Nichi Vendola (Sette – settembre 2012)

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Alla fine dell’intervista parte l’ultima invettiva. Vendola si alza e comincia a declamare cifre, progetti, leggi, istituti salvati e bond rinegoziati. Poi si risiede. Sospira: «Di queste cose non ne parla nessuno. Sennò esce fuori che il poeta sa anche governare». Nichi Vendola, 54 anni, è funambolo della parola. È al suo secondo mandato come governatore pugliese e sta per sfidare Bersani, Renzi e Tabacci nella gara per la leadership del centrosinistra. È un comunicatore rocambolesco: comincia a parlarti di welfare e in due minuti ti ritrovi a Itaca, l’isola miraggio. Claudio Cerasa, per questo, gli ha dedicato una rubrica sul Foglio: “Nichi, ma che stai a di’?”. Checco Zalone lo ha amabilmente imitato e sfottuto in uno sketch esilarante. Fieramente radicato nella storia del Pci, militante da quarant’anni, è lontano chilometri di cravatte dall’immagine tradizionale del funzionario di partito: un paio di anni fa Giovanni Valentini su Repubblica gli suggerì di togliersi l’orecchino per darsi un tono governativo.
Con le ultime rivelazioni sulla volontà di sposarsi con il compagno Eddy ha fatto imbufalire molti cattolici. E con la foto in compagnia di Diliberto, Ferrero e Di Pietro, durante la presentazione del referendum per abrogare la legge Fornero sul mercato del lavoro e sull’articolo 18, ha messo in allarme tutto il Pd.
Vendola, facciamo un’ipotesi.
«Sono pronto».
Lei vince le primarie e poi vince le elezioni. A Palazzo Chigi…
«Metterei subito mano alla riforma Fornero sul mercato del lavoro: è uno sfregio alla nostra storia. Il valore sociale del lavoro deve tornare al centro del palcoscenico europeo».
Introdurrebbe anche una tassazione del 75% per i grandi capitali, come il francese Hollande?
«Non capisco lo stupore quando viene simulata una simile ipotesi».
In Francia dopo l’annuncio (smentito) da parte del miliardario Bernard Arnault di volersi trasferire in Belgio per evitare la stangata hollandiana, Libération ha titolato: “Casse-toi riche con”, ovvero “Vattene, ricco coglione”.
«In Italia non soltanto il proletariato urbano rasenta la disperazione, ma i ceti medi smottano socialmente verso una geografia della precarietà. È insostenibile continuare a produrre prelievo su chi oggi stenta a vivere».
E quindi?
«Non mi pare scandaloso simulare tasse alte sulla ricchezza o un prelievo pesante su Montezemolo».
Quindi lavorerebbe anche lei a una tassazione in stile Hollande?
«Assolutamente sì».
Farebbe una battaglia anche per introdurre la Tobin Tax, la tassa sulle transazioni finanziarie?
«Certo. Dobbiamo capovolgere il paradigma per cui è contro natura e tecnicamente impossibile applicare il rigore su chi abita il vertice della piramide sociale, mentre è facilissimo colpire in basso. Questa non è tecnica».
Che cosa è?
«È una scelta politica».
Stiamo parlando di Monti, vero?
«Far apparire scelte di destra come naturali, oggettive, ineludibili è un modo per cercare di disinnescare il conflitto che può nascere».
Monti ha detto di essere consapevole di aver acuito la recessione, ma lo ha fatto proprio per facilitare lo sviluppo futuro.
«Monti è uno strano caso di interlocutore impossibile. Dire che il peggio di oggi serve al meglio di domani è uno slogan. Lui è il più sfuggente, il più pubblicitario, il più propagandistico dei politici».
È un tecnico amatissimo.
«Il fatto che i tecnici non sappiano usare nemmeno il pallottoliere per capire l’entità dell’errore commesso con gli esodati è indice di sciatteria tecnica».
