Flavio Tosi – 3 (Sette – dicembre 2015)

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(Intervista pubblicata su Sette – Corriere della Sera il 25 dicembre 2015).
E’ stato per molti anni il sindaco più amato tra le camicie verdi. E il Carroccio lo aveva indicato come il futuro boss del centrodestra. Ora Flavio Tosi, 46 anni, continua ad amministrare Verona, ma è stato allontanato dalla Lega. Ha fondato il partito Fare! e politicamente galleggia in quell’area della destra italiana non radicale e non populista, gonfia di leader papabili, ma apparentemente orfana di elettorato.
Fa politica dal 1990 e gli è stata rimproverata qualsiasi cosa: di essere xenofobo e amico degli skinhead, di flirtare con la sinistra e di emulare il potere clientelare dello Scudo Crociato. Gian Antonio Stella, sul Corriere nel 2012, scrisse che Tosi ha ereditato la capacità tutta democristiana di fregarsene delle critiche, anche di quelle più ruvide. È così. L’intervista si svolge in un bar scaligero. Quando gli sottopongo un lungo elenco di magagne veronesi, fatto di impiegati dell’Arena senza stipendio, capolavori rubati, cosche infiltrate e dirigenti raccomandati, Tosi sorride, infila il cucchiaino nella cioccolata calda e dice: «La mia squadra è forte. Alle prossime elezioni, nel 2017, saranno gli elettori a dire se abbiamo governato bene o male». Nella sua squadra politica, c’è anche un piccolo drappello di parlamentari ex leghisti che a volte vota con la maggioranza di governo.
Tosi è diventato una stampella renziana?
«Sono un sindaco e sono abituato alla concretezza. Provvedimento dopo provvedimento valutiamo come votare. Con molti ministri c’è rispetto reciproco: Franceschini, Guidi, Pinotti… Dialoghiamo, senza insultare e senza inutili demagogie. Quando è il caso esponiamo il nostro punto di vista e votiamo con la maggioranza».
Ex leghisti che votano a sinistra?
«No, anzi. Oggi l’opposizione più forte a Renzi è quella della sinistra del Pd. E io lavoro proprio in funzione antisinistra preistorica. Renzi, a breve, avrà l’occasione di sganciarsi da quell’area».
Come e quando?
«Con il voto sulle unioni civili. Se Renzi rinunciasse alla stepchild adoption…».
…che è il modo con cui si potrebbe consentire l’adozione del “figliastro” anche da parte di una coppia omosessuale…
«… se Renzi rinunciasse, conquisterebbe il consenso di un ampia area moderata in Parlamento, sterilizzerebbe la sinistra e in pratica salderebbe il Partito della Nazione».
Tosi appoggerebbe il Partito della Nazione?
«Noi abbiamo proposte liberal popolari. Se dovessi decidere tra un Renzi senza sinistra preistorica e Matteo Salvini, la scelta sarebbe scontata: Renzi».
La sinistra del Pd non sembra intenzionata a uscire dal partito e l’Italicum attualmente prevede premi di maggioranza per i partiti, non per le coalizioni.
«La legge elettorale può essere modificata. E le prossime liste elettorali del Pd le farà Renzi. Non so quanto resterà di quella sinistra».
Nel frattempo il suo ex partito, la Lega, cresce nei sondaggi.
«Salvini sta cavalcando la tigre di una demagogia di estrema destra, perché gli conviene dal punto di vista elettorale. Ma lui resta un ex di sinistra, frequentava il Leoncavallo».
Lei, invece, da ragazzo frequentava l’estrema destra.
«Ma io non diventerò mai di sinistra».
In compenso si è democristianizzato.
«Non sono demagogico, né populista. È anche per questo che mi hanno espulso dalla Lega».
Non l’hanno espulsa perché si è presentato alle regionali in disaccordo con i vertici del partito? Salvini non voleva alleanze centriste e lei si è messo di traverso.
«Volevo che la Liga Veneta mantenesse la sua autonomia dai lombardi».
Il governatore veneto Luca Zaia non le sembra abbastanza autonomo?
«Zaia si è piegato spesso ai diktat di Milano perché gli faceva comodo: i leghisti lombardi lo misero alla vicepresidenza del Veneto, poi all’Agricoltura…».
Zaia in Veneto ha una valanga di voti. E non ha una linea populista.
«Su certi temi ha acquisito la linea salviniana: vuol far approvare una legge regionale sul burqa assolutamente inutile. La legge che vieta di circolare a volto coperto c’è già. Basterebbe applicarla».
