Giovanni Toti (Sette – maggio 2014)

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(Intervista pubblicata su Sette – Corriere della Sera, il 9 maggio 2014)
C’è chi è sceso in campo, chi ha rincorso consensi e chi ha scalato vertici. Lui si è affacciato. Dal balcone di una beauty farm, in tuta bianca, accanto a Silvio Berlusconi. E in quel momento ha ricevuto la sua pubblica investitura. Giovanni Toti, 45 anni, ha trascorso quasi venti anni nella galassia Mediaset fino a diventare bi-direttore di telegiornale: contemporaneamente di Studio Aperto e del Tg4. Ora è capolista di Forza Italia nel Nord-Ovest alle Europee ed è consigliere politico di Berlusconi. Faccia affidabile, modi affabili, eloquio scorrevole.
Lo incontro nella nuova sede milanese del partito: scatoloni nei corridoi e militanti agitati. Sorride alle critiche più ruvide, lasciando intendere che i suoi detrattori lo sottovalutano. Gli ricordo che qualcuno ha raccontato ai quotidiani di aver sentito dire a Fedele Confalonieri che «Toti non ha il physique du rôle del leader». Replica: «È un de relato un po’ malizioso. Ma non mi offendo se qualcuno non mi considera Helmut Kohl». Gli faccio notare che Denis Verdini lo avrebbe definito “babbeo” e lui comincia a srotolare le doti dello stesso Verdini. Quando gli leggo Maria Novella Oppo che lo sfotte chiamandolo “la stampella di Berlusconi”, rilancia citando Striscia la notizia che lo ha paragonato al ratto Sid del cartone Giù per il tubo: «Ho chiamato Antonio Ricci per dirgli che mi sono divertito».
È un prototipo del neo-berlusconismo fiero. E ha una spudoratezza molto disinvolta nel raccontare la versione azzurra dei fatti. A un certo punto parliamo della perdita di voti degli ultimi anni da parte di Forza Italia. Toti elenca le ragioni dell’emorragia: gli scandali delle giunte regionali, le scissioni… Lo interrompo: «Ci sarebbe anche la condanna di Silvio Berlusconi per frode fiscale». E lui: «Le vicende giudiziarie di Berlusconi sono un elemento di coagulo per i nostri».
Berlusconi ha detto che alle Europee otterrete il 25%.
«Me lo auguro. Lui ha sempre detto che bisogna fare come a scuola: puntare al 10 per ottenere l’8».
Già, ma Forza Italia fibrilla. Se ne è andato persino Paolo Bonaiuti, uno degli strafedeli.
«Berlusconi dopo la sentenza voleva cambiare marcia. Bonaiuti ha sbagliato umanamente e politicamente. Non è più un ragazzino. Anche se non si sentiva valorizzato dalla persona che gli ha regalato onori e fortune, non doveva traslocare».
Sandro Bondi, altro ex devoto, in pratica ha scritto che Forza Italia ha fallito e che Berlusconi dovrebbe sostenere Renzi.
«Disdicevole. Una mancanza di rispetto incredibile nei confronti del suo leader e di tutti i volontari che stanno montando gazebo e distribuendo volantini in tutta Italia».
Bondi fa un ragionamento simile a quello che ha fatto lei con Gelmini nel celebre fuori onda in cui parlava dell’abbraccio mortale di Renzi.
«Bondi ha portato il ragionamento del mio fuori onda a una conclusione sbagliata: arrendersi. Io ponevo e pongo un problema: il nostro rapporto “riformista” con Renzi può fare bene al Paese, ma non è detto che giovi al partito».
Berlusconi non considera il premier un avversario.
«Renzi dal punto di vista culturale e politico è da Ppe».
Lei però qualche mese fa lo definì “cinico, opportunista e senza contenuti”.
«Credo che non abbia sciolto ancora alcune ambiguità».
Quali?
«Su certi temi ha fatto fare al Pd dei passi avanti. Ma sulla giustizia e sul lavoro il Pd ha fatto fare a lui dei passi indietro».
Perché oggi un ventenne dovrebbe votare voi e non Renzi?
«Perché siamo noi quelli col Dna liberale che vogliono sburocratizzare il Paese e modernizzare il mercato del lavoro».
Per sconfiggere Renzi e Grillo alle prossime Politiche ricostituirete il centrodestra con Ncd?
