Flavia Perina (Magazine – ottobre 2009)

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Flavia Perina, alta, dinoccolata, panta-tailleur nero e ballerine in tinta, parla svelta con un po’ di cadenza romanesca. In due ore di intervista si spara una decina di sigarette e tre caffè. Mi accoglie nella redazione semideserta del Secolo d’Italia: un loft poco luminoso accanto alla sede di quel che resta di Alleanza nazionale. Ogni tanto, mentre parliamo, fanno capolino Luciano Lanna, Annalisa Terranova, Girolamo Fragalà e Filippo Rossi. Sono le altre colonne del quotidiano di via della Scrofa. In quattro anni di direzione, Perina ha trasformato l’ex organo del Msi in un vascello corsaro, finiano, che naviga pericolosamente nell’oceano della destra berlusconiana e che spara palle incatenate contro la stessa maggioranza di centrodestra. Lei, ex dirigente del Fronte della Gioventù anni Settanta, spiega che le sue sono semplicemente “posizioni d’avanguardia”. Posizioni che, da deputata del Pdl, converte con disinvoltura in azione parlamentare. Recentemente, per esempio, Perina ha fatto da sponda al Pd durante la discussione sulla legge anti-omofobia. Ora è addirittura co-firmataria insieme con Walter Veltroni di una proposta di legge per concedere agli immigrati il diritto di votare alle amministrative. «Ne facciamo più di Carlo in Francia», sorride. Roba da far venire un travaso di bile ai leghisti celoduristi.
Finiani e Pd uniti nella lotta. Perina, le vostre sono provocazioni o fate sul serio?
«Le nostre sono accelerazioni».
Si accelera per arrivare prima da qualche parte.
«La meta è una destra dei diritti. Repubblicana».
Il voto amministrativo agli immigrati…
«Un immigrato che vive da anni in Italia e paga le tasse, perché non dovrebbe eleggere i propri rappresentanti?».
I suoi colleghi della maggioranza temono che l’immigrato voti a sinistra.
«L’integrazione è un tema centrale per il futuro del Paese. Riguarda i nostri figli. Il centrodestra deve e può competere per conquistare il voto degli immigrati. Certo, se inseguiamo il Carroccio sui temi della xenofobia…».
Lei è favorevole alle ronde?
«No. Sul Secolo abbiamo titolato “Le ronde? Vi prego diteci che non è vero”».
Sulle classi separate proposte dalla Lega il titolo era: “Apartheid, no grazie”.
«La parità dei diritti dei bambini impone giudizi tranchant».
La legge sulle unioni di fatto?
«Sono favorevole. Lo Stato dovrebbe garantire diritti e doveri alle coppie che esistono… di fatto».
Il testamento biologico?
«Sul “fine vita”, la politica dovrebbe fare un passo indietro. Se ne parli nei comitati etici degli ospedali, caso per caso. Di sicuro, come ha detto Fini, sarà il Parlamento a decidere e non il Vaticano. Lo dico da cattolica».
In Afghanistan: via le truppe o più truppe?
«In Afghanistan serve un cambio di strategia. Presto».
È stato giusto dare il Nobel per la pace a Obama?
«È un premio di incoraggiamento».
Scusi, ma lei in che cosa si distingue dalle posizioni di una parlamentare del Pd?
«Non mi faccia anche lei il giochino del “compagno Fini”, eh. Chi sostiene che il Secolo scrive certe cose per accreditarsi a sinistra, forse non ha altri argomenti validi».
Però…
«Dai piddini mi divide il percorso personale e la prospettiva per il futuro. Il problema è l’imperscrutabilità delle posizioni del Pd. Lei lo ha capito che cosa vuole il Pd? Il nostro mondo su questi argomenti è più avanti della sinistra».
Il nostro mondo? Intende i finiani?
«Intendo l’area modernizzatrice del Pdl».
Diamo qualche patente di “modernizzatore”.
«Tremonti. È stato impallinato dal Giornale di Feltri solo per aver accennato a un dopo-Berlusconi».
Anche Fini è stato impallinato da Feltri. Il Secolo replicò: “Strategie dell’infamia”.
«Ho ricordato a Feltri di quando, su Libero, si entusiasmava per le posizioni laiche di Fini. E di come, approdato al Giornale, abbia fatto partire attacchi durissimi. Una miseria. Ma anche il povero Feltri dovrà pagare il mutuo, no?».
Ognuno è libero di cambiare opinione.
«Certo. Anche se credo che ci dovrebbe essere un limite a quel che si è disposti a fare per pagare il mutuo. Guardi, io spero, soprattutto, che passi presto il clima da “osteria numero venti” che sta vivendo l’informazione».
A proposito. Lei ha definito il Pdl “un partito becero”.
«Un partito che dice di riconoscersi nel gesto di Daniela Santanché quando è andata a strappare il velo alle donne che festeggiavano la fine del Ramadan, che cosa è?».
