Paola Cortellesi (Sette – febbraio 2015)

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(Intervista pubblicata su Sette – Corriere della Sera il 27 febbraio 2015)
Ha interpretato Maria Montessori in una serie tv, una escort per caso in Nessuno mi può giudicare, una rapinatrice fatale in A cavallo della tigre e chi più ruoli ha più ne metta. Ha imitato politiche demoniache e presentatrici allampanate. E ha cantato pezzi esilaranti all’ombra della Gialappa’s Band. Ricordate? «Wooden Chicks, gagliarde tope dalle vedute strette». Ora Paola Cortellesi, 41 anni, attrice e sceneggiatrice, è una badessa severa e godereccia in Maraviglioso Boccaccio, l’ultimo film dei fratelli Taviani, ispirato alle novelle del Decamerone.
Paola è una star non star: si autodefinisce «una signorina Rottenmeier» del set, una meticolosa che non si atteggia. L’intervista si svolge via Skype. Battute in romanesco, considerazioni mammesche, confessioni poco divesche. Esordisce così: «Sono a Pescasseroli. Sono corsa qui perché mi è zompato il frigo!». Quando le chiedo se le piace Renzi, prima spiega che odia essere catalogata, soprattutto politicamente, poi chiarisce che lo apprezza, «almeno lui ce sta a provà», infine chiude: «Ma a chi je ne può frega’ qualcosa di quello che dico io sulla politica?». Meglio cominciare con l’ultima fatica. Il set dei Taviani? «Molto silenzioso durante le riprese. Molto ridanciano nelle pause. Sono due toscanacci meravigliosi».
Suore lussuriose e tradimenti. Nel film si parla di vizi privati e di pubbliche virtù? Delle ipocrisie italiane che resistono nei secoli?
«Mi pare più un inno all’amore e alla libertà. I quotidiani e i tiggì sono pieni di fidanzate picchiate e di mogli uccise… dopo ottocento anni è ancora attuale parlare della libertà delle donne, del desiderio, del lottare per l’amore e per uscire da ruoli in cui ci si sente imprigionati».
Interpreti una badessa trecentesca…
«È stato fichissimo. I Taviani mi direbbero: “Ma come fichissimo, cerca di argomentare». Invece fichissimo rende bene».
Prima di cominciare hai fatto una full immersion nei testi di Boccaccio?
«Dici che avrei dovuto? In realtà ho solo studiato la sceneggiatura».
Hai trascorso qualche mese in un convento per respirare la clausura?
«A Vitto’, io ciò ‘na creatura!».
Tua figlia Laura, ha due anni. Sei una madre presente?
«Ce la metto tutta. E ho un po’ di sensi di colpa quando lavoro. Anche se so che non è giusto averli, anche se so di essere privilegiata perché mi posso permettere di portare la piccola sul set o di stipendiare una babysitter… un po’ di sensi di colpa restano. E li hanno anche molte mie amiche. Anche perché gli asili nido scarseggiano o sono lontanissimi e non esistono agevolazioni concrete».
Lo Stato dovrebbe fare di più?
«Lo Stato e i datori di lavoro. Andrebbe demolito definitivamente quel retropensiero, quel non detto quasi razzista che resiste…».
Quale “non detto”?
«Quello per cui se una donna ha da fare con i figli non mette la testa sul lavoro. È il contrario: noi tiriamo il motore a seimila giri per dimostrare che siamo giuste in tutti i ruoli. Sembra assurdo doverlo ribadire nel 2015, ma la maternità non è una malattia. Su questo argomento, con Massimiliano Bruno, ho messo in scena uno spettacolo: Gli ultimi saranno gli ultimi».
Storia di una donna che partorisce, perde l’impiego e per riottenerlo arriva a minacciare con una pistola il datore di lavoro.
«Tra il 2005 e il 2008 abbiamo fatto 200 repliche. Ci siamo ispirati a un clima di disperazione lavorativa reale. Ora diventerà un film».
Hai fatto film impegnati, ma anche la tv ultra-pop della Mediaset berlusconiana. Le due cose sono compatibili?
«Credo che sia giusto occuparsi della Cosa Pubblica in modo popolare. Sogno uno show popolare in cui si possa parlare liberamente di minoranze o di coppie omosessuali».
Gli intellettuali engagée italiani hanno sempre storto il naso di fronte a chi andava a lavorare per le tv del Biscione.
«Per me vale la regola del “purché si faccia”. L’importante è che qualcuno, anche se la pensa diversamente da te, ti lasci esprimere quello che vuoi».
Esprimersi. Donne disperate, prostitute per necessità, badesse. Quale personaggio ti manca e vorresti portare in scena o in un film?