«Le classi dirigenti ormai sono splittate, divise. E io considero paradossale che Cicchitto, Formigoni e Schifani, attivi in politica quando ero al liceo, pretendano di essere il Nuovo Centro Destra nella Terza Repubblica. Ma probabilmente ci alleeremo. Anche con Fratelli d’Italia e con la Lega. E con Casini, perché no?».
Come, “Perché no?”. Berlusconi ha detto più volte che è colpa di quelli come Casini se lui non ha fatto le riforme.
«In parte c’è un’incongruenza, certo. Ma preferisco vincere con una coalizione ampia che vedere i moderati sconfitti».
Berlusconi è circondato da un cerchio magico che lo rende inaccessibile alla vecchia guardia di Forza Italia. Nel cerchio ci sarebbero: lei, Deborah Bergamini, Francesca Pascale e Maria Rosaria Rossi.
«Ma quale cerchio!».
Il fatto che Francesca Pascale sia intervenuta nelle vicende interne a Forza Italia ha fatto storcere molti nasi.
«Polemiche pretestuose. Francesca ha passione per la politica ed è un consigliere molto ascoltato da Berlusconi».
Toti, lei ha ricevuto attacchi più o meno ironici anche da Emilio Fede e Vittorio Feltri…
«Forse perché incarno la volontà di Berlusconi di cambiare un’epoca. A un certo punto il presidente ha capito che la politica italiana era mutata, che Renzi aveva rinnovato davvero il partito e che Grillo stava facendo lo sfascia-carrozze. Quindi ha pensato che si doveva sterzare».
E ha chiamato lei.
«È stato naturale scegliere tra le persone del suo mondo. Quest’estate quando è arrivata la sentenza di condanna, io ero a Milano. L’ho chiamato per proporgli un’intervista e lui mi ha chiesto di andare a cena ad Arcore per parlarne. Poi ha cominciato a chiedermi che cosa pensavo del rinnovamento di Forza Italia. Immagino che lo abbia fatto con più direttori. E infine mi ha chiesto se ero disponibile».
Ha accettato subito?
«Ne ho parlato un po’ con mia moglie».
Siria Magri, vicedirettore di Videonews.
«All’inizio lei era perplessa. In realtà la comunicazione ufficiale gliel’ha data lo stesso Berlusconi».
Quando?
«A gennaio. Eravamo a cena ad Arcore, per vedere una partita del Milan. Berlusconi a un certo punto ha detto: “Ci ho pensato bene. Tu saresti adatto”».
Ogni quanto sente Berlusconi?
«Tre o quattro volte al giorno».
Ha avuto modo di visitare tutte le sue case?
«Ma no, ci vorrebbero un po’ di giorni di ferie per fare il tour. Da gennaio ho un piccolo ufficio ad Arcore. E Palazzo Grazioli, a Roma, non la si può nemmeno definire una casa: nei corridoi è un viavai continuo di segretarie e collaboratori. Ci puoi incontrare Toti, Dudù…».
Accostare il proprio nome a quello di Dudù equivale ad attirare su di sé gag e sfottò.
«Io e Dudù andiamo d’accordissimo. Mentre aspetto il presidente giochiamo insieme».
Lei e Dudù…
«Sì. Giochiamo con una palla rivestita col copri-pallone che Razzi ha regalato a Berlusconi con la scritta/tormentone: “Te lo dico da amico: fatti li cazzi tuoi”. Dudù colpisce di testa da grande bomber. Io crosso e lui incorna».
Quando ha conosciuto Berlusconi?
«Da cronista alla fine degli anni Novanta. Nel 2000 ero imbarcato sulla nave da crociera Azzurra Libertà, per le Europee. Lì ebbi modo di parlarci un po’ di più e gli chiesi di fare una dedica per mia madre sul libro L’Italia che ho in mente».
Sua madre conserva ancora quel libro?
«Si è perso durante un trasloco. Qualche settimana fa ho chiesto al presidente di rifare la stessa dedica su una nuova copia».
Dopo la crociera?
«Ho continuato a fare il giornalista. Ho incontrato Berlusconi un po’ più spesso quando ero vicedirettore della Comunicazione Mediaset».
Faceva da collegamento tra i direttori dei Tg e Palazzo Chigi. È vero?
«No. Questo lo ha scritto Mentana in un libro. In realtà mi occupavo dei rapporti istituzionali».
Spesso al fianco di Fedele Confalonieri: la leggenda narra di straordinarie trasferte culinarie.
