Alfredo Robledo (Sette – ottobre 2014)

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(Intervista pubblicata su Sette – Corriere della Sera, il 10 ottobre 2014 – chiusa il 3 ottobre).
Alla fine dell’intervista mi annuncia che farà scolpire su legno una citazione del profeta Amos da appendere al muro. Eccola: «Fate in modo che il diritto scorra come acqua di sorgente e la giustizia come un torrente perenne». Fustigatore di politici concussori e di imprenditori tangentisti, Alfredo Robledo, 64 anni, è procuratore aggiunto di Milano. È il pm che per primo ha indagato sugli illeciti berlusconiani relativi ai diritti tivvù, sugli abusi legati all’operazione Onu “Oil for food” e sui derivati tossici distribuiti dalle banche alle amministrazioni pubbliche.
Lo incontro nel suo ufficio, in Procura. Fuori dalla porta c’è una fila permanente di carabinieri e collaboratori. Da qualche mese in questo palazzo è in corso un confronto molto duro: Robledo ha inoltrato un esposto al Csm in cui denuncia presunte violazioni e interferenze indebite del Procuratore Capo Edmondo Bruti Liberati. Una settimana fa Bruti Liberati ha ridimensionato i suoi incarichi, e, nonostante il curriculum, gli ha tolto la delega per la corruzione e lo ha piazzato in un ufficio dove non si fanno indagini. Chiosa: «Per bon ton preferirei non parlarne».
Nato e cresciuto a Napoli, non nasconde la cadenza partenopea. E nemmeno il fastidio per i tentennamenti del sindaco Luigi De Magistris. Dice: «Si sarebbe dovuto dimettere un secondo dopo la notizia della condanna».
Quando gli do del voi, riferendomi alle beghe tra fazioni della magistratura, mi stoppa: «Ma voi chi? Io non sono iscritto a nessuna corrente. Non ho mai fatto politica e da ragazzo ero allergico pure ai boy scout». Chiude: «La libertà e l’indipendenza si pagano».
Qualche giorno fa, parlando di intercettazioni in tivvù, su La7, Robledo ha detto che è inutile illudersi: le notizie personali, anche se non hanno rilievo penale, continueranno a uscire impunite dalle stanze delle procure e a finire sui giornali. Partiamo da qui.
Dobbiamo rassegnarci a questa sistematica violazione della privacy?
«Nel momento in cui le intercettazioni vengono depositate, diventano pubbliche».
Il responsabile dell’indagine potrebbe fare una cernita tra quelle rilevanti e quelle che servono solo a ledere la privacy.
«Verrebbero alterati i verbali. E non si può fare. Il problema è che siamo un Paese che non considera eticamente rilevante quella pubblicazione».
Vorrebbe censurare i giornali?
«Sono contro ogni censura dall’esterno. Possiamo solo sperare che i giornalisti si diano un codice deontologico e decidano di non pubblicare certe notizie. Nei Paesi anglosassoni funziona così».
È vero che ci sono magistrati che fanno uscire apposta le intercettazioni per anticipare una condanna colpendo mediaticamente gli inquisiti?
«È umano che accada. Ma è una patologia, non la fisiologia. Quando riformi un sistema devi pensare alla fisiologia, non alla patologia».
Che cosa pensa della riforma della Giustizia presentata da Matteo Renzi e da Andrea Orlando?
«È una riforma che non c’è. Non esiste. Prima le posso esprimere una preoccupazione per un pericolo che corriamo?».
Quale pericolo?
«Il tentativo da parte del governo di istituzionalizzare il controllo dell’Esecutivo sulla magistratura».
Come avverrebbe questo controllo?
«Con l’azzeramento dei vertici della magistratura, per decreto. Capi di procure, presidenti di tribunali… A duecentocinquanta persone è appena stato imposto di andare in pensione a 70 anni, invece di 75».
Si chiama prepensionamento.
«Le motivazioni scritte nel decreto sono paradossali: ricambio generazionale in un momento di crisi economica. A tutti gli italiani è stata alzata l’età del pensionamento e ai magistrati, la cui esperienza è un valore oggettivo, la si abbassa? Una roba di una sfacciataggine colossale. Nel 2011 il governo ungherese ha emanato lo stesso provvedimento. Nei mesi successivi è stato dichiarato incostituzionale, la Commissione europea ha aperto una procedura di infrazione e la Corte di Giustizia europea ha bocciato il provvedimento».
