Gerry Scotti (Doppio Binario – 7 – Dicembre 2017)

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(Intervista pubblicata su 7 – Corriere della Sera il 14 dicembre 2017)

Mediaset è la sua tana da più di trent’anni. E allora appena cominciamo a chiacchierare gli chiedo se accetterebbe di passare in Rai, magari anche solo in prestito, per condurre Sanremo. Sbuffa: “Sì, ma non c’è mai stata una proposta seria e quindi non si possono dare risposte serie”. Rilancio: “E a Sky?”. Replica, sornione: “Non sono abbastanza fico per Sky. A Sky sono tutti fichi”. Doppio Binario sul tram meneghino con Gerry Scotti, orso morbido e accogliente della tivvù italiana e gran cerimoniere del nazionalpopolarismo catodico. Mentre sale sul vagone giallo della linea 1 spiega il perché della sua andatura claudicante: “Ho un ginocchio malandato e peso centodieci chili. Ho dovuto smettere di giocare a calcetto”. Ci diamo del tu. Gerry è malato di calcio e milanista sfegatato. Tra una fermata e l’altra cerchiamo di sintonizzarci con gli smartphone su un match in corso. I rossoneri lo fanno soffrire: “Il mio sogno è rivedere sulla panchina del Milan Carletto Ancelotti. Ma in questo momento, per spronare i giocatori, forse servirebbe riesumare la durezza del leggendario Nereo Rocco”.

Scotti in tv ha collezionato centinaia di prime serate e migliaia di quiz quotidiani. E’ entrato nel Guinness dei primati come il conduttore che ha collezionato più puntate del format planetario Chi vuol essere milionario?.

Gerry, tu sei la tv generalista italiana. 

“Per usucapione. Sto lì dentro da trentaquattro anni e quando la accendi è facile trovare tracce di me”.

Avevi detto: “Compiuti i sessanta smetto”.

“E’ una fake news che mi perseguita. Ho solo dichiarato che mi piacerebbe avere un contratto che mi conceda più tempo libero”.

Non ne hai?

“Al momento registro circa tre puntate al giorno del quiz preserale The Wall, sono due giorni a settimana a Roma per il talent Tu si que vales, il 16 dicembre sarò in Vaticano per il concerto di Natale…Tutto per Canale5. E poi ci sono le telepromozioni”.

Le telepromozioni potresti risparmiartele.

“Non sono più obbligato, ma gli inserzionisti vogliono me. Soprattutto quelli dell’industria alimentare. Sono in cima alle classifiche dei testimonial. Aldo Grasso ha scritto che in pratica abito nelle credenze delle cucine di tutti gli italiani. Mi si collega ai buoni sapori”.

Hai orde di fan?

“Con le vecchiette vado alla grande. Durante le pause delle registrazioni mi saltano addosso”.

Hai mai ricevuto proposte indecenti da parte delle ammiratrici?

“No. Anche quando facevo le serate in discoteca con Jovanotti e Sandy Marton, erano loro a catalizzare scene di fanatismo, io ero quello da chiacchiera al bancone. Quando Claudio Cecchetto mi presentò a Silvio Berlusconi come il volto nuovo per lanciare Deejay Television, il Cavaliere commentò: “Proprio lui che sembra il mio ragioniere?””.

Simpatico.

“E’ come Enrico Mentana: se non fa una battuta non è contento. Qualche anno fa, durante i funerali di Raimondo Vianello, Berlusconi mi ha preso da parte e mi ha ricordato quella frase, ammettendo di essersi sbagliato. Mi ha detto: “Quando accendo la tv e ti vedo, mi sento a casa””.

Hai un buon rapporto con i Berlusconi?

“Sento Piersilvio quando devo rinnovare il contratto. Mi ha chiamato qualche settimana fa perché aveva sentito dire che pioveva dentro i container che ospitano la redazione di The Wall. Voleva sapere se erano stati messi in ordine”.

Sei a Mediaset da 34 anni. Ti immaginavo intimo di Silvio.