«I titolari del tavolo milanese sono: Confalonieri, Mauro Crippa, Paolo Liguori e a volte Mario Giordano. Quando ero in trasferta con Confalonieri per qualche convention, invece, improvvisavamo deviazioni gourmet in tutta Italia».
È vero che vi sfidate a chi abbina meglio i vini ai piatti?
«È un gioco che facciamo spesso».
Quando ha cominciato a occuparsi di politica?
«Mio padre era socialista. Da ragazzo ero di sinistra moderata. A diciotto anni, poi, mi sono iscritto nei giovani del Psi».
Chi era il suo leader di riferimento?
«Ero martelliano. E sostanzialmente craxiano».
Adolescente anni Ottanta: paninaro o dark?
«Moderatamente paninaro. E moderatamente appassionato dei gruppi del momento: Duran Duran, gli Spandau Ballet».
Università?
«Un anno e mezzo di Giurisprudenza a Pisa. Poi Scienze politiche a Milano. Mi manca ancora un esame».
La Milano anni Ottanta.
«Molti criticano quel periodo. Io credo che il riflusso, l’individualismo e il disimpegno siano stati fattori positivi. Lo yuppismo rappresenta la voglia di crescere, la competitività aziendale, il merito. E la tanto deprecata assenza di valori… fu un valore. Venivamo dagli anni Settanta, un decennio di valori non positivi».
Lei era socialista quando i giornali e le tv di Berlusconi cavalcavano Tangentopoli e bastonavano i politici.
«Fu un periodo di grande confusione. Ero spettatore neutrale».
Quando è diventato giornalista?
«Nel 1996. Il padre della mia fidanzata era dirigente Mediaset. Un giorno mi chiese se volevo conoscere Paolo Liguori, che allora dirigeva Studio Aperto. Andai a Cologno Monzese e mi venne proposto uno stage».
Le prime mansioni?
«Mi occupavo soprattutto della rubrica Fatti e Misfatti. Da craxiano ero entusiasta del revisionismo anti-giustizialista di Liguori».
È vero che Liguori la punì perché durante una “esterna” andò in onda con gli occhiali da sole?
«Mi tenne confinato in redazione per un mese a compilare notiziette. Liguori è garantista e libertario, ma sui costumi era un po’ moralista. Eheh».
In 16 anni lei è riuscito a conquistare una doppia direzione di tg. Ha mai avuto proposte da altre tv?
«No. Non credo di essere mai stato preso in considerazione. Sono un uomo Mediaset».
Sposato con una donna Mediaset. Non ha figli. Per scelta?
«Una scelta non particolarmente meditata. Sia io sia Siria negli ultimi anni siamo stati travolti dal lavoro».
La leggenda vuole che quando lei era stagista Siria, già inviata, la bacchettasse per gli errori nei servizi.
«Siria è una professionista molto attenta. Anche ora che faccio politica ogni tanto mi stronca: “Lo sfondo di quell’intervista non era buono… L’intervento nel talkshow poteva essere più incisivo…”».
A cena col nemico?
«Massimo D’Alema. Ne ha ancora tante da raccontare».
Lei ha un clan di amici?
«Il più antico è Pierpaolo, avvocato. Eravamo insieme al liceo. È il mio mandatario elettorale».
Qual è l’errore più grande che ha fatto?
«Non credo di aver mai fatto grandi errori».
Pensavo che mi dicesse La guerra dei vent’anni, la docu innocentista sui processi di Berlusconi. Un flop.
«La rifarei tale e quale».
Perché non ha mai condotto il tg? Emozione? Paura?
«No, banale disinteresse».
Che cosa guarda in tv?
«News. Non amo gli show di intrattenimento».
Il film preferito?
«Il primo Guerre Stellari».
La canzone?
«Non saprei. La musica non mi interessa molto. Mettiamo What a wonderful world di Louis Armstrong».
Il libro?
«Devo dire una cosa figa tipo Il secolo breve di Hobsbawm?».
Dica quello che le pare.
«Il padrino di Mario Puzo. Molto meglio del film».
Conosce l’articolo 3 della Costituzione?
«No».
È quello per cui siamo tutti uguali di fronte alla legge.
«L’ha scelto apposta, eh. Ma è falso: Berlusconi è un po’ meno uguale e un po’ più perseguitato».

Vittorio Zincone
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Categorie : interviste
Commenti
giusy 26 Maggio 2015

tutto sommato, Toti è più berlusconiano dello stesso Berlusconi, non per tornaconto ma per natura

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