Pensi positivo: Renzi vuole svecchiare il mondo della Giustizia dalle incrostazioni della Seconda Repubblica.
«Questo azzeramento, unito all’input del presidente Napolitano a considerare i capi delle procure come dei monarchi che possono decidere le assegnazioni delle indagini senza consultare nessuno, è davvero preoccupante».
Perché lei sostiene che la riforma Orlando non esiste?
«In questo momento ci sono più di cinque milioni di cause civili arretrate. Nella normativa annunciata non ci sono gli strumenti utili per smaltirle».
C’è il taglio delle ferie dei magistrati. Per farvi lavorare di più.
«È un modo per solleticare la pancia degli italiani. Ce le tolgano pure, ma non dicano che le ferie hanno a che fare con la nostra produttività, che è in testa alle classifiche europee».
Renzi vuole accelerare anche sulla responsabilità civile dei magistrati.
«Un altro errore. Si vuole introdurre una norma che renda possibile chiedere ai magistrati dei risarcimenti giganti».
Grandi errori, grandi risarcimenti. Renzi ha detto: «Chi sbaglia, paghi».
«Ci si scorda un principio: il magistrato lavora per la collettività, non per se stesso».
Più impunità per tutti?
«Non lo direi mai. È giusto sanzionare chi fa errori gravi con provvedimenti disciplinari e la norma c’è già. Ma bisogna consentire ai magistrati di indagare liberamente tutelando la loro indipendenza».
Se non è la minaccia di risarcimenti milionari, che cosa può indurre i magistrati a sbagliare meno?
«Basterebbe mettere a capo degli uffici persone meritevoli, che abbiano equilibrio, e non come a volte accade tramite spartizione correntizia. La classe dirigente va scelta con serietà. E questo riguarda anche la politica. Perché non introduciamo la responsabilità civile dei politici?».
In politica gli errori sono più difficili da individuare.
«Nel caso degli esodati gli errori sono stati evidenti e hanno causato problemi economici e di dignità personale».
La selezione della classe politica…
«Basta vedere chi sta mettendo mano alla Costituzione».
Le figure simbolo delle riforme istituzionali sono il ministro Maria Elena Boschi e l’azzurro Denis Verdini. L’opposizione ironizza paragonandoli ai costituenti Calamandrei, Dossetti, Fanfani…
«C’è poco da ironizzare. Non è secondario capire chi si occupa di una riforma così importante».
Maria Elena Boschi…
«Mi pare che abbia poca esperienza. A lei piacerebbe che al posto mio, come procuratore aggiunto di Milano, ci fosse uno studente al secondo anno di Giurisprudenza?».
Uno dei due leader che appoggia queste riforme è Berlusconi, condannato per un reato contro la Pubblica amministrazione.
«È molto poco opportuno. L’ho già detto parlando delle recenti candidature al Csm e alla Consulta: chi aspira a quegli incarichi e a quei ruoli deve esserne degno, attraverso la testimonianza di vita. Queste istituzioni devono essere come la moglie di Cesare, al di sopra di ogni possibile chiacchiericcio».
Berlusconi ha il consenso.
«Ce lo avevano anche Togliatti e De Gasperi. Ma in più avevano preparazione e integrità. Dovremmo aspirare a una classe politica con queste caratteristiche. Come cittadino non mi sento tranquillissimo sapendo che a occuparsi di falso in bilancio in Parlamento c’è proprio Nicolò Ghedini, l’avvocato che difendeva Berlusconi dalle accuse relative a quel reato».
Chi se ne dovrebbe occupare?
«Una commissione indipendente e autonoma, che sappia valutare i reali interessi dello Stato».
Boschi a parte… Come giudica la riforma della legge elettorale e quella del Senato?
«Insieme danno una certezza: un partito con il 35% dei voti avrà la facoltà di eleggere il Presidente della Repubblica».
Troppo potere?
«Sì, anche perché quel Presidente nomina cinque membri della Corte Costituzionale. Altri cinque saranno espressione della stessa maggioranza parlamentare: la Consulta in pratica potrebbe essere nominata dal Governo e allo stesso tempo dovrebbe decidere della costituzionalità delle leggi promosse da quella maggioranza che appoggia il governo».