«Re Riccardo nel Riccardo III e Shylock nel Mercante di Venezia».
Entrambi personaggi maschili e shakespeariani. Hai mai interpretato Shakespeare?
«Solo piccolissime parti. Da ragazza ho fatto molti provini per interpretare Giulietta e Ophelia».
Ti sottoponi ancora ai provini per ottenere le parti?
«Ultimamente meno. E poi ormai io, fuuuuuurba, mi sono messa a fare anche la sceneggiatrice. Così mi scrivo i miei personaggi, ahah».
Il primo film che hai sceneggiato?
«Scusate se esisto! Regia di Riccardo Milani».
Che è tuo marito. Mario Monicelli, a Sette, disse che tra i problemi principali del cinema italiano c’è anche l’assenza di coraggio da parte degli sceneggiatori.
«Monicelli, Suso Cecchi D’Amico, Age e Scarpelli… scrivevano film esilaranti che mostravano la miseria del Paese. Erano anche socialmente utili».
Ora di socialmente utile e allo stesso tempo divertente, sugli schermi, grandi e piccoli, si vede poco.
«In realtà qualcosa si muove. Io non amo quelli che hanno una gran voglia di essere élite e si chiudono in linguaggi incomprensibili. Allo stesso tempo non penso che la comicità possa ridursi alla cojonella…».
La cojo… che?
«I film a cojonella: tette, culi e barzellette con trame che non raccontano nulla. Si dovrebbe tornare proprio al modello della commedia all’italiana: intrecciare i registri, come succede nella vita reale. E in realtà qualcuno già lo fa».
Fuori i nomi.
«Paolo Virzì è bravissimo. E poi Pif: con La mafia uccide solo d’estate ha raccontato dei lutti nazionali riuscendo a far sorridere».
Chi è il tuo regista dei sogni?
«Martin Scorsese o Thomas Anderson».
Il tuo primo ruolo? “L’argentina” nella trasmissione Macao?
«No. Biancaneve».
Durante una recita scolastica?
«No, al Castello di Bracciano, sede del Fantastico mondo del fantastico. Stavo sdraiata in una teca di cristallo per sette turni al giorno. I bambini mi chiedevano di svegliarmi, io aspettavo dieci secondi e aprivo gli occhi. Credo di non aver mai preso tanto freddo in vita mia».
La prima volta che ti sei sentita davvero attrice?
«Durante un tour in giro per anfiteatri pugliesi e siciliani. Interpretavo Cenerella in L’Altra Cenerentola».
A cena col nemico?
«Ma perché dovrei andare a cena con un nemico?».
Hai un clan di amici?
«Intendi un clan alla Celentano? E io dovrei essere come Milena Cantù, la ragazza del Clan? Ho amici antichi: quelli con cui scrivo: Massimiliano Bruno e Fulvio Andreotti. Quelli con cui ho cantato…».
Avevi una band?
«Suonavamo nei locali blues di Roma a inizio anni 90».
Il nome del gruppo?
«Te lo devo proprio dire? “I peccati originali”… Ahahah».
Qual è la scelta che ti ha cambiato la vita?
«Andare a studiare con Beatrice Bracco al Teatro Blu».
L’alternativa era…?
«Studiavo lettere. I miei genitori non mi hanno mai ostacolata, ma dicevano “pensa bene a quello che fai”. Se non avessi cominciato a recitare sarei diventata insegnante».
Chi erano i tuoi compagni di studio e di recitazione?
«Claudio Santamaria, Libero De Rienzo… Creammo una piccola compagnia teatrale, si chiamava Compagine. Quando non si recitava, ci si improvvisava tecnici: io mi occupavo soprattutto del montaggio e dello smontaggio delle quinte».
Che cosa guardi in tivvù?
«Le notizie, i telegiornali e poco altro».
Il libro preferito?
«Quando avevo cinque anni mi sono uccisa di Buten Howard che mi piacerebbe fosse ristampato in Italia. E Se questo è un uomo di Primo Levi: me lo regalò uno zio, è un libro che mi ha segnata».
La canzone?
«Angel, angel, down we go together di Morrissey».
Sai quanto costa un pacco di pannolini?
«Nove, dieci euro».
Sai dove si trova il Kurdistan?
«In Medio Oriente, in Siria…».
Non sei su Twitter e non sei su Facebook.
«Già. C’è un tipo di comunicazione rapida che non riesco proprio a sostenere».

Vittorio Zincone
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Categorie : interviste
Commenti
elena 4 Settembre 2016

forse sn un po’ in ritardo,ma dico la mia comunque…
trovo paola cortellesi un’artista completa,intelligente,attenta alla realtà corrente e proiettata verso un futuro di regista.
ora come ora non ha bisogno di nessun regista,è LEI la regista di se stessa!
cordiali saluti

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