Giorgia Meloni (Doppio Binario – 7 – Luglio 2017)
0 commenti(Intervista pubblicata per 7 – Corriere della Sera il 6 luglio 2017)
«A MATTAAAA». Una volta un motociclista le urlò: «A mattaaaa». Pochi secondi prima, dato che era lento e le bloccava il passaggio lei lo aveva superato, aveva sgranato gli occhioni azzurri e gli aveva gridato contro, in romanesco: «E levateeeeee». Doppio Binario imbottigliati nel traffico capitolino con Giorgia Meloni, 40 anni, anima destra della politica italiana. Al volante, come tra i banchi parlamentari e in tv: maneggiare con cura. Quando le domando che tipo di automobilista sia, prima racconta l’aneddoto del motociclista e poi confessa di aver improvvisato un paio di sfuriate per strada contro alcuni paparazzi troppo insistenti: la inseguivano per rubare l’ennesima foto con la figlia Ginevra. Chiedo: le ha dato fastidio che Ginevra, appena nata, sia finita in una parodia di Sabina Guzzanti? Nello sketch Meloni era Daenerys Targaryen, regina guerriera della serie tv Il trono di spade e la figlia era Draga, una poppante sputafuoco. Replica: «Scherza? Daenerys è un personaggio meraviglioso. Anche se il mio preferito nella serie è Tyrion Lannister, per ovvi motivi». Gli ovvi motivi sono la statura e la tempra di Tyrion. È un nano. Meloni scherza spesso sul suo essere “gnappetta”. Qualche anno fa al cronista che le rinfacciava l’appartenenza alla corte berlusconiana fatta di nani e di ballerine, lei replicò: «Sarò pure mezza nana, ma ballerina proprio no». Ci incontriamo a piazza Montecitorio. Meloni è raggiante: «Fatemi godere ‘sto momento». Il partito di cui è leader, Fratelli d’Italia, ha conquistato due comuni importanti: L’Aquila e Pistoia. Il centrodestra a trazione sovranista sembra riprendere respiro, proprio quando, dopo la scivolata di Marine Le Pen alle elezioni francesi, sembrava un progetto sepolto. Meloni: «Siamo provinciali E tendiamo a scimmiottare modelli esteri: Renzi ha avuto il periodo obamiano, ma non riusciva neanche ad abbottonarsi il cappotto come Obama. Ora Macron. A destra… stesso discorso». Partiamo.
I popolari europei vogliono Berlusconi lontano da lei e da Salvini.
«Questo perché c’è chi ha avuto qualche soddisfazione a Strasburgo».
Sta parlando di Antonio Tajani, azzurro, neo presidente del Parlamento europeo?
«Ritiene di dover garantire che Forza Italia non prenda posizioni troppo critiche con l’Ue. Ma c’è un fraintendimento di fondo. A differenza che in Francia e in altri Paesi, in Italia le esperienze legate al popolarismo e quelle cosiddette populiste possono marciare insieme. È già successo».
Berlusconi ha detto che vuole un centrodestra moderato e liberale.
«Ancora con questa “moderazione”? Ricordiamoci che Berlusconi, che ora sembra non poter essere altro che popolare, ai suoi esordi era considerato un populista».
Berlusconi, da sempre, gioca su due scacchiere. La legge elettorale proporzionale gli permette di andare a elezioni e decidere, a risultati acquisiti, se stare con lei e con Salvini o se cercare un nuovo patto del Nazareno.
«La gente non è cretina. Questo giochetto si è rotto. E le amministrative dovrebbero aver chiarito a Berlusconi dove gli italiani vogliono che lui si collochi. Per favorire l’unione del centrodestra ho proposto il “Fratelli d’Italicum”».
È una legge elettorale?
«Sì. Premio di maggioranza fino al 51% dei seggi al partito, o alla coalizione, che raggiunge il 37% dei voti. E preferenze».
Berlusconi qualche settimana fa ha proposto Luca Zaia, governatore del Veneto, come leader della coalizione.
«Sono contraria all’indicazione dei candidati leader a mezzo intervista. Preferisco una scelta dal basso».
Lei, da anni, propone le primarie del centrodestra.
«Confermo, ma faccio un passo in più. Se alle elezioni ci fosse una lista di centrodestra e la possibilità di indicare le preferenze, in caso di vittoria potremmo far fare il premier a chi prende più voti personali».
Secondo lei perché Berlusconi è così titubante nel concedersi a un’alleanza solida con lei e con Salvini?
«Credo che in questo dibattito ci sia un elemento un po’ infantile: la questione è “chi è il capo?”. Sulla mia candidatura a Roma è scattato lo stesso meccanismo».
Lei era una candidata forte. Aveva fatto un passo indietro, a causa della gravidanza, e quando ha deciso di correre per diventare sindaco, le hanno messo tra le ruote…
«…prima Guido Bertolaso e poi Alfio Marchini. Hanno pensato: se Meloni diventa sindaco di Roma potrebbero cambiare i rapporti di forza nel centrodestra». Ci fermiamo sulla salita che porta in Campidoglio. Un gruppo di turisti si avvicina alla ringhiera che si affaccia sui Fori Imperiali. Due cinesi si appoggiano sul fianco dell’auto. Meloni abbassa il finestrino: «Comodi, eh». Lo richiude, fa caldo. In lontananza si vede il celebre terrazzino del sindaco. Virginia Raggi è in carica da un anno. «Avevo messo in conto un certo grado di incapacità, ma non a questi livelli».
