Roberto Maroni – 2 (Sette – maggio 2010)

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La leggenda vuole che a Varese sia più noto per le sue performance alle tastiere con la blues band Distretto 51 che per l’incarico di governo. E lui non fa molto per sciogliere l’alone da “ministro anomalo” che lo circonda: rivendica il diritto di scaricare illegalmente la musica on line ed è orgoglioso di un’antica condanna per resistenza a pubblico ufficiale che si beccò per impedire la perquisizione («Illegittima») alla sede della Lega di via Bellerio. Quando si parla di criminalità, immigrazione e federalismo, però, Roberto Maroni si toglie il mantello da guascone e indossa il gessato intransigente del leghismo di governo.
Lo incontro a Caserta. La riunione anticriminalità con prefetti, magistrati e capi assortiti delle forze dell’ordine è finita da qualche minuto. Mi raggiunge in una saletta vellutata di verde, dopo aver commentato in conferenza stampa l’arresto dei “caporali” mafiosi di Rosarno. È subito polemico: «Lo sa che un finiano, invece di complimentarsi col governo per questa operazione, ha chiesto l’immediata regolarizzazione dei lavoratori clandestini?». Si riferisce a Fabio Granata. «Che cosa dovrei dire io?». Lo provoco: «Voi leghisti non vi confrontate coi finiani sull’immigrazione?». La replica è tra il rassegnato e l’arrabbiato: «Lasciamo perdere». Maroni è convinto che la truppa del presidente della Camera coltivi certe proposte solo per infastidire e provocare la Lega. «Ormai, dopo i professionisti dell’antimafia, di cui parlava Sciascia, sono spuntati i professionisti dell’anti-razzismo». Partiamo da qui.
Chi sono i professionisti dell’anti-razzismo?
«Quelli che gridano allo scandalo appena un leghista apre bocca sull’immigrazione».
Mi fa un esempio?
«La nostra deputata Silvana Comaroli ha fatto una proposta: se un immigrato vuole aprire un negozio deve sapere l’italiano ed esporre un’insegna comprensibile. Apriti cielo. L’hanno crocifissa».
La proposta è stata bocciata. I vostri alleati finiani l’hanno definita demagogica.
«Già. Ma perché nessuno ha detto nulla quando anni fa, a Prato, il sindaco di centrosinistra impose lo stesso provvedimento? In Francia il ministro dell’Interno Brice Hortefeux ha appena ipotizzato di togliere la cittadinanza francese al marito di una donna sorpresa a guidare col niqab».
Il niqab è il velo integrale che lascia scoperti solo gli occhi.
«Se Borghezio avesse detto qualcosa di simile i professionisti dell’anti-razzismo lo avrebbero assalito. Perché quella di Sarkozy e Hortefeux è una destra moderna e noi della Lega siamo considerati dei buzzurri?».
I finiani sarkoziani del Pdl propongono di concedere la cittadinanza agli immigrati dopo cinque anni.
«Dieci anni di attesa sono giusti. E la cittadinanza deve essere un premio per l’integrazione, non uno strumento per raggiungerla».
Vorrebbero anche introdurre lo ius soli. E cioè concedere la cittadinanza a chi nasce in Italia.
«Io sono per lo ius sanguinis, soprattutto in questo momento storico».
Che cosa mi dice degli immigrati onesti che hanno appena perso il lavoro a causa della crisi, che quindi diventano clandestini fuori legge e che se ne devono tornare nel loro Paese malgrado abbiano figli nati qui?
«Che bisogna impegnarsi per trovargli un lavoro. E proprio per questo allo stato attuale è inutile aprire le frontiere a nuovi flussi di immigrati».
Anche la Chiesa ha criticato le vostre asprezze in materia di immigrazione: Monsignor Marchetto ha detto che i respingimenti non sono cristiani.
«Tempo fa gli attacchi di Monsignor Marchetto mi dispiacevano, ora mi lasciano indifferente. Sono ideologici. Lui dovrebbe gioire del fatto che abbiamo fermato i boat people: sono molte vite salvate. E dovrebbe essere contento anche per come abbiamo punito la collusione feroce tra caporali e mafia, a Rosarno».
