Massimo Ghini – 2 (Sette – agosto 2015)
0 commenti(Intervista pubblicata su Sette – Corriere della Sera il 21 agosto 2015).
Massimo Ghini, 60 anni e quattro figli, è artisticamente funambolico e politicamente granitico. Passa con disinvoltura dai ruoli ultra engagé a quelli più scollacciati, ma quando si parla di sinistra e di Pd diventa bulgaro: «Il partito è il partito. Punto». È stato leader scolastico tra i comunisti romani al fianco di Walter Veltroni nei primi anni 70 e giovane animatore dei villaggi Valtour. Consigliere comunale capitolino ai tempi del sindaco Rutelli e interprete di Guido Rossa, il sindacalista ucciso dalle Br. Costituente democratico (nel 2007) e volto sorridente di papa Giovanni XXIII nella fiction Rai con record imbattuto di ascolti. Responsabile Cultura nel Pd laziale fino al 2013 e cinepanettonista fiero. Ghini tra qualche giorno partirà per Santo Domingo e girerà Natale ai Caraibi. Dice: «Christian De Sica è un genio. Insieme interpretiamo due autentici cialtroni italiani. La regia è di Neri Parenti».
Romano e romanista sfegatato, Ghini ricevette la notizia dello scudetto giallorosso del 1983 mentre era in scena con la Maria Stuarda di Franco Zeffirelli: «Rossella Falk vestita in pompa magna da regina Elisabetta mi bisbigliò all’orecchio “Siamo campioni d’Italia”. Ho ancora l’urlo di gioia in gola». Ora considera la vicenda della costruzione dello stadio della Roma un paradigma dell’immobilismo sbracato capitolino. Partiamo da qui, allora.
Roma. La capitale sgarrupata. Inchieste, degrado, inefficienze.
«La situazione è terribile. Ai tempi di Rutelli, quando ero in Consiglio, i romani sembravano consapevoli del fatto che c’era bisogno di un impegno comune. Ora sembrano sfiduciati. Persino incapaci di indignarsi».
Alessandro Gassman ha lanciato l’idea #romasonoio. Una chiamata alle armi per ripulire la città.
«Un grido di dolore che condivido. Anche se è inutile elencare i problemi. Vogliamo parlare della sicurezza? Delle strade piene di buche? Il problema vero è che non c’è un’idea di città. Non c’è un progetto».
Mi pare di capire che lei non è un fan del sindaco Ignazio Marino.
«La città è stata amministrata male per molti anni. Le ultime inchieste hanno smascherato una parte di classe politica attenta ai propri affari più che al bene comune. Marino è una persona onesta, ma per guidare una città complessa come Roma serve altro. Lui sbaglia priorità. Con la città in queste condizioni ci si può concentrare sulle piste ciclabili?».
Marino si dovrebbe dimettere?
«Sono un giullare, ma conosco la politica e ho chiara la situazione: se si va a elezioni la sinistra potrebbe perdere. E accogliere il Giubileo a urne aperte non mi sembra una bella idea. È anche vero però che andando avanti così si rischia la tragedia».
Chi potrebbe essere un buon sindaco?
«Io avrei candidato Nicola Zingaretti anche nel 2013. Ma non credo che lui possa lasciare a metà il mandato in Regione».
E quindi? Alfio Marchini?
«C’è chi storce il naso. Io credo sia giusto abbandonare certi preconcetti. Forse, venendo dal mondo dei costruttori, Marchini avrebbe gli strumenti per affrontare certi intoppi cronici della città».
A Roma il Pd è commissariato. A livello nazionale, invece, è terremotato dalla minoranza che scalcia: volano tweet e interviste infuocate.
«Capisco e spesso condivido le critiche della sinistra del Pd al governo. Alle primarie del 2012 ho appoggiato apertamente Bersani. Ora però c’è stato un congresso, c’è un Segretario. Il partito viene prima delle esigenze di visibilità di alcuni dirigenti».
Parliamo di Cuperlo, Bersani and Co.?
«Sono persone intelligenti e preparate. E li ho sostenuti. Ma non si possono minacciare scissioni continuamente. Sembra che a sinistra l’unica cosa che sappiamo fare è scinderci».
Una parte del Pd ritiene che Renzi stia snaturando il Dna democratico.
«A me piace la sua politica “del fare». Vorrei che il resto del partito lo aiutasse a scegliere che cosa fare invece di boicottarlo. Ho bene impresso nella memoria il periodo in cui pregavamo tutti Bertinotti di non far cadere Prodi. Dopo quella rottura Berlusconi si risollevò. Oggi rischiamo di dare una chance a una destra che di suo non ne avrebbe».
Lei una volta ha detto di aver girato i cinepanettoni anche per far vedere che un attore di sinistra non deve essere necessariamente grigio e barboso. Renzi ha fatto qualcosa di simile con la comunicazione politica?
