Clemente Mastella (Doppio Binario – 7 – (Settembre 2017)

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(Intervista pubblicata su 7 – Corriere della Sera il 21 settembre 2017)

MENTRE ASPETTIAMO DI SALIRE SUL TRENO, confessa: «Ora lo posso dire: ho avuto anche un infarto per colpa delle continue accuse. E uno dei miei figli ha avuto un periodo di forte depressione». Doppio Binario sul regionale Napoli – Benevento con Clemente Mastella, 70 anni, gran parte dei quali trascorsi tra aule parlamentari e segreterie di partito. Qualche giorno fa è stato assolto dall’ultimo processo che pendeva sulla sua testa: quello sulle pressioni nei confronti dell’allora presidente della regione Campania, Antonio Bassolino, per assumere un dirigente della Asl. Un passo indietro: mentre era Guardasigilli del governo Prodi, nel 2008, sono rotolate addosso a Mastella una serie infamante di accuse. Falso, concussione, concorso esterno in associazione a delinquere. I pm raggiunsero anche la sua famiglia: «Per loro ero il Provenzano della politica. Il nipotino di Belzebù. Sandra, mia moglie, ai domiciliari. Mio figlio Pellegrino coinvolto da un pentito in una storia, falsa, di auto ricevute in dono dalla camorra. andreotti un giorno mi disse: “a me almeno hanno risparmiato la famiglia”. Ora tra prescrizioni e assoluzioni ne siamo tutti fuori, completamente». Per rendere l’idea dell’effetto che ebbero le inchieste sul suo percorso politico, qualche anno fa Mastella raccontò al Corriere una storiella già citata da Antonio Gramsci: «Un tempo, il castoro era molto ricercato dai cacciatori, perché dai suoi testicoli si traeva una sostanza considerata miracolosa. Quando il povero animale si vedeva circondato, si strappava i testicoli e li gettava ai cacciatori, per aver salva la vita. Ecco, quel castoro sono io. Quando mi sono visto circondato da giudici, giornalisti e servizi segreti, ho lasciato il ministero, insomma mi sono strappato i testicoli». Ci accomodiamo nello scompartimento. Racconta: «Questa è la linea che prendevo quando lavoravo alla Rai di Napoli». L’esercito del selfie è scatenato: un clic con la vecchietta, uno col giovane studente… Mastella sfoggia lo stesso sorriso che ha nella foto scattata quest’estate con Lenny Kravitz e che ha spopolato sui social network. Clic. Si accorge che sto fissando la sua capigliatura, castana con riflessi rossicci. Sorride: «Se ci tingiamo io e Silvio Berlusconi tutti a sfottere… Ma lo sa che anche Luciano Lama, l’austero sindacalista comunista, si tingeva? A lui nessuno diceva nulla». Nato politicamente nel ventre della Balena Bianca democristiana, Mastella ha attraversato la Prima e la Seconda Repubblica cercando di occupare sempre il centro del centro di ogni schieramento. Nove mandati in Parlamento, dieci anni da eurodeputato, due volte ministro, sia con Silvio Berlusconi, sia con Romano Prodi. Cronache gonfie di aneddoti gustosissimi: dalle cosiddette “truppe mastellate” portate al congresso Dc del 1989 per far rieleggere il suo leader di riferimento, Ciriaco De Mita, alla piscina a forma di cozza, nella magione di Ceppaloni, suo paesino natale. Dal 2016 è il primo cittadino di Benevento. Il vagone è un po’ sgangherato, le pareti esterne sono ricoperte da graffiti poco artistici. Gli domando se preferirebbe rivedere se stesso ai vertici della politica nazionale o il Benevento in Champions League. Non esita: «Mi hanno già fatto delle proposte per le prossime politiche, ma io ormai faccio l’eremita. E poi i sindaci sono gli unici che hanno un contatto vero con i cittadini. I parlamentari, nominati dalle segreterie, si disinteressano completamente del territorio». L’agone nazionale, però, resta la sua passione. Gli brillano gli occhi di nostalgia, mentre racconta di aver intitolato un centro sportivo a Francesco Cossiga. Esclama: «Della politica di oggi penso il peggio possibile».

Perché?

«Perché i partiti non esistono più. Ricorda la distinzione che faceva Maurice Duverger, tra struttura europea e struttura americana dei partiti? Ecco, oggi i partiti sono più inconsistenti e meno presenti sul territorio dei comitati elettorali statunitensi. Quelli della mia generazione sono professori rispetto agli studentelli che ci sono ora».

Eravate professori anche nel costruire clientele e nel gonfiare il debito pubblico.

«Erano meglio le esagerazioni di ieri, rispetto al vuoto di oggi. Si immagini se davvero l’Italia dovesse essere governata dai pentastellati… Ce lo vede Di Maio premier? Sarebbe una tragedia».

Lei ha mai conosciuto Beppe Grillo?

«Sì. Venne anche a fare uno spettacolo a una festa della Dc, a Verona. Ci prese in giro parlando di preservativi».

È vero che suo figlio Elio una volta ha votato M5S?

