Geppi Cucciari (Sette – Ottobre 2011)

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Geppi Cucciari, 38 anni, comica e conduttrice tv, ha una capacità innata di sbertucciare debolezze e storture del cosiddetto sesso forte. Quando faceva parte della squadra di Zelig era la fustigatrice madre della mascolinità. Scatenata: «Donne, quelli che voi chiamate uomini, spesso sono solo bambini alti». Oppure: «Tranquille, se saprete aspettare, arriverà un uomo da favola. Il principe azzurro? No, Pinocchio». E ancora: «Maschi, ricordatevi che nella corsa della vita, se sentirete una donna bussare sulla spalla, non sarà perché è rimasta indietro, ma perché vi ha doppiati». Ora Geppi, dopo qualche anno come sondaggista surreale al fianco di Victoria Cabello, conduce G’ Day, su La7. Ha abbandonato la specializzazione anti-maschio, ma non la capacità di rosolare gli uomini sul fuoco astuto delle sue battute.
È stato Enrico Mentana a volerla in onda subito prima delle news delle 20. Geppi, ex pivot del Cagliari, in Serie A2 di basket («Compensavo la statura con stazza e gomitate»), fatica un po’ a trovare spazio sotto il canestro degli ascolti pre-serali, schiacciata tra Carlo Conti e Paolo Bonolis, watussi della tv pop. In compenso Aldo Grasso, critico del Corriere, l’ha celebrata come una delle poche novità nello «stantio panorama televisivo».
La incontro nello studio milanese da cui trasmette in diretta. Tacchi trampolati e vestito blu. I suoi autori, tutti maschi, si muovono intorno a lei come formiche: issano cartelli, sollecitano il movimento del “gobbo”… Gli ospiti (poveri!) sono incastonati virtualmente in un frigorifero e lei li cuoce con quiz spiazzanti e con domande a cui si può rispondere al massimo con una smorfia di rassegnazione. Un esempio? Geppi qualche giorno fa ha presentato il parlamentare “responsabile” Domenico Scilipoti, come «l’uomo che ha cambiato il destino del Paese, ma ancora non se ne è reso conto». E Scilipoti come ha reagito? Un sorriso congelato e via.
Donne che congelano gli uomini. Qual è la caratteristica più ridicola di un uomo?
«L’assenza quasi totale di poliedricità. Gli chiedi di cercare un qualsiasi oggetto in casa mentre ascoltano la radio, e devono abbassare il volume per sentire, e quindi capire, la domanda. Come se stessero dirigendo la filarmonica e non potessero fare altro».
La caratteristica più insopportabile?
«La mancanza di attenzione a certi particolari».
Fammi tre nomi di uomini che ti divertono.
«Bonolis, Fiorello, Benigni… per il suo Johnny Stecchino sono andata al cinema quattro giorni di seguito. E poi l’ultrascorretto comico inglese Ricky Gervais».
Chi vorresti avere nel tuo “frigo tv”?
«Padre Georg, l’assistente di Benedetto XVI. E Berlusconi».
A Berlusconi che cosa chiederesti?
«Che effetto gli ha fatto sentire l’intercettazione in cui Fede e Mora parlano di impicci a sue spese».
A Bersani?
«Gli urlerei: l’alternativa al disordine non è la mestizia. Si può fare opposizione con ilarità. Animo, Pier Luigi, animo».
Chi è l’ospite che se l’è cavata meglio nel frigo?
«Con Renato Mannheimer mi sono divertita molto».
Donne in tv. Le più autorevoli?
«Maria De Filippi e Milena Gabanelli».
Il diavolo e l’acqua santa. Tu quando hai pensato per la prima volta di fare spettacolo?
«Da bambina volevo fare l’attrice».
Avevi qualche artista in famiglia?
«Mio padre è imprenditore, mia madre insegnante di educazione fisica».
Miti giovanili?
«Bud Spencer e Terence Hill. Jerry Lewis e Dean Martin».
Eri adolescente negli anni Ottanta.
«Ho l’anima anni Ottanta».
