Giorgio Forattini (Sette – marzo 2011)
1 commentoPer decenni ha esercitato la sua matita sui vizi della nostra politica. Ricordate? Fanfani “stappato” dopo la sconfitta Dc al referendum sul divorzio nel 1974. Craxi perennemente mussolinato. Andreotti con gobbe assortite. La sconfitta elettorale dei repubblicani riassunta nell’immagine di Spadolini che molla un minipeto: “Pr”. E l’orgia di leader nudi per immortalare il groviglio di interessi di Tangentopoli. Su Paese Sera, su Panorama, su La Repubblica, su l’Espresso, su La Stampa.
Giorgio Forattini compie ottant’anni. È il disegnatore satirico più premiato d’Italia. Lo incontro nella sua casa milanese dalle parti di Porta Venezia. Chioma d’argento e look vellutato.
In questo momento Forattini non collabora con quotidiani e settimanali, ma continua a disegnare ogni giorno. «Pubblico il mio lavoro su Internet». Quando gli chiedo perché lo faccia, mi guarda un po’ stupito: «Per i lettori. E per il prossimo libro Mondadori». Mi mostra le ultime tavole: sono feroci coi giudici e durissime con i politici ex Pci. Commento: «È normale che lei sia poco amato dai lettori di sinistra e bollato come berlusconiano». Replica: «C’è chi mi considera il più a destra di tutti». Lo provoco: «Forse perché lei è in perfetta linea col premier?». Mi spiazza: «Ma se lo bacchetto continuamente! E poi su questi argomenti l’ho preceduto». Prima di sentire come e perché, lo invito a fare un bilancio dei suoi ottanta anni. Forattini srotola qualche cifra («Ho pubblicato più di diecimila vignette e oltre cinquanta libri»), mi racconta che festeggerà il compleanno sulle rive della Senna con i suoi amici italo-parigini (“Renzo Piano, Piero Ostellino…”) e che vorrebbe fondare una nuova rivista satirica. Ha anche un desiderio mai realizzato.
Quale?
«Portare in tv una serie di vignette animate».
È vero che ora è in contatto con il Tg1?
«Ne ho parlato con Minzolini. Ma è ancora tutto in sospeso».
Ogni trasmissione ormai ha un disegnatore che sforna vignette. Lei preferirebbe farlo da Vespa o da Santoro?
«A Porta a porta. Anni fa ci collaborai. Vespa ha ancora i miei disegni originali».
Bilanci. Qual è la vignetta con cui pensa di aver descritto meglio un momento storico?
«Un Marx impiccato a un’enorme falce e martello diroccata e fatta di mattoni. Era appena caduto il Muro di Berlino».
La vignetta che non rifarebbe?
«Una su Raul Gardini dopo il suo suicidio. Onore ai suicidi!».
La vignetta che le è costata di più?
«Ci sono quelle che mi hanno fatto perdere il lavoro, quelle che mi hanno fatto perdere spazio sui giornali… Per colpa di un disegno con Occhetto e D’Alema che prendevano soldi da Gorbaciov, fui condannato. E da quel momento mi vietarono di disegnare le copertine di Panorama. Con il D’Alema che sbianchettava il dossier Mitrokhin andò anche peggio».
D’Alema ritirò la querela per quella vignetta.
«Solo dopo che me ne ero andato da Repubblica. Ormai aveva raggiunto il suo obiettivo».
Chi sono i politici più permalosi?
«Quelli di sinistra. A parte Fassino e Veltroni, che mi abbraccia quando ci incontriamo, gli altri hanno sempre creato problemi. Anche il diccì De Mita mi fece una querela milionaria. Prodi, invece, scriveva lettere minacciose quando lo sfottevo e lo vestivo da prete. Craxi si incazzava, ma poi ha sempre ritirato le denunce. Il Presidente Pertini mi chiamava all’alba: “Non lo fare in camicia nera, Bettino non è fascista”».
Lei seguiva l’invito presidenziale?
«No. Lo stesso Pertini dopo aver rotto con Craxi mi richiamò: “Continua a sfotterlo, quel cialtrone”».
Il politico meno permaloso?
«Andreotti. In occasione dei suoi 90 anni in tv disse: “Mi ha inventato Forattini”. Anche Berlusconi non è permaloso».
Sarà perché lei non lo attacca più di tanto.
«Ma se lo sfotto da mesi sul Bunga Bunga: lo disegno vestito da Ruby… Non mi ha mai querelato. E non credo che abbia mai denunciato Vauro che lo massacra ogni giovedì in tv».
Vauro massacra tutti. E Berlusconi ha fatto capire che vedrebbe bene la chiusura della trasmissione di Santoro.
«Resta il fatto che non ha mai querelato un vignettista».
Lei è berlusconiano?
«No. Sono un liberale».
Attacca i giudici e i comunisti: “la linea B”.