“E invece… Niente pacche sulle spalle. Non sto qui a millantare un rapporto che non ho. So che sono amato e rispettato anche perché al di là del lavoro non ho mai chiesto nulla”.

Il tram apre le porte, salgono due ragazzi. Ed è subito selfie. Clic. Una tata piazza in braccio a Gerry un bimbetto. Clic. E’ il turno di una signora anziana. Clic. Il presentatore sorride, aggrappato al passamano. Cominciamo a parlare di chi fa che cosa nel suo gruppo di lavoro. Scotti racconta di avere autori storici: “Riccardo Di Stefano, Alvise Borghi,  Davide Cottini. Loro cercano i concorrenti e si occupano delle domande. Il resto lo improvviso”. Approdiamo al caso Insinna: il conduttore Rai sorpreso mentre rimproverava i suoi collaboratori e insultava una concorrente definendola “nana di m…””. Scotti: “Difendo la categoria. Si è sparato abbastanza sulla Croce Rossa Insinna. Lui ha sbagliato, però può capitare a tutti di dare in escandescenze durante una riunione. Non sembra, ma è un lavoro stressante. Chi ha registrato quelle conversazioni è stato molto scorretto”. Domando: “Hai mai provato antipatia per qualche concorrente di un tuo quiz?”. Replica: “I miei sono sempre persone normali. E’ difficile che mi capiti uno di quei tipi umani che detesto”. Quali sarebbero questi tipi umani? “Gli sciabolatori. Quelli che stappano rumorosamente le bottiglie di champagne con la sciabole. Gli arricchiti sbruffoni. A proposito… Lo sai che io produco vino? Dopo una lunga e pensosa riflessione per scegliere il nome, ne ho selezionato uno molto criptico ed esotico”. Cioè? “Gerry Scotti… ahahahah”. Quando gli chiedo come abbia investito i guadagni di una vita in tivvù, oltre che nel vino, risponde: “Avendo vissuto la fatica fatta dai miei genitori per comprare un appartamento… Ho investito in case. Per me, per loro… E poi in viaggi”. Il più indimenticabile? “Con mio figlio Edoardo, una quindicina di anni fa: quaranta giorni di giro del mondo toccando Hong Kong, Samoa, la California”. Edoardo si affaccia alla porta, come se ci avesse sentiti parlare di lui. Gerry: “Ora ha venticinque anni, ha studiato a Hollywood, è bilingue, e attualmente si occupa dei rapporti con i producer americani del format The Wall”.

Vedi qualche tuo erede televisivo all’orizzonte?

“Alessandro Cattelan è bravo. Mi piacevano anche Daniele Bossari e Alvin, educati e composti. Se mi chiedi se in giro ci sono altri Scotti, o Bonolis, o Conti o Fiorello, però, ti dico che non ne vedo. Forse perché noi avevamo una fame che ora non c’è più. Forse perché ora si pensa di essere arrivati appena si raggiunge un milione di follower su qualche social network”.

Hai condotto decine di format televisivi. Ce ne è uno che vorresti riesumare?

“A furor di popolo Chi vuol essere milionario?”.

Che cosa ti impedisce di rimandarlo in onda?

“Non si capisce più chi ne detiene i diritti in Italia. Lo ri-accendiamo?”.

La frase “la accendiamo”, riferita alla risposta definitiva scelta dal concorrente del quiz, faceva parte del format o te la sei inventata tu?

“Invenzione mia. Ora per The Wall dico: “Il muro dà e il muro prende””.

Meno efficace.

“Forse. Però il muro per la mia generazione è evocativo. Contro il muro giocavamo a tennis, lanciavamo figurine, c’era The Wall dei Pink Floyd e il Muro di Berlino…”.

I muri tra gli Stati sono tornati di moda.

“Pare che The Wall sia il format preferito da Donald Trump, ahah. Scherzi a parte, la cosa più insopportabile di questo periodo storico è l’assuefazione alle disgrazie degli altri. Accogliamo la notizia del naufragio e della morte di sessanta persone come niente fosse. E’ un cinismo che mi disarma”.