Ma lei tutte queste cose le ha dette a Bersani? Il Pd ha votato tutto Monti, minuto per minuto.
«Il Pd ha scelto di favorire la discontinuità con Berlusconi, il premier che aveva occultato la crisi. Hanno aderito a una lettura emergenziale: volevano spegnere il burlesque… e hanno acceso la quaresima liberista».
Sempre nel Pd, molti vorrebbero che quella quaresima continuasse.
«Sarebbe da irresponsabili. Io non sono contro il rigore. Ma quello di Monti è un rigore classista».
Bersani ha detto che tra lei e Casini sceglie lei. Ma su Monti…
«Siccome non parliamo di relazioni amicali, ma politiche, mi pare chiaro che scegliere me vuol dire mettere in archivio l’agenda Monti. Accelerare sui diritti sociali e sulle libertà. Bersani lo sa bene».
Le libertà e i diritti. Negli Usa, il candidato mormone alla presidenza Mitt Romney è favorevole alle adozioni da parte di coppie omosessuali.
«Lo sono anch’io».
Troverà qualche resistenza tra i suoi alleati del Pd.
«Su questi temi la politica italiana è più arretrata dei cittadini: ha vissuto una condizione di soggezione insopportabile nei confronti delle gerarchie ecclesiastiche».
Anche lei però, da cattolico, non ha mai parlato volentieri di matrimonio. Ora, invece, ha annunciato di volere confetti e fiori d’arancio.
«Dentro di me si è rotto qualcosa. Ho deciso di dire basta ai diritti dimezzati. Voglio diritti interi. Per tutti. Quelli come Casini hanno bloccato l’Italia e in questa paralisi dei diritti si sono consumate vite umane».
Mi pare di capire che lei non prevede un’alleanza post elettorale con Casini.
«La escludo: pre, durante e post».
I cattolici democratici Bindi e Fioroni…
«Senta, l’idea che la politica sia il colloquio tra gli eletti mi fa venire la claustrofobia. La politica è una relazione con le domande della vita, con i movimenti della società».
Movimenti. Che cosa pensa di quello di Grillo? Il comico è un fascista del web, come ha lasciato intendere Bersani?
«Grillo ha capito il potenziale del web, ma non condivido l’idea che ne ha: mitizzante. E poi non amo le sue battutacce goliardiche con retrogusto un po’ razzista».
Renzi dice che per depotenziare Grillo basta dimezzare i parlamentari e abolire i vitalizi.
«Si deve intervenire sui privilegi, ma vorrei che fosse chiara una cosa: la casta non è la politica. È molto più casta la grande ricchezza, la rendita finanziaria e anche un sistema di imprese che ha sempre chiesto mani libere, disinteressandosi dell’inquinamento e della vulnerabilità del corpo del Paese».
Renzi chiede un ricambio generazionale.
«Un ricambio delle classi dirigenti è necessario. Ma oggi ai giovani non serve che qualche eletto scali le vette del potere. Per loro sarebbe meglio piegare le sbarre della gabbia in cui sono imprigionati dalle politiche liberiste degli ultimi anni. Renzi, da questo punto di vista, è più un secondino che un liberatore».
Renzi ha scelto la parola d’ordine per le sue primarie: “Adesso”.
«Il carpe diem, l’enfasi dell’eterno presente. La spettacolarizzazione di un’idea vaga di cambiamento».
È chiaro: non ama Renzi.
«Uno che tra Marchionne e la Cgil sceglie Marchionne, ha definito il suo programma economico e sociale».
Già, ma Renzi gareggia con lei. Siete dalla stessa parte. Lei lo definirebbe di sinistra?
«Milita nel campo delle culture liberiste e questo non lo rende estraneo al centro-sinistra di Tony Blair. Ma insomma, il modello Blair poi ha portato tutta l’Europa a destra. Detto ciò io governo una grande Regione del Sud con una coalizione larga. Vorrei chiudere con la teoria delle due sinistre e aprire una discussione nel centro-sinistra sui dilemmi del presente».