È il prezzo da pagare per la governabilità.
«Ogni riforma è legittima e, a parte la forma repubblicana, si può cambiare tutto della Costituzione. Ma così saltano i contrappesi istituzionali. E salta l’equilibrio tra i poteri voluto dai Padri costituenti».
Equilibrio. Contrappesi. Oggi sono considerati freni.
«I sistemi politici in cui manca l’equilibrio tra poteri non funzionano: non permettono lo sviluppo della società. Sono utili solo a chi auspica diseguaglianze e profitti per pochi».
La governabilità è un mito turbo-capitalista?
«Non credo sia un caso che circoli un report della banca d’affari JP Morgan in cui si indicano le costituzioni europee come un freno per lo sviluppo. È un documento preoccupante».
Sta dicendo che la riforma di Renzi è targata “multinazionali della finanza”?
«Non mi pare una novità che ci siano gruppi di potere a cui piacciono i Paesi in cui comandano solo due-tre persone».
Gruppi di potere. Il presidente del Senato, Piero Grasso, qualche giorno fa ha detto: «Quali interessi stanno bloccando il mio ddl anti-corruzione?».
«Lo sforzo di Grasso è apprezzabile. Rilevo che fino a oggi non è mai andata in porto una iniziativa davvero convincente contro la corruzione».
C’è un’Autorità creata appositamente contro la corruzione.
«La storia delle Authority in Italia non è stata molto gloriosa».
Renzi ha detto che con Cantone l’Expo è salva.
«Rispetto al compito enorme che gli viene richiesto, in realtà Cantone purtroppo può fare poco, dati i limiti operativi della struttura».
C’è il rischio che all’Expo stiano lavorando aziende che hanno pagato tangenti?
«Il rischio? È sicuro».
Si è detto: fermare l’Expo non è possibile, ci sono in ballo troppi interessi e sarebbe una figuraccia internazionale.
«Evitare figuracce non è il nostro mestiere. Noi dobbiamo essere professionali ed equilibrati, ma quando un atto, una perquisizione o una misura cautelare sono dovuti non ci possiamo fermare. Siamo lì per il controllo della legalità e di fronte a questo non c’è interesse economico che tenga. La divisione dei poteri serve proprio a questo, no?».
Scelga il commensale per una cena: Silvio Berlusconi o Roberto Formigoni, che lei ha indagato più di una volta? 
«Se costretto… Berlusconi».
Qual è la scelta che le ha cambiato la vita?
«Iscrivermi a Giurisprudenza. L’alternativa era Fisica».
L’errore più grande che ha fatto?
«Da giovane avrei dovuto andare a studiare all’estero».
Dov’è il Kurdistan?
«Tra la Siria, la Turchia e l’Iraq».
Che cosa guarda in tv?
«Non guardo la tv».
La canzone preferita?
«Ascolto rock e classica. Spesso consiglio io a mia figlia le cose più attuali».
Il libro?
«Ce ne sono molti che mi hanno aperto la mente».
Un titolo?
«Rub‘ayyãt. Sono quartine scritte da Umar Khayyãm, poeta del XII secolo. “…su passato e futuro non far fondamento, vivi dell’oggi e non perdere al vento la vita”. Una saggezza laica pazzesca. E poi…».
Il film?
«No, un altro libro: Il buio a mezzogiorno di Arthur Koestler e se posso aggiungo la dichiarazione di Martin Lutero alla Dieta di Worms».
Che cosa dice Lutero a Worms?
«Rivendica il primato assoluto della coscienza individuale di fronte al volere dell’Imperatore e del Papa. Un coraggio straordinario. Un momento fondamentale per l’Occidente. Quasi cinquecento anni dopo, nell’Italia cattolica quel primato è ancora lontano».

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Categorie : interviste
Commenti
Diego Bonavina 10 Ottobre 2014

Grande ed impeccabile Magistrato.

Anna Maria 11 Febbraio 2015

Si vergogni chi ha deciso di rimuovere un grande magistrato solo perché ha il coraggio delle proprie opinioni e perché agisce secondo coscienza e non secondo interessi.
Tutti, a prescindere dal ruolo, dovrebbero imparare come ci si comporta nella vita!.

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