Giorgio Panariello (Doppio Binario – 7 – Dicembre 2017)
0 commenti(Intervista pubblicata su 7 – Corriere della Sera il 7 dicembre 2017)
UN RISCIÒ CON TRE turisti fiorentini decide di scortarci fino a quando Giorgio Panariello non si concede per il selfie di rito. Doppio Binario su macchinine a pedali tra i viali di Villa Borghese, a Roma. Fan inarrestabili. L’attore comico e presentatore è decisamente disponibile. Ci diamo del tu. Gli chiedo quali siano le sue regole d’ingaggio con gli ammiratori. Replica: «Diciamo che quando sei in spiaggia sdraiato e ti svegliano per fare la foto hai il diritto di rifiutare». Panariello ha strapazzato record di ascolti tivvù ai tempi di Torno sabato («Abbiamo toccato il 60% di share»), ha recitato in una quindicina di pellicole e da una dozzina di anni è testimonial tormentone di una nota azienda della telefonia: «Siamo elfi, facciamoci un selfie». Un signore che ha appena preso alla lettera la battuta della pubblicità mi sussurra: «Lo si ama perché fa ridere tutti». C’è chi lo segue per la conduzione toscaneggiante, c’è chi lo ama per i suoi personaggi en grotesque e chi lo preferisce imitatore nelle vesti sgargianti di Renato Zero. C’è anche chi lo stronca. Molti anni fa spuntò una copertina dell’ Espresso che lo ritraeva sotto la scritta «Tv deficiente» e i critici sono stati spesso ruvidissimi con lui. Quando glielo ricordo Panariello risponde con molta serenità: «Non sono uno di quelli che fa finta di niente. Alcuni articoli mi hanno causato sofferenze indicibili. Per molti anni con Torno sabato su RaiUno ho battuto il Bagaglino, un pilastro delle reti Mediaset. E i giornalisti mi crocifiggevano perché ero troppo largo, nazional-popolare. In seguito ho cercato di realizzare una trasmissione più stretta, Ma il cielo è sempre più blu, girata nel teatro Verdi di Montecatini: duettavo con Bruce Willis mentre sulla rete avversaria Maria De Filippi faceva immergere un’estetista innamorata di Francesco Totti in una vasca di anguille. Secondo te a chi sono arrivate le critiche?». Pedaliamo sull’asfalto sgarrupato del parco. Avendo recitato con Fausto Brizzi nel film Notte prima degli esami. Oggi, gli domando che idea si sia fatto dei servizi delle Iene sulle molestie del regista contro alcune giovani attrici. Panariello prima dichiara, serio, che il problema delle molestie è molto radicato nel nostro Paese e non si limita al mondo dello spettacolo, poi sdrammatizza: «Giuro che con me Fausto si è comportato bene». Finiamo a parlare di come il web amplifichi ogni tipo di tam-tam, vero o falso, bello o brutto. Spiega: «Prima di Natale, andrò in onda per due giorni di fila con la trasmissione Panariello sotto l’albero. Di solito porto in scena il vissuto dei miei personaggi. Quest’anno, invece, farò come se fossi un novello Dante che ha perso la diritta via e si ritrova nella selva oscura di internet. Ci sarà anche un’immersione tra social network e fake news ».
Matteo Renzi ha appena lanciato un allarme elettorale sulle fake news.
«Io lo prendo alla leggera, eh. Ma insomma, nella valanga di informazioni da cui siamo bombardati tutti i giorni, non si capisce più chi è attendibile e chi no».
Come ti informi?
«Appena mi sveglio accendo SkyTg24, poi seguo alcune trasmissioni di approfondimento».
Leggi i quotidiani?
«Solo quando sono in treno».
Molti ormai si informano con i social network. Tu li frequenti?
«Sì, ma ci sto poco».
Hai degli odiatori? I famigerati haters…
«Certo. Sono arrivati a insultarmi e scrivermi cattiverie indicibili persino quando è morto mio fratello. Allora sai che cosa ho fatto?».
Che cosa?
«Li ho ritwittati. Insulti, maledizioni, improperi…».
E perché?
«Per far capire a tutti che cosa sono i social network: strumenti meravigliosi, ma frequentati anche da persone incivili».
Sfrecciamo zigzagando tra le buche, all’ombra della statua che raffigura Enrico Toti, patriota stampellato della Prima Guerra Mondiale. Panariello mi dice distrattamente che a breve potrebbe cominciare a lavorare a una fiction, ma non aggiunge particolari. Si avvicina un labrador. Lo sguardo dell’attore/ conduttore si fa languido. Lui è presidente onorario della Lega Nazionale per la difesa del cane. Dice: «Ho un pezzo dell’ultimo spettacolo sui politici che diventano tutti animalisti. Tira più un pelo di cane…».
Silvio Berlusconi è scatenato col suo Dudù…
«… e con gli agnellini. Capito?».