«Sì, lui è quello che scapuzziava di più a sinistra. Poi si è accorto che i pentastellati non combinano nulla».

I sondaggi danno il M5S al 28%. Qual è il segreto del loro successo?

«Si muovono nel vuoto. Quando hai un tumore e le cure tradizionali non funzionano più, perdi la speranza e ti affidi alle fattucchiere. Ecco, i grillini sono le fattucchiere della politica italiana. La gente pensa: magari ci salvano. Io comunque a Benevento li ho sconfitti: alle Regionali e alle Europee erano il primo partito della città, con me in campo alle Amministrative hanno dimezzato i consensi».

Mastella, ras del beneventano.

«Diciamo che rispetto alla disperazione… i cittadini hanno scelto Mastella».

Secondo lei chi sarà il prossimo presidente del Consiglio?

«Renzi difficilmente andrà di nuovo a Palazzo Chigi, ma sarà lui a dare le carte».

Marco Minniti…

«Minniti ci pensa, ma non so se glielo permetteranno. Tra Minniti e Gentiloni secondo me Renzi confermerebbe Gentiloni. Più controllabile».

C’è un leader a cui lei affiderebbe il Paese?

«L’unico è Mario Draghi».

Intendevo tra i leader politici.

«Nessuno. Al limite lo stesso Gentiloni. O Berlusconi che deve risolvere i suoi guai giudiziari, ma sta dimostrando molta saggezza politica». Mastella ogni tanto guarda fuori dal finestrino con occhio malinconico. Un passeggero lo saluta: «Sindacooooo».

È vero che ha rinunciato allo stipendio da primo cittadino?

«Sì. Più di quattromila euro».

Le resta il vitalizio.

«Credo di aver versato di più di quel che dovevo».

Molti vogliono asciugare i vostri vitalizi.

«Sarebbe da scostumati. Un diritto è un diritto».

Migliaia di pensionati italiani ha subìto modifiche ai propri diritti.

«Ed è stato un errore. Non mi puoi obbligare a rinunciare a un diritto. Al massimo in tempi di crisi mi puoi chiedere un atto di generosità. Quello lo farei volentieri, magari per finanziare un Piano Marshall per aiutare chi ha perso il lavoro». Stiamo per arrivare a Benevento. Quando si parla di lavoro Mastella rimpiange quello che lui chiama l’approccio «keynesiano» della Dc. Gli faccio notare che spesso la Dc più che far lavorare gli italiani, li “piazzava” nella pubblica amministrazione. Lui ammette qualche esagerazione. Poi, racconta: «Nel pubblico o nel privato, dare lavoro era una priorità. Una volta arrivò a Piazza del Gesù un grande manager di una banca. Volendo risultare utile al partito ci propose di assumere una ventina di persone e ci chiese di fornirci alcuni nomi qualificati. De Mita chiamò il suo assistente che in pochi secondi tirò fuori un elenco. Io chiamai il mio segretario che mi diede subito una listarella aggiuntiva». Domando: «Chi erano le persone piazzate negli elenchi?». Replica: «Cittadini in difficoltà. Quando ci venivano a trovare ce li segnavamo». In fondo allo scompartimento due giovanotti baffuti si tengono per mano. Chiedo: «Se domani venissero in Comune lei li unirebbe in matrimonio?». Mastella: «Non è mai successo. Ma insomma… Da sindaco mi comporterei in modo laico».

Nel 2007 lei fu l’unico ministro del governo a opporsi ai Dico. Il disegnatore Vauro la soprannominò Madre Mastella di Calcutta.

«Prodi mi chiese di dimettermi. Restai al mio posto. Mi arrivò la telefonata di solidarietà di papa Benedetto XVI. All’inizio credevo che fosse uno scherzo di Fiorello».

Lei si dimise un anno dopo a causa delle sue vicende giudiziarie. E contribuì a far cadere il governo Prodi.

«Il governo cadde per altri motivi. Era Veltroni a voler fottere Prodi, non io. Veltroni cominciò a parlare di vocazione maggioritaria del Pd e il centrosinistra iniziò a traballare». Scendiamo dal treno e prima di salutarci chiedo a Mastella che cosa rimpiange di più della Prima Repubblica. Risponde: «L’attaccamento al territorio. Gli ideali. Quando ho cominciato a fare politica, a Benevento non sapevano nemmeno che cosa fosse la sinistra democristiana. Ho sempre rischiato. Lei lo sa che io non votai Sandro Pertini presidente della Repubblica?».

Perché?

«Perché durante il rapimento Moro si aggirava per il Transatlantico urlando che solo chi aveva fatto la Resistenza coi rossi aveva le palle. In pratica sosteneva che i cattolici non ne avessero. Me la legai al dito. E quando arrivò l’occasione provai a boicottarlo».

Come?

«Annunciai che non lo avrei votato come Presidente. E cominciai a raccontare ai giornalisti un po’ di episodi in cui Pertini non risultava lucidissimo. Anzi. Insistevo sul fatto che era un po’ come i bisnonni: se ti vengono a trovare una volta è bello, ma se stanno lì tutti i giorni sono un po’ una rottura di coglioni».

Categorie : interviste
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