«Mi occupo di questi argomenti da prima di Berlusconi. I giudici mi hanno rovinato la vita. Quarant’anni fa mi tolsero i figli, senza nemmeno ascoltare le mie ragioni di padre. Fanno così con tutte le brave persone. Gli accusati non vengono ascoltati».
Non esageri. E non generalizzi.
«Berlusconi vince da venti anni anche perché ha dato voce a tutte le vittime della mala-giustizia italiana. I comunisti poi…».
Nessuno fa davvero il comunista nella politica italiana.
«Nessun comunista ha mai riconosciuto i propri errori e quelli del Pci. Mio padre era emiliano e mi raccontava delle malefatte dei “rossi” nel triangolo della morte. Mia madre era istriana: il Pci sulle foibe ha cercato di riscrivere la storia».
Alla base della sua satira ci sono anche ragioni personali?
«No, guardi. Io sono contro tutti i regimi. E se gli ex del Pci riconoscessero i loro errori del passato probabilmente vincerebbero le elezioni».
Elezioni. Da osservatore quarantennale della politica italiana pensa che Berlusconi resisterà agli ultimi scandali?
«Sì. Se si andasse a votare farebbe il pieno di voti».
I sondaggi danno il gradimento del premier in calo.
«Bufale. A proposito di come tratto Berlusconi e di elezioni… Recentemente l’ho disegnato di fronte a un Napolitano che gli diceva: “O erezioni o elezioni”. La risposta: “La prima che hai detto”».
Non elegantissima.
«Perché? Io non disegno inchiappettamenti o cose simili».
La satira deve avere dei limiti?
«L’unico limite dovrebbe essere il codice penale. La volgarità e il sesso possono essere ingredienti della satira. L’importante è che il disegnatore sia capace di leggere l’attualità e di creare metafore. Anche se fortissime».
Il disegnatore Vincino ha raccontato a Sette che lei è l’unico a cui sia mai stato permesso di disegnare un membro maschile sulla prima pagina di un quotidiano nazionale.
«Feci il pisellino di Spadolini sulla “prima” della Stampa. Al giornale erano perplessi. Il leader repubblicano, invece, mi ringraziava sempre regalandomi un suo libro su Garibaldi».
Scostumatezze: ha disegnato Craxi che alzava la gonna a De Mita. La didascalia diceva: “This is not very-fica”.
«C’era stato uno scontro tra forze di governo su una verifica politica. Era azzeccatissima. Le donne di La Repubblica protestarono».
Qualche giorno fa, quando Vendola ha proposto Bindi leader del centrosinistra, ha disegnato lui vestito da donna e lei da uomo: un po’ omofoba e scontata come battuta.
«Sì. Ma a parte me, nessun altro l’ha fatta».
Qual è lo stato di salute della satira in Italia?
«Pessimo. È troppo militante e unicamente di sinistra».
Rieccoci.
«È così. E i politici sono troppo permalosi. Ormai non li puoi fare nemmeno vestiti da ladri che ti denunciano. Il mio amico disegnatore Plantu di Le Monde è allibito quando gli racconto come campa la nostra satira. In Francia lui può fare quel che vuole. Deve stare attento solo a non offendere la bandiera e la Francia. Da noi ormai per una vignetta ti possono chiedere milioni di euro di risarcimento».
Prima non era così?
«No. I politici erano meno suscettibili. E soprattutto ti beccavi al massimo una multa e qualche mese con la condizionale».
Lei quando ha cominciato a disegnare vignette satiriche?
«Le prime caricature risalgono ai tempi della scuola. Ero un lettore assiduo del Candido di Guareschi. In classe mi scatenavo sulla lavagna sfottendo i professori».
Intendevo le prime vignette pubblicate.
«La primissima è del 1973».
A quarantadue anni?
«Già. Dopo il liceo per un po’ ho studiato teatro. In Accademia con me c’era Sofia Loren. Poi mi sono iscritto ad Architettura. Ma ho capito che era meglio lavorare».
Nei giornali?
«No. Prima come operaio e poi come rappresentante. Per molti anni ho girato per l’Italia con la mia Seicento. Vendevo dischi, elettrodomestici… La sera in albergo leggevo e scrivevo poesie».
Ma le vignette?
«Nel 1970, mentre lavoravo per una agenzia pubblicitaria, partecipai a un concorso di Paese Sera che assegnava una striscia satirica. Vinsi, inventando il personaggio Stradivarius: un venditore appassionato di musica, come me. Entrai in redazione come grafico. Lavoravamo venti ore al giorno. Nel 1973 poi, Gianluigi Melega mi chiese se volevo fare delle vere e proprie vignette per Panorama. Accettai. La mia carriera è nata lì. All’inizio non sapevo nemmeno come si facesse. Studiai i disegnatori francesi e anglosassoni che erano già bravissimi».