Tu quanti cani hai?
«Due. Zac e Luna. Un pastore tedesco e una meticcia che mi è venuta a cercare».
Sei del partito “prima i cani poi gli esseri umani”.
«No, no. Sarei quasi per imporre un patentino a chi vuole un cane. Bisogna sapersi comportare: non si può pretendere di entrare in un ristorante con un cane zuppo di pioggia. Eppure c’è chi lo fa. Sui cani ho scritto anche un film fantasy che vorrei realizzare».
Racconta.
«I cani hanno tre caratteristiche fondamentali: riconoscono subito se sei una persona più o meno ostile, sono fedeli e ti fanno le feste soprattutto quando sono grati. Ho pensato a un personaggio un po’ misantropo e non amante degli animali a cui viene trapiantato il cuore di un cane».
In Cuore di cane Michail Bulgakov aveva immaginato di trapiantare i testicoli e l’ipofisi di un uomo in un cane.
«Nella mia storia, invece, l’uomo che subisce il trapianto diventa un po’ più puro. Ha slanci spontanei…E però non posso svelare altro».
Mentre parcheggiamo le automobiline a pedali accanto al Bar dell’Orologio, cominciamo a parlare dell’infanzia panarelliana: lui che non ha mai conosciuto il suo papà, la mamma che lo ha lasciato alla nonna quando aveva circa tre anni, la voglia di farsi notare e accettare, esibendosi. «A sette anni, chiuso in bagno, con in mano una spazzola coperta di velluto celeste, impugnata come un microfono, simulavo incredibili show». Poi gli esordi nelle radio locali toscane: «Finita la scuola cominciai a lavorare con mio zio come elettricista. Dalla mattina presto al tardo pomeriggio stavo in un cantiere navale. La sera, invece, mi esibivo nei locali. Quando ho dovuto scegliere tra lo stipendio garantito e l’avventura nel mondo dello spettacolo ho scelto lo spettacolo. Dando una grande preoccupazione a mia nonna».
Nasci come imitatore. In Rai, a inizio anni Novanta, vinci Stasera mi butto, anche grazie alla tua parodia di Renato Zero.
«Ma non mi sono mai sentito imitatore. Ho avuto anche la fortuna di incontrare Carlo Conti che ha voluto scommettere sui miei personaggi: Mario il bagnino, Merigo il ciclista ‘mbriaco… ».
Qualcuno ha mai protestato per le imitazioni?
«Zero inizialmente era diffidente. Non sapeva che lo imitavo perché lo considero una star assoluta. Poi ha capito che il mio era un omaggio e ora siamo amici: sono stato suo ospite e lui mio, abbiamo duettato a squarcia gola».
È vero che Flavio Briatore, invece, non ha preso bene il tuo personaggio Naomo, il ricco pacchiano che gli assomiglia parecchio?
«Si è incazzato. Ora ci siamo chiariti. Ma all’inizio voleva che smettessi di fare quell’imitazione. Diceva che lui ha dei dipendenti e non si poteva far prendere in giro in quel modo. È arrivata anche qualche pressione politica».
Addirittura?
«Dopo averlo incontrato a una serata in un locale è tornato tutto a posto».
Davanti a un caffè con pasticcini, Panariello ricorda il suo primo ciak da regista.
«Con il film Bagnomaria. Non avevo idea di che cosa fare, ma era un periodo in cui, grazie al successo di Leonardo Pieraccioni, bastava essere toscano per ottenere la direzione di un set, ahahah».
Anche con Renzi segretario del Pd i toscani vanno alla grande.
«A Renzi non ho mai chiesto nulla e lui non mi ha mai aiutato. Non mi ha invitato neanche alla Leopolda».
Tu hai mai fatto politica?
«Da ragazzo ho frequentato Lotta Continua. Davamo solidarietà a chi per necessità doveva occupare una casa, ma non avevo grande coscienza politica. Una volta mi misero una molotov nella tasca dell’eskimo e la scambiai per una bottiglia di grappa. Quando ne ho parlato per la prima volta, i giornali più a destra hanno colto l’occasione per attaccarmi. E ti pareva!».
La leggenda narra di un tuo incontro con Massimo D’Alema.
«Uno del suo staff chiamò il mio agente. Venni convocato nella sede dei Ds. Immagino a causa delle mie simpatie a sinistra. D’Alema mi accolse chiedendomi: “Ma come fai a essere così popolare?”. In pratica i suoi collaboratori gli avevano consigliato di farsi dire da me come risultare più simpatico alle masse. Mi mostrò una stanza che lui chiamava “degli orrori” piena di statuine che raffiguravano D’Alema: di legno, di ferro, colorate, di marzapane…».
D’Alema poi ha seguito i tuoi consigli?
«Non molto. Se avesse fuso il D’Alema politico con Panariello, sarebbe nato molto prima un Matteo Renzi».