata per diffamazione aggravata per un tweet. Ho pagato una multa. Ma dubito che il pm conoscesse le dinamiche dei social network».

Hai insinuato che Alessia Mancini, aspirante Miss Italia, fosse un trans.

«Avevo ricevuto un’informazione sbagliata. Un errore che non rifarei».

Sei spietata con Fabrizio Corona, da poco uscito dal carcere.

«Quello di Corona è un caso da non banalizzare. Dicono tutti: è finito in carcere per due fotografie. E invece no: è finito in carcere per estorsione».

Hai litigato anche con la showgirl Antonella Mosetti.

«L’ho querelata perché ha detto che facevo festini con i politici. Ha detto pure che sono una “cessona”, ma su questo al massimo ho rosicato».

Hai bisticciato con Asia Argento durante la trasmissione Ballando con le stelle. Poi quando è scoppiato il caso Weinstein non sei stata molto solidale con lei. Hai detto che nei venti anni trascorsi tra le violenze subite e il momento della denuncia, Asia Argento non è stata coerente.

«Perché firmò un appello in difesa di Roman Polanski accusato di aver abusato di una ragazzina. Su Asia ho scritto molte cose. Potrebbe sembrare che il senso fosse solo che doveva stare zitta, ma non è così. Alla fine credo che abbia fatto bene a denunciare un molestatore seriale, ma il tema è complicato».

Complicazioni. Hai criticato la gestione del caso Brizzi.

«Non mi è piaciuto come le Iene hanno realizzato l’inchiesta. All’inizio non si capiva chi fosse il regista accusato di molestie. E comunque alla fine non c’è un processo, nessuno ha denunciato Fausto Brizzi».

Il tema è uscito dall’agenda.

«Ho sempre pensato che sarebbe finita così. Eppure circolano insistentemente alcuni nomi di produttori e di attori che mettono le mani addosso alle giovani attrici».

Se li conosci perché non fai questi nomi?

«Chi ha provato a essere molesto con me è stato rimesso al suo posto, mortificato per direttissima. E negli anni ho scelto di non incontrare alcune persone per la fama che le precedeva. Chi ha subìto molestie vere, dovrebbe denunciare. Le attrici italiane compatte dovrebbero far cadere i Weinstein nostrani».

Perché non lo fanno?

«Perché non conviene. Quando Asia ha fatto la sua denuncia, loro hanno scritto tutte insieme una letterina che sembrava indirizzata a Babbo Natale, in cui non si faceva neanche un nome. In questo modo si sono rese complici del sistema». Selvaggia scende dalla bici per fare una foto a un ponte assolato in lontananza. Le domando se ogni tanto non esageri nello stroncare, gratuitamente, anche iniziative meritorie. Le faccio un esempio: quando a Milano il Teatro Parenti ha aperto i Bagni Misteriosi, una bella piscina in centro città, Lucarelli ha scritto un pezzo per deridere l’iniziativa troppo radical chic. Lei annuisce, ma come lo scorpione sulla rana, spiega: «Quella è la mia cifra stilistica».

Ti sei mai pentita di qualche articolo o di qualche post eccessivamente sprezzante o violento?

«Oggi forse non scriverei alcuni giudizi sui figli di alcune starlette».

Perché?

«Perché il clima è cambiato. Prima si poteva fare una battuta e riderci. Ora il livello di imbarbarimento e la violenza sui social sono altissimi».

Ci infiliamo in una discussione fiume su quanto i blogger come lei, pionieri della provocazione e della stilettata online, abbiano potuto contribuire a coltivare i toni aggressivi, da bulli, dei social. Lucarelli, che su Facebook e su Twitter è spesso insultata in modo feroce, sostiene che in realtà ci sia soprattutto un problema di numeri: «Prima lo scemo del villaggio, quello che entrava nel bar insultando tutti, era uno. Ora tutti gli scemi del villaggio trovano spazi virtuali in cui stare insieme, fomentarsi a vicenda e aggregarsi. Ammetto che fa paura vedere manifestato sul web tutto questo odio».