Lotta alla mafia…
«Abbiamo appena inaugurato l’Agenzia per i beni confiscati e sequestrati».
L’ennesimo baraccone di Stato?
«No. Funzionerà. Sequestrare i patrimoni ai malavitosi e renderli disponibili alla comunità è uno dei pilastri della lotta alla mafia».
Un altro pilastro?
«La lotta alle infiltrazioni mafiose negli appalti pubblici».
Nicola Gratteri, procuratore antimafia a Reggio Calabria, sostiene che gli imprenditori del Nord scendono spesso a patti con le mafie.
«Intende dire che cedono ai ricatti? Be’, per dare un po’ di coraggio a questi imprenditori abbiamo previsto una legge piuttosto dura».
Quale?
«Quella per cui se cedi all’estorsione, vieni escluso per tre anni dagli appalti pubblici. Nel pacchetto sicurezza abbiamo inserito anche la “tracciabilità” dei flussi finanziari, in modo che i soldi pubblici non finiscano mai ad aziende colluse. E poi la White list».
La lista degli imprenditori virtuosi da mettere in pole position per gli appalti pubblici. Sergio Rizzo sul Corriere ha scritto che per ora non c’è stata traccia di questa White list.
«Partirà entro l’estate. È una piccola rivoluzione, da maneggiare con cautela».
Anche la “rivoluzione” federalista secondo Fini va maneggiata con cautela.
«Il federalismo va realizzato. Punto».
Teme che le ultime fibrillazioni tra Berlusconi e Fini rallentino il processo?
«Certo. I rombi di tuono finiani li abbiamo sentiti. I distinguo sul modello federale, i “però” e i “ma”. Bossi è stato chiaro. Se non si fa il federalismo, tanti saluti e tutti a casa».
Secondo lei Fini punta a creare un grande centro con Rutelli e Casini?
«Sarebbe l’ennesimo fallimento centrista. Il centro è un luogo politico che non esiste. Il futuro è nei partiti territoriali».
Cioè la Lega?
«Esatto. Nell’Europa dei popoli funzioneranno i partiti come il nostro che rappresentano interessi territoriali omogenei».
Lei conosce l’articolo 52 della Costituzione?
«…».
“La difesa della patria…”.
«…è sacro dovere del cittadino».
La difesa della Patria comprende il tifo per la Nazionale?
«Io sono per i colori. Prima di tutto il rosso e il nero del Milan. Poi il verde della Nazionale padana».
Non mi dica che anche lei come Renzo Bossi non tiferà per gli Azzurri al Mondiale?
«Come ministro li sosterrò».
Pensa davvero che lo scetticismo leghista verso gli Azzurri sia popolare tra i vostri elettori?
«È un sentimento diffuso. Renzo Bossi che viene tanto sbeffeggiato…».
A poco più di venti anni gli è stato regalato un posto nel consiglio regionale lombardo…
«…si è conquistato i voti. Il suo caso è il contrario del nepotismo».
Sicuro?
«Sarebbe stato nepotismo se avesse scelto di farsi candidare nel listino blindato, invece ha preferito andarsi a prendere i voti casa per casa».
Alcuni leghisti bresciani (maligni?) sostengono che siano stati tolti dalla lista i nomi più popolari, per non rischiare che qualcuno prendesse più voti di lui.
«È una balla».
Altra malignità. Nella Lega decidono quelli del cosiddetto “cerchio magico”, i più vicini al leader: Rosi Mauro, Federico Bricolo…
«Le decisioni nel partito le prende il Segretario, Bossi, con le persone che lui intende consultare».
Lei viene consultato?
«Sì, spesso. Anche se non faccio parte di nessun cerchio».
Se è per questo si dice che lei non abbia nemmeno “truppe” proprie, a differenza di Calderoli e Giorgetti…
«Io sono la dimostrazione vivente che nella Lega si può ricoprire una posizione di grande responsabilità pur dicendo anche cose sgradevoli come feci io nel ’95».
Nel 1995 lei tentò una specie di scissione filoberlusconiana, perché non voleva il “ribaltone”.