Mentre lei discute, si avvicinano le primarie.
«Parteciperò. E rischio di vincerle».
Teme Tabacci?
«Maddaiii».
Pare che i leader del centro-sinistra abbiano cominciato il toto-poltrone. Ha letto che ci sarebbe già uno schema pronto? Veltroni presidente della Camera, Bindi vicepremier, D’Alema agli Esteri…
«Questo è un gioco fatuo, che accentua l’immagine di una politica chiusa. Un sentimento di decenza sconsiglierebbe agli attori che ha nominato di partecipare a questo tipo di autopromozione. Ripeto: confrontiamoci sui grandi temi, sulle imprese del futuro… In Puglia ho creato un gruppo pazzesco che si occupa di start-up».
Anche Corrado Passera ha creato un gruppo per curare le start-up.
«A chi pensa che si sia ispirato?».
A cena col nemico?
«Diciamo Cassano».
Il calciatore. Perché nemico?
«Fece una battuta infelice sugli omosessuali. Ma lo apprezzo come attaccante».
Ha un clan di amici?
«Vito, rappresentante di profumi, licenziato. Adele, insegnante, precaria. Annagrazia, avvocatessa».
Qual è la scelta che le ha cambiato la vita?
«Iscrivermi ai giovani comunisti nel 1972. La politica è la mia vita, non un mestiere e non un hobby. La politica è la passione che mi ha portato in terre martoriate. La politica mi ha spinto a non aver paura delle colonne d’Ercole. La politica mi ha dato la forza di guardarmi allo specchio e di nominarmi alla luce del sole per quello che ero».
Suggerirebbe a un giovane di far politica?
«Per quanto la scena sia deludente e gli attori a volte pacchiani, sì. La politica per chi è credente è la forma più alta di amore verso la propria comunità. Per chi vuole cambiare il mondo è il massimo».
L’errore più grande che ha fatto?
«Pensare che la complessità del mondo fosse un’invenzione del maligno. E che il cambiamento fosse un proclama. Stando nelle istituzioni e governando ho capito che non è così».
Credevo mi dicesse: «Far cadere il governo Prodi, nel 1998».
«La caduta di Prodi è stata la fotografia di un limite storico di tutti gli attori in commedia. E in ogni caso, aver immaginato allora una patrimoniale, oggi acquisisce un carattere non dico profetico, ma di lungimiranza».
Che cosa guarda in tv?
«Poco o niente. Mi piacciono alcune serie americane».
Il film preferito?
«Che cosa sono le nuvole di Pier Paolo Pasolini».
Il libro?
«Ce ne è uno che quando l’ho cominciato non mi sono più fermato: Memorie di Adriano di Marguerite Yourcenar. Il finale è straordinario: “Cerchiamo di entrare nella morte a occhi aperti”».
La canzone?
«Col tempo, di Léo Ferré».
È vero che lei ha scritto i testi di una canzone dei 99 Posse?
«I 99 Posse mi hanno chiesto di usare il testo di una mia poesia, Lamento in morte di Carlo Giuliani, per una loro canzone. Cerco di tenere sempre un piede fuori dalla politica. Ho appena interpretato una piccola parte in un cortometraggio di Pippo Mezzapesa».
Sa quanto costa un litro di benzina?
«Oh no, i quiz no».
Provi.
«Più di due euro? Si è appena gridato allo scandalo».
Conosce i confini della Siria?
«Ahi. Mi devo concentrare».
Forza.
«Turchia? Giordania? Non sono sicurissimo dell’Iraq».
Conosce l’articolo 21 della Costituzione?
«È quello sulla libertà di informazione».
Alla Costituzione manca qualche articolo?
«Di sicuro ne ha uno di troppo».
Quale?
«Quello appena introdotto sul pareggio di bilancio: il keynesismo espulso per via costituzionale. Una follia».

Vittorio Zincone
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