Dimostramelo.
«Ho il cofanetto gold di Dirty dancing, 1987. Patrick Swayze era il mio mito, The time of my life è stata per molto tempo la canzone che chiudeva il mio spettacolo e… Nessuno può mettere Geppi in un angolo».
La tua prima volta su un palco?
«Al liceo. Recita di fine anno: Ma non è una cosa seria di Luigi Pirandello».
Dopo la scuola?
«Volevo iscrivermi all’Accademia di arte drammatica. Mio padre mi bloccò: “Prima ti laurei e poi vediamo”. Mi misi a studiare. Quando mancavano otto esami alla laurea in Legge, però, dissi ai miei che mi trasferivo a Milano per finire l’Università. Ci cascarono. In realtà era un pretesto per cominciare a fare cabaret. L’Università l’ho finita, eh. Un po’ subdola, ma di parola».
L’esordio?
«Allo Scaldasole. La mia gavetta l’ho fatta tutta lì. Al primo spettacolo venne a vedermi Lucio Wilson, l’autore sardo di Zelig. Cominciammo subito a collaborare».
Il tuo primo sketch?
«Facevo la sarda Jennifer Badora Moritu Conchedda, in arte Jennifer Mordizzosu Bellu Friscu. Poi ho capito che interpretare un personaggio era una scorciatoia, e così ho scelto di fare la monologhista».
Scorciatoie…
«Non ho mai usato i tormentoni né le parolacce. In generale evito le scorciatoie».
Ti si avvicina Tarantini per invitarti a una festa di Berlusconi.
«Qualcuna ha detto che chiunque ci andrebbe di corsa. Anche io correrei, ma nella direzione opposta alla villa berlusconiana».
La prima volta a “Zelig”?
«All’inizio dei 2000, credo. Allora cominciai pure a lavorare con Radio DeeJay, grazie a La Pina. Mi aveva invitato una volta a una sua trasmissione e da lì nacque la collaborazione. Lei chiudeva il suo radioshow con una mia battuta».
Quale?
«Se sei in un tunnel, non uscirne, arredalo».
È vero che hai litigato con gli autori di “Zelig”?
«No. Sono molto grata a Gino&Michele e a tutti gli altri. Ho litigato con l’immagine che mi si stava appiccicando addosso dopo quattro anni su quel palco».
Quale immagine?
«La perenne arrabbiata, un po’ sfigata. Una Bridget Jones incattivita. Io non sono tutto quello che faccio».
Come molti altri comici di “Zelig” hai scritto un libro.
«In realtà due. Ma non ho fatto la raccolta dei miei pezzi comici. Sono romanzi».
Ti hanno chiamata anche per fare cinema.
«Una parte nel film Grande, grosso e Verdone».
Hai ricevuto molte altre offerte?
«Ho rifiutato il film di Natale e alcune produzioni con altri attori comici».
Il cinema italiano campa grazie agli incassi dei film coi comici che vengono dalla tv.
«E pensa che invece ci sono attori drammatici che sarebbero dei comici perfetti. Ci vorrei lavorare».
Un esempio?
«Pierfrancesco Favino e Giuseppe Battiston».
Tu che film vorresti fare?
«Qualcosa che ti lasci un sorriso amarognolo».
Chi è il top nel tuo mestiere?
«Sarò banale: David Letterman. È un maestro nell’interazione con gli ospiti. Anche se le gag sono studiatissime, sembrano naturali. Certo, in America gli ospiti…».
Sono meglio che in Italia?
«Qualche giorno fa da Letterman si è materializzato per qualche secondo Tom Hanks. Ha finto di essere un ospite di riserva e se ne è andato. Tom Hanks… capito? Lì, comici e monologhisti hanno molta credibilità».
I tuoi monologhisti americani preferiti?
«Chris Rock, Ellen DeGeneres… Gli stand up, le performance soliste dei comici, in America hanno un seguito pazzesco. Riempiono i teatri».
Daniele Luttazzi è stato beccato a scopiazzare alcune battute di questi monologhisti americani… Lui ha detto che erano omaggi e citazioni…
«Quando ho letto la notizia ci sono rimasta male. Empaticamente male».