Quando sbarca a Repubblica?
«Sono uno dei quaranta fondatori. Nel 1975 partecipai al progetto grafico. Facevo qualche vignetta nelle pagine dei commenti. Dopo tre anni che ero lì, con Franco Bevilacqua diedi vita all’inserto Satyricon: ci collaboravano anche Giannelli, ElleKappa, Giuliano, Vauro, Vincino… Sono stati tutti lanciati da me».
A inizio anni Ottanta passò alla Stampa.
«Mi proposero la prima pagina. Che dovevo fare? Scalfari dopo un paio d’anni venne a casa mia per chiedermi di tornare. Accettai e restai a Repubblica fino al 1999».
Cioè fino alla famigerata vignetta su D’Alema e il dossier Mitrokhin.
«Già. Ma era da un po’ di anni che non mi trovavo bene. Paolo Garimberti, che ora è presidente della Rai, una volta mi disse chiaramente che non ero molto amato».
Perché?
«C’era qualche invidia. Avevo un ottimo contratto. Vivevo tra Parigi e Roma. E poi nel passaggio tra Scalfari e Mauro era cambiato tutto».
In che modo?
«Io ero entrato in un giornale libero e radicale. Scalfari difendeva ogni mio disegno dalle minacce dei suoi amici politici. Con Mauro Repubblica era diventata un foglio molto più di sinistra e inquadrato. Con D’Alema non mi difesero. Passai di nuovo alla Stampa, chiamato da Gianni Agnelli. Anche Berlusconi in quegli anni mi corteggiava».
Le fece qualche proposta?
«Ogni volta che me ne andavo da un quotidiano, mi chiedeva di lavorare per il Giornale. Mi telefonava o mandava suo fratello Paolo».
Berlusconi le ha mai offerto di fare politica?
«No, lo fecero molti anni fa i liberali e i repubblicani. Ma avrei dovuto smettere di fare il satirico e quindi…».
Sbaglio o anche dal Giornale lei è uscito in modo brusco?
«Ci sono rimasto due anni, tra il 2006 e il 2008. Poi il nuovo direttore Mario Giordano mi chiese di modificare una vignetta su Berlusconi. Lo avevo fatto in mutande. A lui non sembrava decoroso. Me ne sono andato».
Ora ha ottant’anni. Largo ai giovani.
«Ma io non ho mai sfavorito i giovani. Anzi, li ho aiutati. Quando nel 1991 Ugo Stille, direttore del Corriere, mi chiese di trasferirmi in via Solferino, gli consigliai di prendere Giannelli, che stava con me a Repubblica».
Se oggi dovesse fondare una nuova rivista chi vorrebbe al suo fianco?
«Un progetto già c’è. Ci stiamo lavorando con Bevilacqua e con il genio Bucchi. Vorrei tutti quelli che erano con me a Satyricon».
A cena col nemico?
«Non ho nemici».
Con D’Alema…
«Con lui proprio mai».
Lo ha mai incontrato dopo il fattaccio della vignetta sul dossier Mitrokhin?
«Una volta. Votiamo nello stesso seggio a Roma. Io gli sono andato incontro sorridendo e tendendogli la mano. Lui è stato gelido».
Ha un clan di amici?
«Molto ristretto: il filosofo Fausto Borrelli, Piero Ostellino, Giancarlo Giannini, Renzo Piano e Umberto Veronesi».
Qual è la scelta che le ha cambiato la vita?
«Cominciare a fare satira e incontrare mia moglie Ilaria».
Che cosa guarda in tv?
«Piero Angela, Voyager e i film».
Il film preferito?
«Cinque pezzi facili. Con un giovane Jack Nicholson».
La canzone?
«Yesterday dei Beatles».
Il libro?
«L’Idiota di Fedor Dostoevskij: la follia romantica del principe Myskin è sublime».
Conosce i confini dell’Egitto?
«Libia, Sudan, Israele…».
Sa quanti articoli ha la Costituzione?
«Centoquaranta?».
Centotrentanove. L’articolo 21…
«Non sono un cultore della nostra Costituzione».
Sa che cosa è Twitter?
«No».
È un sistema di microblogging.
«Coi computer sono a zero».
Disegna ancora a mano?
«Certo. E invio le vignette via fax. Se servono i colori metto a lato le indicazioni: gli stivaloni neri, la camicia beige…».
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Ho letto questo articolo, mi è piaciuto moltissim.Sono un pensionato hdi 71 anni, non voto più dal 1992 cioè dal periodo di mani pulite. Abito a Zola Predosa – ( Bologna ), in Via Leonardo da’ Vinci, 30 – cell. 3487101366. Avrei uno spunto per una Vignetta molto interressante se Lei mi vuole telefonare sono disposto a spiegarle di cosa si tratta.
Distinti saluti.