Hai un rimedio per estirparlo?

«Denunciare, bannare, querelare. Escludere. Isolare. L’ideale sarebbe arrivare al finale di Alien vs. Predator: i mostri chiusi in un luogo stagno alla fine si ammazzano tra di loro».

Hai un figlio tredicenne di cui pubblichi spesso fotografie. Come lo educhi all’uso dei social?

«Lui al momento non è interessato. Gli ho suggerito di mettere i suoi disegni su Instagram, ma non vuole. Segue le dinamiche che mi riguardano. A me non interessa che frequenti i social, mi piace, però, che sia istruito su che cosa sono, sui rischi…».

Tu quando hai cominciato a scrivere?

«Da ragazzina, sul mio diario con il lucchetto».

La tua infanzia a Civitavecchia.

«Bucolica. Vivevo in un grande comprensorio, Borgata Aurelia, di cui mio padre era amministratore. C’erano pochi ragazzini con cui socializzare. Giocavo in giardino e leggevo: tra i dieci e i sedici anni ho divorato tutto quello c’era nella grande libreria che avevamo in casa: da Piccole donne a Gustave Flaubert, passando per i russi. Al liceo sono stata direttore del giornale della scuola, Lo spiraglio».

Era una testata engagée?

«Aveva la mia impronta pop-ironica. Scrissi anche un po’ di pezzi sui luoghi più appartati dove andare a limonare a Civitavecchia, con tanto di mappe per orientarsi».

Aspiravi a fare la giornalista?

«No, l’attrice».

È vero che agli esordi hai recitato spesso al fianco di Max Giusti?

«Era il mio fidanzato. Con lui ho scritto anche uno spettacolo che ebbe molto successo: Il Grande Sfracello».

Era una parodia del Grande Fratello. Pochi anni dopo sei finita tra gli opinionisti dell’Isola dei famosi e tra i concorrenti della Fattoria. La legge del contrappasso. Perché hai smesso di recitare?

«Perché sin da quando sono uscita dalla scuola di recitazione La Scaletta per affrontare le prime tournée, ho capito che come attrice ero un sei e mezzo. E dopo la seconda replica mi annoiavo. Preferivo scrivere».

Come sei arrivata in tv?

«È successo tutto molto in fretta. A inizio Anni Duemila avevo cominciato a seguire il blog di Jovanotti, si chiamava Mumblemumble. Capii le potenzialità del mezzo e nel 2002 un amico webmaster mi regalò per il compleanno il blog www.selvaggialucarelli.it. Ebbi subito un discreto successo e mi chiamarono per commentare L’Isola. Io non ero mai stata in uno studio televisivo. Non avevo il coraggio di aprire bocca. Gli autori mi spronavano: volevano che assomigliassi alle parole che usavo sul mio blog».

Nel 2006 da opinionista sei passata a essere anche concorrente.

«Alla Fattoria, su Canale 5».

Una roba un po’ trash.

«Feci scrivere sul contratto che non sarei andata a fare i trenini nella trasmissione Buona Domenica, come era richiesto a tutti i concorrenti. Maurizio Costanzo si arrabbiò. Sono stata fortunata a partecipare a un reality in tempi in cui non c’erano i social network».

Perché?

«Perché oggi online non c’è memoria di quell’esperienza. Non ci sono i video in cui mi rotolo nel fango. Ed è un bene, perché li utilizzerebbero contro di me per screditarmi ogni volta che scrivo qualcosa di serio».

Gira voce che presto potresti ottenere una coconduzione su La7.

«Mi ha chiamato Gene Gnocchi che sta preparando un numero zero…».

…una puntata di prova…

«Dovrebbe essere una specie di Tg satirico prima del Tg di Mentana. Io dovrei fare la badante di Gene».

Categorie : interviste
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