È il suo partito. Fini ha detto che nel Pdl c’è un rischio cesarismo.
«Io vorrei un Pdl in cui si discute. Oggi il dibattito è tutto esterno al partito, nelle sedi ufficiali non succede nulla. Mi piacerebbe anche veder finire il clima di drammatizzazione dello scontro con l’opposizione».
Fabrizio Cicchitto quando è uscita la condanna della Fininvest sul caso Mondadori ha minacciato cortei di protesta. Gasparri si è scagliato contro la Consulta dopo la decisione sul lodo Alfano.
«Nel gruppo parlamentare c’è un altro animus. Quelli di cui parla lei sono i soliti 7 o 8 che parlano in tv».
Sono i capigruppo in Parlamento.
«Molti nel Pdl fanno a gara a chi si propone meglio come scudo per il premier».
Succede anche tra le sue colleghe. Lei ha criticato la parlamentare del Pdl Michaela Biancofiore per la sua difesa del “velinismo” durante una puntata dell’Infedele su La7.
«Sono rimasta sbigottita di fronte agli attacchi di Biancofiore contro una Claudia Mori che difendeva il suo diritto di andare in tv da sessantenne senza ritocchi. La deputata azzurra è arrivata a difendere il modello uomo-cacciatore, donna-preda».
Durante quella trasmissione, Lerner ha mandato in onda il documentario Il corpo delle donne.
«Un documento scioccante».
Un atto di accusa contro la tv berlusconiana?
«È un atto d’accusa contro il cattivo gusto e la mercificazione del corpo femminile. Io capisco che Berlusconi sia di un’altra generazione… si rifà a modelli di relazioni tra uomini e donne che ricordano il gallismo anni Cinquanta. Ma il tentativo dei suoi laudatores di trasformare in categoria politico/ideologica le battute del capo, è sbagliato. Le mie colleghe dovrebbero preoccuparsi, perché i diritti acquisiti nei decenni scorsi hanno bisogno di manutenzione. Se li trascuri e non li elabori, rischi di perderli».
Lei ha figlie femmine?
«Due femmine e un maschio».
Se una delle sue ragazze tornasse a casa vestita da velina, lei come reagirebbe?
«Mi pare difficile. Sono entrambe pallavoliste, spesso in tuta e scarpe da ginnastica. Velinismo a parte, comunque, la politica dovrebbe occuparsi delle donne normali, le lavoratrici: con la crisi sono le prime ad essere sacrificate e a subire le conseguenze della penuria di servizi».
I giornalisti e le giornaliste del Secolo sono in regola?
«Abbiamo collaboratori pagati a pezzo o redattori assunti. Io sono ostile a coltivare il precariato. Sarà perché l’ho vissuto sulla mia pelle».
Dove?
«Qui al Secolo, quando arrivai, ero l’unica donna».
Quando ha deciso di fare la giornalista?
«In realtà è successo per caso. Io militavo nel Fronte della Gioventù. Bruno Socillo…».
…ora direttore della Divisione Radiofonia della Rai…
«…mi chiese se volevo collaborare a un giornale locale, La Puglia. Avevo 22-23 anni».
Che studi aveva fatto?
«In quel momento ero iscritta a Scienze politiche alla Luiss. Prima ero stata iscritta ad Architettura».
La leggenda vuole che i “compagni” le impedirono di frequentare quella facoltà.
«Non esageriamo. Diciamo che uno studente di destra viveva parecchie difficoltà. Comunque a me non piace la retorica vittimista di quegli anni».
Lei ha raccontato che suo padre, ex dirigente di Ordine Nuovo, vicino a Rauti, metteva la sabbia sotto la fessura della porta di casa per paura di attentati incendiari.
«Dopo il rogo di Primavalle. Se è per questo c’era anche un piano per fuggire in barca in caso di vittoria comunista alle elezioni. Detto ciò, la maggior parte dei ragazzi del Fronte dell’epoca non amava l’autoghettizzazione. La mia componente, quella rautiana, cercava di aprirsi all’esterno».
Quale è il suo primo ricordo politico?
«Le assemblee a cui mi portavano i genitori da bambina. E poi quando entrai nel circolo di Roma Nord. Gestito da Sergio Caputo. Il cantante. Leggevamo Ezra Pound, parlavamo di musica e affinavamo l’arte dello striscione».
Ha mai partecipato a scontri di piazza?
«Non ho mai menato. Noi ragazze avevamo un rapporto paritario con i ragazzi, ma il modello dell’esagitata pugnale tra i denti e bombe a mano non era il mio».
Però è stata arrestata.
«Dopo l’omicidio del militante di Lotta Continua, Walter Rossi. La polizia fece irruzione nella sezione Balduina e ci arrestò tutti. Stetti qualche settimana in carcere».