«Il mio era un paradosso, ma direi di sì. Quando Renzi parla dei gufi, ricorda Arlecchino che prende per i fondelli Pantalone».
Arlecchino/Renzi e Pantalone/Bersani.
«Se Pantalone si arrabbia, Arlecchino ottiene il suo effetto comico e porta dalla sua parte il pubblico. Se Pantalone replicasse con una battuta otterrebbe molto più consenso. In politica e in teatro».
Teatro. Lei sta per mettere in scena lo spettacolo Un’ora di tranquillità.
«È un esordio alla regia. Uno sbocco naturale vista la mia esperienza e il mio impegno. Ci avevo già provato un paio di volte. L’ultima con la Rai. La proposta è ancora lì e sarebbe un film stupendo: l’epopea dei 79 omosessuali catanesi deportati alle Tremiti durante il fascismo. Questo mio lato i detrattori dei cinepanettoni non lo ricordano».
Detrattori: Andrea Scanzi, del Fatto Quotidiano, l’ha inserita nell’elenco dei più sopravvalutati d’Italia.
«Sono talmente sopravvalutato che non ho mai vinto un David di Donatello, ahahah».
Qual è il suo ruolo dei sogni? Quello che vorrebbe tanto e non capiterà mai.
«Una quarantina di anni fa, durante le assegnazioni di un premio, chiesero a me e ad altri giovani attori promettenti quale fosse la battuta che avremmo voluto pronunciare. Ci fu la gara a citare Dreyer, Tarkovskij e Buñuel. Io dissi: “Mi chiamo Bond. James Bond”. Ecco, interpretare 007 non sarebbe male, eheh».
Il ruolo che non interpreterebbe mai?
«Non esiste. Mi sono infilato più volte la maschera di un fascista. Più di così!».
Ha indossato anche i panni dell’onorevole viscido (in Compagni di scuola), del presentatore rovina-famiglie (in La bella vita) e dell’imprenditore sfrutta-giovani (in Tutta la vita davanti).
«Ho accettato di fare papa Giovanni XXIII per compensare tutti gli stronzi che avevo interpretato prima».
A cena col nemico?
«Con Pietrangelo Buttafuoco. Milita da sempre a destra, ma è molto intelligente».
Qual è l’errore più grande che ha fatto?
«Sono un giullare, uno zingaro girovago. E non ho mai avuto la struttura per essere un buon padre. I figli vanno seguiti, io non l’ho fatto abbastanza».
La scelta che le ha cambiato la vita?
«Partire da Roma con la valigia di cartone e approdare a Milano. Ero appena stato bocciato all’esame dell’Accademia. Ottenni una particina con Strelher».
Lei che cosa guarda in tv?
«Sono onnivoro: History Channel, il calcio, le grandi fiction americane. Non sarebbe male se anche in Italia si cominciassero a produrre serie come True Detective».
Gomorra e Romanzo Criminale sono considerati prodotti di qualità internazionale.
«Certo. E mi piacerebbe partecipare a un progetto simile: sono fiction amate dalla critica e viste da un pubblico di abbonati. L’audience è di ottocentomila persone e nessuno se ne preoccupa. A noi che facciamo le fiction per le “ammiraglie” della tv generalista tocca il lavoro sporco. Se con La catturandi faccio gli stessi ascolti di Gomorra il giorno dopo vengo a bussare all’alba sotto casa sua per chiederle un lavoro».
La catturandi parte in autunno. Lei è il commissario…
«Ora si chiamano vice questori aggiunti».
Un personaggio alla Renato Cortese, l’uomo che mise le mani su Bernardo Provenzano e che ora è capo del Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato?
«Sì. Ho incontrato Cortese più volte. Il mio personaggio porta la sua stessa pistola: una piccola sei colpi a tamburo».
Il libro preferito?
«Viaggio al termine della notte. L’ho letto tardi perché Céline era un autore poco gradito a sinistra. Pensi che imbecillità».
La canzone?
«I am what I am. Inno del mondo omosessuale. L’ho cantata a teatro. A cappella. Ci aprivo lo spettacolo Il vizietto».
Il film?
«Morte a Venezia di Luchino Visconti. Commovente».
Il regista con cui avrebbe voluto lavorare?
«Mario Monicelli. L’ho sfiorato ai tempi del suo Parenti serpenti».
Il regista più promettente?
«Edoardo Falcone. Recentemente ha girato Se Dio vuole. Ha un’ottimo passo da commedia».
Sa quanto costa un pacco di pasta?
«L’ho comprata ieri: un euro e mezzo».
L’articolo 3 della Costituzione?
«Quello per cui siamo tutti uguali di fronte alla legge?».
Sì. Perché lei non è su Twitter?
«Perché mi pare il luogo, virtuale, di chi cerca facili polemiche».