Tu hai mai attinto al repertorio di qualche collega?
«Mai. Anche perché le battute si vendicano. Se le sposti di contesto alla fine non funzionano più».
Ti è mai capitata una serata in cui gli spettatori non ridevano?
«Mi sono capitate molte serate in cui mi sarei potuta pure dar fuoco sul palco ma non se ne sarebbe accorto nessuno. È l’effetto pizzeria. Ti ignorano. Non seguono quel che dici. Comunque serve tutto. È facendo la gavetta dal vivo che impari i tempi, il ritmo. Respiri quando c’è la risata e poi ricominci. Spesso è proprio il pubblico a darti il ritmo. È per questo che odio le risate finte».
Al “G’ Day” ogni tanto si sentono risate preregistrate.
«Le odio. Qualche volta sembra il Drive In. Pensa che quando sono in diretta io vorrei far divertire soprattutto quelli che hanno lavorato alla puntata».
Tv&Potere. Ti senti libera a La7?
«Sono ottimamente libera, completamente libera… Scegli tu l’avverbio».
A cena col nemico?
«Posso dire il colesterolo?».
No.
«Allora… Daniela Santanchè. Qualche giorno fa ha detto che le mie scollature sono troppo audaci. No, dico, la Santanchè…».
Hai un clan di amici?
«Le tre storiche: Gabriella che è anche mia cugina, Lucia e Stefania. Da venti anni alla festa per il mio compleanno ci sono sempre le stesse persone. La famiglia, i miei fratelli Paolo e Marcello… Il mio hobby è la mia vita privata: la normalità».
È un modo per dire che il successo non ti ha dato alla testa?
«Io ho cominciato a fare tv a 30 anni. Se a 30 anni perdi la testa per un po’ di successo, vuol dire che la testa non ce l’hai mai avuta».
Qual è l’errore più grande che hai fatto?
«Aver dedicato del tempo a una persona qui a Milano pur di tenere fede a un impegno lavorativo e umano, mentre volevo solo stare a casa mia. Sono stati pochi giorni, li rimpiango tutti».
Che cosa guardi in tv?
«Tutto. Chi vuole far tv deve essere onnivoro. Guardo anche trasmissioni che non condurrei mai, come Io canto o i reality… In realtà un reality lo condurrei: un’isola/redazione con giornalisti famosi».
A chi toglieresti l’audio?
«Agli opinionisti senza opinioni. Perché devo accendere la tv e sentire un ex partecipante di un Grande Fratello di otto anni fa? Meglio il mio panettiere allora».
Il film preferito?
«Le vite degli altri di Florian Henckel von Donnersmarck. Ma con le amiche organizzo soprattutto serate horror. Solo due cose interrompono i pensieri nefasti: la paura e le risate. Anche per questo faccio la comica».
Il libro?
«È il momento in cui lo leggi che fa la differenza per un libro. Quindi scelgo Il diario di Anna Frank, che mia madre mi ha regalato quando ho compiuto l’età che Anna Frank aveva al momento della deportazione. E poi Il gabbiano Jonathan Livingston. Mi è rimasta l’idea che diverso non vuol dire sbagliato».
La canzone?
«Tutti gli Abba. Ora ascolto molto Always on my mind di Elvis Presley».
Sai quanto costa un litro di latte?
«Un euro e quaranta».
L’articolo 21 della Costituzione?
«È quello sulla libertà di espressione».
Twitter?
«Ti saluta».
Lo usi?
«No».
I confini di Israele?
«Il Libano… Il mare, che è come il nero, sta bene con tutto».
E poi?
«Passiamo alla domanda a piacere?».
Vuoi un aiutino?
«No, l’aiutino mai. Mi ero preparata sull’Afghanistan. Ti dico con che cosa confina l’Umbria?».
Troppo facile.
«Beh, grazie per questa bella sensazione che mi stai facendo vivere. Non la provavo dall’ultimo esame all’università».

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Categorie : interviste
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