Non che Gianni Alemanno, sindaco di centrodestra, brillasse.
«Non è la stessa cosa. Raggi sindaco è come se dessero a me la direzione della ricerca nucleare al Cern».
Raggi ha presentato il bilancio di Roma Capitale in tempo. Alemanno non c’è mai riuscito.
«I revisori del Comune hanno chiesto di rimettere mano su quel bilancio. È come se alla maturità tu fossi contento di presentare per primo il compito… in bianco».
Raggi si è data un bel 7,5.
«Io le do un N.C., non classificata. Come sindaco non è pervenuta: gli appalti più importanti devono ancora partire, la maggioranza perde intere sedute del Consiglio per cose irrilevanti: ne hanno impiegate tre solo per dare la cittadinanza onoraria a Nino Di Matteo, il pm palermitano. Sulla manutenzione delle strade hanno fatto alla romanella».
Alla roma…che?
«Alla romanella. Un’imbiancatina e molta comunicazione».
Dimostri di non essere ideologica. Mi dica qualcosa che le piace della sindacatura Raggi.
«Il passo indietro sui migranti: ha detto che a Roma ce ne sono troppi. Ma il M5S a livello nazionale sui migranti ha le stesse posizioni del Pd».
Questa sembra davvero una forzatura.
«Il M5S si dimostra sempre di più un chip messo dai poteri forti sull’opposizione».
Il M5S insieme con i poteri forti?
«È un movimento che non crede in niente, che non ha un’idea dell’Italia e che destabilizza la classe dirigente. A che cosa serve un’operazione di questo tipo? Perché non dicono chiaramente, come faccio io, che tutti i migranti disperati che facciamo entrare, servono solo a rivedere al ribasso i diritti dei lavoratori? La sinistra ormai è schierata con le banche e con le multinazionali. Molti tra i deboli e tra quelli che stanno peggio hanno capito che siamo noi a difenderli». Un pupazzetto che raffigura un guerriero dondola accanto alla chiave d’accensione. Un palloncino blu svolazza tra i poggia testa. Meloni guida in modo piuttosto disinvolto. «Ho imparato su una vecchia 500. Amo le macchine piccole, scattanti e super tecnologiche. Ora che c’è Ginevra, ovviamente, al volante devo stare più calma. Ho preso una cinque porte. Ho piazzato il seggiolino sul sedile posteriore…».
Ginevra ha nove mesi. Meloni si è un po’ rincitrullita causa maternità?
«Come tutti. Quando mi manca mi aggiro per il Transatlantico e, rivolgendomi allo schermo dell’iPhone con le sue immagini, dico: “Tatiii, Tatiii, patatinaaaa”».
Meloni fa anche le vocette infantili?
«Sì sì. E chiudo le frasi alla romana, dicendo “mamma”. “Che fai, mamma?”, “Hai fame, mamma?”. Ho sempre rimproverato mia sorella perché lo faceva e poi ci sono cascata anche io. Ginevra mi ha ricompensata… e come prima parola ha detto “ca-cca”».
Essere madre in Italia.
«La nostra è una società nemica delle madri e della maternità. L’ho sempre saputo, ma ora lo vivo sulla mia pelle. Persino sui treni ci sono discriminazioni: una mamma con passeggino non ha diritto di prelazione sui posti riservati ai passeggini. Le sembra normale?».
Quanto riesce a stare con Ginevra?
«Troppo poco. Qualche giorno fa mi ha scansata per raggiungere la tata. È stato un piccolo dolore, un nervoso! Dormiamo insieme, sto con lei la mattina dalle 6 alle 8, e faccio di tutto per essere presente all’addormentamento».
Le canta qualcosa?
«All’inizio La canzone di Marinella di Fabrizio De André. Ora No potho reposare… È una canzone sarda stupenda. L’ho scoperta a un concerto di Davide Van De Sfroos».
Il padre di Ginevra è Andrea Giambruno, autore tv, conosciuto in sala trucco prima di una puntata di Quinta Colonna.
«È un padre pendolare. Riesce a stare a Roma dal giovedì alla domenica».
È vero che gli ha regalato un anello con una citazione di Jacques Prévert?
«Ho fatto incidere l’ultima riga di una poesia amorosa».
Non siete sposati.
«Ma perché questa cosa viene rimproverata sempre a me? È lui che dovrebbe… Ci siamo capiti».
Eventualmente: matrimonio in chiesa o in comune?
«Il matrimonio ha senso solo se lo celebri in chiesa e prendi un impegno davanti a Dio».
Aspettando il matrimonio… se deve presentare Andrea a qualcuno come lo definisce?
«Il mio compagno. E lo so, lo so… detto da una donna di destra…».
Lei ha quattro anni più di lui. Siete come Brigitte ed Emmanuel Macron?
«Zincone, scenda dalla macchina».
Brigitte è una bella donna.
«Già, chi l’avrebbe detto che Amanda Lear avrebbe fatto la First Lady!»