Miriam Leone (Doppio Binario – 7 – Giugno 2017)

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(Intervista pubblicata su 7 – Corriere della Sera l’8 giugno 2017)

Sul Frecciarossa Milano-Firenze, l’attrice spiega perché ha rifiutato un contratto con la tv di Stato, ricorda come da ragazza nella sua Sicilia la facessero sentire «diversa», e sulla politica dice: «Non mi interessa proprio»

La raggiungo nel suo scompartimento arredato con poltrone-letto in pelle beige. Mi accoglie allegra simulando un’espressione simil-scocciata: «Di chi è stata questa bella idea? Ora neanche in treno si può stare tranquilli». Doppio Binario sul Milano-Firenze. Miriam Leone, 32 anni, attrice, ammicca beffarda. In questo momento è in onda con due serie tv: 1993 e Non uccidere. Per Sky è Veronica, soubrette tangentopolesca e fatale spesso svestita. Per la Rai è Valeria, poliziotta introversa e intabarrata che indaga su crimini odiosi. Parliamo della distanza interpretativa tra le due protagoniste e degli effetti che questa distanza può avere sul pubblico. Dice: «È una fortuna: interpretare personaggi così diversi fa sì che per strada non ti riconosca nessuno». Il ragazzo seduto al centro dello scompartimento evidentemente l’ha riconosciuta. Porta un berretto bellicoso con su scritto “Israel Defence Forces”. Mentre chiacchieriamo dell’importanza di essere autoironici, lui si infila nel discorso: «Vorrei proprio vedere come reagisci se comincio a sfotterti». Lei lo seppellisce con un sorriso perentorio: «Solo gli stupidi si arrabbiano quando vengono presi in giro». Miriam ride parecchio di se stessa. Indossa delle improbabili babbucce decorate con pelliccetta. Ha un geco di plastica sulla giacca: «È una spilla che ho fatto io». Guarda fuori dal finestrino: la pianura verde eicapannoni scorrono veloci. Accenna un verso di Lucio Battisti: “…Brianza velenosa… Ma che colore ha una giornata uggiosa”. Poi racconta: «Tra le mie foto di Instagram ci sono spesso gli scatti dal finestrino del treno». Ci diamo del tu. La porto sull’annosa questione della violenza verbale che ha inondato i social network: «I miei detrattori si concentrano sulle sopracciglia. Scrivono che le mie sono come quelle di Elio, di Elio e le storie tese». Si fa seria: «Mi stai accompagnando nel saluto a Valeria». Faccio una faccia a forma di punto interrogativo. Spiega: «Oggi è il primo giorno che non vivo sul set, da novembre. Tolgo i panni dell’ispettore Valeria Ferroerimetto i miei».

È difficile togliersi di dosso un personaggio?

«All’inizio lo era di più. Ora ho imparato a gestire il rapporto tra identità e distanza: la necessità di entrare completamente in un personaggio e quella di mantenere sempre qualcosa di sé».

Siamo in zona Metodo Stanislavskij, Actors Studio, l’immedesimazione e il lavoro dell’attore su se stesso.

«Ho avuto diversi insegnanti. Una, dopo aver provato in tutti i modi ad insegnarmi “il metodo”, mi ha abbracciata e mi ha sussurrato: “Ti faccio passare l’esame, ma non possiamo dire che tu abbia appreso il metodo. Ne hai uno tuo, sei anarchica”. La parte più difficile di ogni performance è la preparazione. Luca Ronconi diceva che gli attori sono come delfini: il pubblico vede il guizzo, ma la loro vita è tutta in profondità».

Sei sicura che l’abbia detto Ronconi?

«L’ho letta. Davvero. Di sicuro non è farina del mio sacco. Comunque anche quando non sono sul set studio: danza, recitazione, canto. Ho delle lacune, non ho frequentato l’Accademia, facevo Lettere a Catania».

Reciti relativamente da poco.

«Diciamo che malgrado fosse il mio sogno, ho fatto di tutto per non fare l’attrice».

Dopo l’elezione a Miss Italia nel 2008, hai invaso le trasmissioni pop della Rai. Voce un po’ stridula, sempre sorridente…

«Mi esprimevo così anche perché c’erano degli autori che mi guidavano. Mi hanno insegnato molto. Era una tv fatta bene, ma a un certo punto mi sono sentita nel posto sbagliato. Un giorno, durante una diretta, ho avuto la sensazione che nessuno stesse dicendo quello che pensava veramente».

Neanche tu?

«Nemmeno io, esatto».

Censura o autocensura?

«Nessuna delle due. Indossavo una maschera adatta al contenitore creato per il pubblico generalista. Beh, ho pensato che quelli non erano i miei panni. Che dovevo uscirne prima di diventare io stessa quel personaggio. Mi è stata data la grossa opportunità di lavorare in tv. Ci ho messo tutta me stessa, anche perché venivo dal nulla. Qualcuno mi ha pure suggerito di proseguire perché “un posto in Rai è come un vitalizio”. Ma alla fine ho rifiutato il contratto che mi avrebbe fatta restare lì ».