Lei ha davvero il dente avvelenato con Salvini & Co.
«Mi si può criticare, anche insultare, ma se non si mantiene la parola data…».
Salvini non ha mantenuto la parola?
«C’era un patto. Lui non l’ha rispettato e mi ha tradito».
Parliamo del cosiddetto patto del Pirellone?
«Esatto. Maroni ci convocò e siglammo un accordo: Salvini sarebbe diventato il segretario della Lega e io il candidato del centrodestra alle elezioni nazionali. Non è andata così. E ora la Lega ha una linea demagogica anche su profughi, sicurezza e immigrazione».
La linea di Salvini è corroborata dai risultati elettorali di Marine Le Pen in Francia. Loro due presto si incontreranno.
«Salvini e Le Pen paradossalmente sono i migliori alleati dell’Isis. Dove regna il buon senso l’Isis è debole. Gli estremismi invece si aiutano a vicenda».
Qual è una sua idea sensata in materia di immigrati, profughi e rifugiati?
«Abbiamo appena proposto il rimpatrio per chi si vede respinta la richiesta di status di rifugiato politico. Tenerli sul territorio nazionale in attesa del verdetto per un eventuale appello, è un inutile spreco di denaro pubblico».
In Francia lei chi voterebbe: Marine Le Pen o Nicolas Sarkozy?
«Sarkozy. Il problema italiano è proprio che non esiste un Sarkozy».
C’è un lungo elenco di aspiranti Sarkozy: Gianfranco Fini, Corrado Passera, Diego Della Valle…
«Se Renzi non riuscisse a liberarsi della vecchia sinistra e chiudesse la possibilità di saldare il Partito della Nazione, si dovrebbero mettere da parte i personalismi per aderire tutti a un manifesto politico liberal popolare. Berlusconi sarebbe potuto essere un aggregatore di quest’area se non avesse deciso di fare il gregario di Salvini».
Negli Stati Uniti: con Donald Trump o con Hillary Clinton?
«Viste le sparate di Trump, che non stanno né in cielo né in terra… con Clinton».
A Milano…
«Voterei tranquillamente Sala».
Forza Italia, a Milano, ha candidato per il Consiglio comunale Francesco Sicignano, il pensionato di Vaprio d’Adda che uccise un ladro con un colpo di pistola. Lei lo avrebbe candidato?
«Devo ancora capire bene le dinamiche di quella vicenda. Resta il fatto che la legittima difesa secondo me è sacra. Io sono cacciatore e dormo con la pistola sul comodino».
Non è illegale? Non la dovrebbe tenere custodita sottochiave?
«L’arma non va lasciata incustodita. Ma se entra un aggressore in casa non è che posso stare lì a perdere tempo coi cassetti».
Se le entrasse un ladro in casa lei sparerebbe?
«Ho le inferriate alle porte e alle finestre. Ho allarmi e antifurti. E soprattutto spero di non trovarmi mai in questa situazione. Ma se mi arrivasse qualcuno in camera… mi difenderei».
È vero che conserva in cantina vecchi cimeli nazisteggianti della Seconda guerra mondiale?
«Ahahah. No, è falso. In cantina ho degli ottimi Amaroni. Ne ho anche uno del 1969, il mio anno di nascita».
Quando lo stapperà? Quando diventerà presidente di Regione?
«No. Sinceramente non credo che lo berrò mai».
A cena col nemico?
«Con Michele Emiliano. È politicamente lontano, ma lo stimo».
Ha un clan di amici?
«Ne cito uno su tutti, per anzianità dell’amicizia: Matteo Bragantini. È rimasto con me dopo l’espulsione dalla Lega».
La canzone preferita?
«Sono fermo ai cantautori anni Settanta e Ottanta. E poi Liga, Vasco…».
Il film?
«La vita è bella di Roberto Benigni».
Il libro?
«Quelli di Michael Connelly che hanno per protagonista l’investigatore Harry Bosch».
I confini della Siria?
«Al momento sono incerti, ma direi… Turchia, Libano, Iraq…».
Qual è l’articolo 3 della Costituzione?
«Quello sulla Repubblica fondata sul lavoro?».
Quello è il primo. Il terzo dice che siamo uguali di fronte alla legge.
«Ed è un sano principio liberale».
Qual è l’errore più grande che ha fatto?
«Fidarmi di Salvini. Tra l’altro mi sarei aspettato che Maroni facesse da garante tra di noi. E invece…».
Maroni non ha garantito il patto? Perché?
«Perché Salvini è una persona con un carattere molto forte. Maroni un po’ meno».
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