Una vita di celtiche al collo, saluti del Legionario e miti tolkeniani?
«La celtica l’ho avuta. Ma non sono mai stata revanchista. Del nostro mondo si sapeva poco. Giampiero Mughini col documentario Nero è bello fu il primo a parlare di noi. Per quelli di sinistra eravamo mostri. Restammo sbalorditi quando Pierluigi Sullo del manifesto si presentò come cronista a un nostro Campo Hobbit. Ora sembra paradossale che Tolkien, una bandiera hippy, in Italia venisse sventolata dalla destra. In realtà nel nostro mondo c’era una componente libertaria fortissima».
Faceva capo a Umberto Croppi e Marco Tarchi, gli antichi avversari di Fini. Sbaglio o ora Fini è approdato alle vostre antiche posizioni libertarie?
«Già. Nel frattempo sono crollate tutte le ideologie del Novecento. La destra non è più vincolata allo schema della diga anticomunista. È più libera».
Gasparri ha detto: «Con queste posizioni su testamento biologico e laicità difficilmente Fini potrà diventare leader del Pdl».
«Si sbaglia. Fini e la destra italiana hanno la strada spianata dagli strappi di Cameron, Sarkozy e Merkel».
I rumors danno Fini come possibile protagonista di una kadima italiana. Un centro con Casini, Montezemolo, Rutelli…
«Salvo incredibili colpi di scena, io credo che il bipolarismo italiano reggerà».
A un Fini candidato premier gli avversari rinfacceranno sempre il passato coi saluti fascisti.
«Per carità, quelle sono cavolate».
Sicura? Lei lo sente spesso Fini?
«Neanche troppo. E le assicuro che lui non detta la linea del Secolo. Spesso siamo noi ad anticipare certi temi».
I club “amici del Secolo” che state per varare sono il tentativo di organizzare una corrente finiana?
«Intanto sarà un club. Uno. Legato al nuovo sito. E poi no, nessuno ha pensato a una corrente. Sarà un luogo per parlare e fare politica».
Il Secolo. La Russa ha detto: «È un giornale praticamente invisibile».
«Lui vorrebbe un bollettino, legato all’attività della componente di An del partito. Roba tipo la Padania».
Voi beffeggiate il governo ed elogiate il modello industriale di Adriano Olivetti, icona della sinistra.
«Facciamo avanguardia culturale».
Lei ormai è più di vent’anni che sta al Secolo.
«In mezzo c’è stata una bella parentesi a Telemontecarlo. In un ambiente sorprendente: editori brasiliani, modello di giornalismo americano e redattori quasi tutti provenienti da Videouno, tv del Pci».
Ha lavorato anche al Sabato di Paolo Liguori. Un giornale ciellino.
«Dopo che al Giornale mi avevano fatto capire che non assumevano donne per l’inconveniente della possibile maternità, mi chiamò Liguori. Come a Telemontecarlo, al Sabato trovai un clima da piccola comunità motivata. Nel 1990 poi, quando Rauti divenne segretario del Msi, mi chiamarono per fare la caporedattrice del Secolo. Il direttore era Giano Accame».
Ora il direttore è lei. Ha detto di non voler fare gossip sul giornale. E per questo non ha scritto più di tanto sul caso Noemi e D’Addario.
«Ma quando certe storie diventano un caso politico io ne parlo eccome. Sulle candidature alle Europee siamo intervenuti e aspettiamo al varco il partito per setacciare le candidature alle prossime Regionali».
A cena con il nemico?
«Anna Finocchiaro. Interessante e simpatica».
Ha amiche del centrosinistra?
«Sì. Paola Concia. Sono andata a sentirla pure quando ha parlato in mezzo agli ultra destri di Casa Pound».
L’errore più grande che ha fatto?
«Cose personali di cui non parlo in un’intervista».
Cose personali: lei è la regina dell’uncinetto.
«Come lo sa? Ora ho meno tempo, ma quando sono nati i miei figli lavoravo parecchio a maglia. Sono anche una regista dilettante…».
Film preferito?
«Amo quelli d’azione».
Il libro?
«Via col vento, grande storia di coraggio femminile».
La canzone?
«I cantanti: Janis Joplin, David Bowie, Cindy Lauper».
Quanto costa un pacco di pasta?
«Quella buona 1,50 euro, faccio la spesa tre volte a settimana».
Che cosa dice l’ultimo articolo della Costituzione?
«Ricordo a malapena il mio numero di telefono».
«La forma repubblicana non può essere oggetto di revisione costituzionale». I confini di Israele?
«Direi Libano, Siria, Egitto…».
E Giordania. Dov’era il 9 novembre dell’89?
«In redazione. A bocca aperta».

Categorie : interviste
Commenti
g 21 Febbraio 2010

“nero è bello” è stato messo da poco su e-mule

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