Ci spostiamo nella saletta riunioni dello scompartimento. Il treno ballonzola. Le ante scorrevoli si aprono di continuo. C’è un momento Buster Keaton con Miriam che chiude una porta da una parte e si riapre dall’altra. A proposito di maschere e di tv generalista, le chiedo che cosa pensi del video trasmesso da Striscia la notizia con Flavio Insinna che inveisce contro una concorrente del suo programma dandole della nana. Glissa. Esiste un tuo fuori onda virulento in cui inveisci contro qualcuno?

«No, no. Non mi verrebbe mai in mente di offendere qualcuno per una debolezza o per la sua diversità. C’è un motivo profondo».

Quale sarebbe?

«Conosco gli sguardi ostili per strada. Gli insulti gratuiti. Per molti anni mi sono sentita una diversa, strana».

Difficile da credere.

«Ero biondastra con gli occhi chiari nella Sicilia di Aci Catena. C’è chi si rivolgeva a me come se fossi una straniera, non mi riconoscevano come una della comunità: mi chiamavano Mara, Miriana, Emilia… Insomma, ero abbastanza isolata. Sono stata parecchio dalla parte di chi sta in disparte. Offendere qualcuno “diverso” vorrebbe dire non volere bene a me stessa. Se invece qualcuno mi manca di rispetto…».

Che cosa succede?

«Reagisco. Non mi faccio molti problemi. Mi capita di polemizzare con chi butta una cartaccia per terra, o con chi vedendomi in difficoltà mentre carico un bagaglio resta fermo a godersi lo spettacolo». Mentre mima il gesto del carico del bagaglio si piega a libretto: le ginocchia che toccano il naso. Domando: fai yoga? Replica piazzandosi una gamba dietro alla nuca. Le faccio notare la comodità delle poltroncine di primissima classe su cui è possibile fare esercizi estremi. Se fossimo in seconda…

«Sono siciliana. Il nostro treno è la Freccia del Sud, ribattezzato la Feccia del Sud perché i vagoni sono anteguerra». Mentre descrive la scomposizione e ricomposizione del treno tra Scilla e Cariddi, le viene fuori una sicilianità fiera.

È vero che soffri di una specie di mal di Sicilia?

«Conosci l’energia dell’Etna? Io quando sono stanca, mi stendo su uno scoglio di pietra lavica, anche se è caldissimo, e mi ricarico. E l’acqua sotto al vulcano è frizzante, è piena di vita. L’ultimo bagno l’ho fatto a Natale».

Il mare a Natale è ghiacciato.

«Effettivamente c’ero solo io con due turisti tedeschi. Ora manco da un po’. Mia madre mi manda le foto delle onde su WhatsApp».

Tua madre è giovanissima. Ti ha avuta a diciannove anni. Tuo padre era il suo insegnante di latino. Come Emmanuel Macron e Brigitte, ma a generi invertiti. È vero che tuo padre con te è sempre stato severissimo?

«Ho vissuto due modelli educativi. Quello paterno è novecentesco: lui è nato negli anni Quaranta e all’epoca gli uomini non venivano educati ai sentimenti. Quello materno è più contemporaneo».

Sei cresciuta come molti tuoi coetanei davanti alla tv?

«Ne ho vista parecchia. Mi è capitato anche di aspettare che i miei andassero a dormire per guardare Mai dire gol. E una notte mi sono imbattuta nel cadavere di Laura Palmer…».

… Twin Peaks…

«Un trauma. Ora per 1993 ho dovuto ristudiare tutte le coreografie dei balletti di quegli anni».

Qual è un personaggio che avresti voluto interpretare?

«Black Mamba. Cioè Uma Thurman in Kill Bill ».

La tua performance o la scena che vorresti rimanesse ai posteri?

Faccio la domanda e l’attrice si mette a piangere. Ma non per finta, proprio con le lacrime. Sfoggio una massiccia dose di cinismo e chiedo: “Mi prendi in giro? Tira fuori il contenitore con la glicerina che hai usato per far spuntare quei goccioloni”. Si asciuga con un fazzoletto. Mi spiega che la glicerina si usa di più per il sudore e che per causare il pianto è più efficace il mentolo. «Ma le mie sono lacrime vere».

A che cosa sono dovute?

«Mi hai fatto pensare a una scena di Non uccidere. Fino ad oggi la preferita tra quelle in cui ho recitato. Valeria, l’ispettore, piange sul corpo di un bambino abusato. L’ho anche rivista e mi sono emozionata, i bambini abusati…».

È un argomento che ti interessa anche fuori dal set?

«Ho adottato un bambino a distanza e sono testimonial di Save the children».

Hai mai fatto politica? Te ne occupi?

«No, neanche da ragazza».

La conferma arriva alla stazione di Firenze. Massimo Sestini le chiede di scattare qualche foto mentre scende dal treno. Lei si concede. Sulle scalette incrocia Luca Lotti, ministro dello Sport e braccio destro di Renzi. Non lo riconosce. Passa oltre. Tra qualche giorno ci sono le Amministrative. E le Politiche non sono lontane. C’è un politico per cui faresti campagna elettorale?

«No, non è proprio il mio».

Categorie : interviste
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