«Bossi ha riconosciuto l’onestà del mio comportamento e non mi ha sbattuto fuori come ha fatto con Comencini, Pivetti, Castellazzi… cioè gente che voleva fargli le scarpe».
Si parla della possibile successione di Renzo Bossi sul trono padano.
«Sono le cose che scrivono quelli che non conoscono la Lega. A proposito, ha letto il “grande analista politico” Alessandro Campi, dopo le Regionali?».
Campi è il direttore ultrafiniano di Fare Futuro.
«Ha scritto che il voto leghista non può essere più considerato un voto di protesta… eh eh… ci è arrivato! Lunga vita a questi politologi sopraffini che non hanno idea di che cosa sia il modello Lega e di quanto funzioni. Altro che nepotismi!».
Mi spieghi il modello Lega.
«Nella Lega contano il merito e la fedeltà. Se mancano, Bossi non ti manda avanti, neanche se sei Dio in terra. Si ricordi che cacciò dal partito anche la sorella Angela».
Angela Bossi era una ribelle.
«Da noi prima di poter accedere al gradino più basso delle cariche elettive, e cioè consigliere comunale di un microcomune, devi fare un anno di militanza in sezione e passare un esame».
Renzo Bossi, la Trota, lo ha passato l’esame?
«Certo. È militante da molto tempo. Questa selezione è la nostra garanzia. Quest’anno abbiamo triplicato i nostri sindaci rispetto a due anni fa: siamo a 370».
Avete anche quintuplicato le percentuali alle elezioni.
«I voti vanno e vengono. Quei 370 sindaci, con età media di 35 anni, invece, sono il nostro gruppo dirigente che cresce. Il futuro della Lega. E dell’Italia».
Lo sa che lei è dato in “pole” come sindaco di Milano?
«E per la presidenza della bocciofila di Busto Arsizio, no? Sono federalista e di Varese, come potrei fare il sindaco di Milano?».
Qual è l’errore più grande che ha fatto?
«L’unico rammarico che ho è di non trovare il tempo per andare in barca».
Qual è la scelta che le ha cambiato la vita?
«Dare un passaggio in macchina a un mio amico che voleva partecipare a una riunione con Umberto Bossi. Nel settembre del 1979. All’inizio mi sembrava che Umberto dicesse cose da pazzi. Poi mi convinse a lavorare al giornale Nord Ovest».
Ha un clan di amici?
«Sì, ho molti amici di vecchissima data. Sono praticamente fratelli: artigiani, medici, operai…».
Sa qual è la prima cosa che compare su YouTube se digita il suo nome?
«Il mio ultimo concerto con i Distretto 51?».
No. Il battibecco con Maurizio Crozza, durante una puntata di Ballarò. Perché se la prese tanto?
«In pratica disse che io e Maurizio Belpietro siamo il peggio del Paese».
Era solo la battuta di un comico.
«Non era una battuta. Io accetto tutto, ma il disprezzo gratuito, no».
Il film preferito?
«Blade Runner e Blues Brothers».
La canzone?
«Born to run di Bruce Springsteen. Potente. La mandavamo a Radio Varese nel 1978, quando nessuno conosceva il Boss. Vado ancora ai suoi concerti e all’ultimo mi sono fatto dare la scaletta autografata. L’ho incorniciata».
Il libro?
«Cent’anni di solitudine di Gabriel García Márquez. Secondo me è stato scritto sotto l’effetto di uno spinello».
Che cosa guarda in tv?
«Fondamentalmente film, il calcio…».
Calcio. Che cosa intende fare contro la violenza negli stadi?
«La soluzione migliore è quella inglese: prevenzione e repressione».
Lei ha appena proposto il Daspo, il divieto agli ultrà di accedere agli stadi, anche per i giocatori troppo scorretti.
«Ho esteso la proposta ai genitori che incitano i giovani giocatori alle scorrettezze».
Cristiano Lucarelli, il bomber del Livorno, le ha suggerito di pensare alle scene di violenza che si vedono spesso in Parlamento.
«Lucarelli è un bravissimo giocatore. Sono certo che salverà il Livorno dalla retrocessione in serie B. Ops».

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