La politica…

“E’ un argomento con cui mi sono scottato”.

A trent’anni sei entrato nelle liste elettorali del Psi milanese. Primo dei non eletti, poi ripescato: alla Camera dal 1987 al 1992.

“I giovani socialisti della Bocconi ogni tanto mi chiedevano di dargli una mano per alcune serate a tema: fame nel mondo, Aids… Era un periodo in cui si pensava che i personaggi popolari potessero allargare le platee politiche. Durante una cena mi chiesero di candidarmi alle Politiche. Lo feci senza mai prendere la tessera del partito”.

Gerry Scotti a Montecitorio.

“Ho trascorso il tempo presentando proposte e progetti. Sono stato respinto. Mi avvicinavo ai capannelli dei parlamentari e loro smettevano di parlare. Un muro di gomma”.

Se ti dovessi auto-definire politicamente…

“Il movimento in cui mi riconosco di più per le battaglie che gli ho visto combattere dagli anni Settanta a oggi è quello dei Radicali”.

Hai diritto al vitalizio.

“Ho chiesto talmente tante volte di rinunciarci che i miei amici quando mi sentono dicono: “Smettila di rompere i coglioni. Quando ti arriverà, lo darai in beneficienza””.

Sei contrario ai vitalizi?

“E’ un dibattito sporcato dal populismo. Sono contrario al mio vitalizio, perché io sono un conduttore televisivo. Ma chi fa seriamente politica nelle istituzioni parlamentari è giusto che abbia una pensione adeguata”.

Mentre scende dal tram, ricorda quando con lo stesso mezzo di locomozione raggiungeva il Liceo Carducci: “Prendevo il 2. Era un piccolo viaggio avventuroso. In classe gli unici due figli di operai eravamo io ed Massimo Villa”. Villa ora collabora con Gerry.

Tuo padre lavorava alle rotative del Corriere della Sera.

“Lo andai a trovare una volta sola nei sotterranei di via Solferino. Lo sorpresi a mezzanotte durante una pausa: stava mangiando un panino e me ne offrì la metà”.

Dopo il liceo ti sei iscritto a Giurisprudenza.

“Mi mancano ancora due esami”.

Non hai neanche una piccola laurea honoris causa?

“Niente di niente. Nemmeno l’Università di Pavia me l’ha concessa. Mi hanno detto che al massimo possono riconoscere quattro dei ventidue esami fatti. Mentre studiavo i codici cominciai a lavorare in radio”.

Come deejay?

“No, mi chiamò un amico perché serviva qualcuno che mettesse in ordine i dischi alla fine di ogni trasmissione di Radio Hinterland Milano2, con sede al nono piano di un hotel di Cinisello Balsamo. Prendevo cinquecento lire all’ora”.

Quando hai cominciato a condurre tu le trasmissioni?

“Una mattina mentre ero lì al lavoro, chiamò il proprietario della radio. Risposi io. Il deejay di turno stava male e lui pretendeva che la baracca andasse avanti. Mi chiese: “Sai accendere un mixer?”. Dissi di no. Allora mi guidò passo passo per telefono, come nei film quando la torre di controllo dà le indicazioni a un passeggero perché il pilota si è sentito male: “Schiaccia il pulsante rosso, tocca la leva sotto al tavolo, prendi il disco…”.

Quale è stato il primo disco che hai fatto suonare? 

Wake up everybody di Harold Melvin & The Blue Notes”.

Ti piacerebbe tornare in radio?

“Se non fosse che spesso mi addormento appena rientrato a casa, mi piacerebbe una trasmissione notturna. La chiamerei La buonanotte del fagiano”.

E’ vero che hai lavorato anche come pubblicitario?

“Ero un young copywriter”.

E’ rimasta traccia del tuo lavoro nel mondo degli spot?

“Sì. La Coca Cola a un certo punto ci chiese di tradurre la canzone per la campagna natalizia. E il compitino toccò a me. Ricordi? Vorrei cantare insieme a voi/in magica armonia… Dato che siamo in clima: Buon Natale”.

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