Ilaria D’Amico (Magazine – ottobre 2007)

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Il tubino nero e la cifra esatta. Il tacco spericolato e la domanda aguzza. La voce un po’ nasale e le triplette. Ilaria D’Amico, conduttrice tv, romana, ha 34 anni e da otto è in equilibrio precario tra la sua immagine e le sue aspirazioni. Incrocia bomber e terzinacci negli studi di Sky senza rinunciare alla scollatura. E poi lavora mesi per raggiungere una tenda nel deserto libico e intervistare Gheddafi. Un colpo al cerchio dell’estetica e uno alla botte dell’informazione. Quando ha deciso di realizzare Exit, la trasmissione «di denuncia» su La7, è spuntato il dilemma: che faccio, mi piego alla vulgata che vuole una giornalista d’inchiesta in jeans o resto me stessa? Alla fine ha deciso di non nascondersi.
Non è che vestitini e tacchi li deve mettere per contratto?
«Scherza?».
Sa com’è, il velinismo fa audience.
«Non vedo tante veline in tubino nero alla Audrey Hepburn. E poi basta con questa storia dei tacchi. Parliamo di contenuti».
Parliamone. Il critico Aldo Grasso ha detto che deve studiare di più gli argomenti di cui parla.
«Sono d’accordo. Nella prima parte della prima puntata risultavo un po’ confusa. Temo che abbia visto solo
quella».
Sempre Grasso: «D’Amico senza l’auricolare sbanda». Come Ambra ai tempi di Non è la Rai?
«L’auricolare lo portano tutti i colleghi: a Sky e nei tg nazionali, per ascoltare la regia. Io lo porto pure quando faccio Exit. Serve per coordinare tempi e movimenti in studio».
Non per ricevere suggerimenti?
«Le piace proprio immaginarmi come una delle ragazze di Boncompagni, eh? Comunque Grasso è anche il primo che mi ha lodato. Proprio quando ho cominciato il nuovo programma di inchieste».
Le inchieste ai tempi dell’antipolitica.
«Vorrei contribuire a togliere la polvere che ricopre il Paese. Condivido l’indignazione per gli sprechi, per le truffe, per le inefficienze e per il malcostume».
A proposito, ai tempi del reality calcistico Campioni si è detto che lei aveva coperture molto in alto: Piersilvio Berlusconi.
«In questo caso il malcostume è di chi sparge certe voci».
Mai ricevuto una raccomandazione?
«Certo. Ho iniziato con una raccomandazione».
Confessa?
«Le spiego. Eravamo amici di famiglia di Arnaldo Santoro, autore di Arbore. Quando Renzo fu nominato direttore di
Rai International mi chiamò. Cercava un volto tipicamente italiano per la trasmissione La giostra dei Gol. Mi lasciò un
messaggio in segreteria: “Lo so che nun ti passa manco p’ ’a capa di fare tv, ma chiamami”».
Lei non voleva fare tv?
«No. Io pensavo a laurearmi».
Aveva mai lavorato, prima?
«Le cose che si fanno da ragazzi: la hostess alla Fiera di Roma, la commessa in un negozio vintage di Londra… Nel ’93
mi ero iscritta a Giurisprudenza. Ispirata da Tonino Di Pietro volevo fare il magistrato».
Invece?
«Arbore mi convocò a Saxa Rubra per un provino. Mi misero in mano una schedina del Totocalcio. Sfortunatamente
non giocava la serie A. Cominciai a leggere: “Cidisangro 3… ”».
Non sapeva che C. di Sangro sta per Castel di Sangro?
«No».
E la presero comunque?
«Apprezzarono il fatto che fossi andata avanti senza farmi troppi problemi. Ha presente? The show must go on. Più che
raccomandarmi, Arbore ha creduto in me. Non gli avevo chiesto niente».
Prima apparizione in tv?
«Il 2 novembre 1997».
Il giorno dei morti.
«Fu una tragedia. Gianfranco De Laurentiis, il conduttore, non si presentò in studio perché aveva un ascesso. Rimasi da sola davanti alla telecamera. Balbettavo. Sudavo freddo. Sono pure inciampata».
Divenne la reginetta degli italiani nel mondo che seguivano Rai International.
«Una volta al mese andavamo nei luoghi dove veniva trasmesso il programma: Cile, Argentina, Stati Uniti».
Viaggi pagati dal canone Rai?
«Anticipavo io le spese e non mi rimborsavano l’Iva. Praticamente a ogni trasferta ci rimettevo di tasca mia. E all’epoca guadagnavo tre lire tre. Un giorno, all’aeroporto JFK di New York, mi fermò un fan. In Italia non mi ero
ancora resa conto di che cosa significasse lavorare in tv. Nel mio quartiere nessuno sapeva che cosa facessi e mia madre alle sue amiche diceva: “Non vi preoccupate, ora smette con questa roba e si mette a fare l’avvocato”».
Piacevole.
«Mia madre considera la tv una cosa un po’ così. Ma ormai si è rassegnata».
Famiglia tradizionalista?
«Neanche troppo: i miei si sono separati nel 1975. Da quel momento ho vissuto in una specie di matriarcato. Mia madre e mia nonna erano fissate con la buona educazione, il parlare pulito».
È per questo che non ha inflessioni romanesche? Una volta De Laurentiis le consigliò: «Parla come magni».
«Si riferiva al fatto che snocciolavo dati su dati».
Le danno della maestrina.
«Mi dicono anche che sono algida e altre carinerie».
E sì che ne ha fatte di gaffe: una volta è andata avanti un quarto d’ora scambiando Cerezo con Careca.
«Guardi che questa l’ho raccontata io. Ho pure chiamato Claudio, Marcello Lippi».
E l’allenatore Mario Somma, Sebastiano, come l’attore.
«Con tutte le ore di diretta che faccio su Sky mica posso disperarmi per ogni errore».
Ha detto: «Quando fallisco lo ammetto». Quando ha fallito?
«Be’, l’esperimento di Campioni non è andato benissimo».
È vero che le hanno offerto altri reality show da condurre e lei ha rifiutato?
«Il mio nome è uscito ogni volta che è spuntato un nuovo reality».
Ha rifiutato Domenica In, Verissimo e Uno mattina.
«Diciamo che non coincidevano i tempi».
Sanremo lo farebbe?
«Non mi pare una trasmissione nelle mie corde».
Snob. Le hanno offerto due miliardi per un calendario.
«Una proposta irricevibile».
Meglio un giorno da Milena Gabanelli che cento da Elisabetta Canalis?
«Meglio mille giorni nella mia pelle. Gabanelli è un mito. Ma questa storia di dare contro a Canalis non mi piace».
La tv che non le piace?
«Quella dei sentimenti gridati e quella che tratta la cronaca nera come fosse cronaca rosa».
A chi si riferisce?
«Ha presente i modellini per ricostruire i delitti di Cogne e di Garlasco?».
Tecniche per attirare gli spettatori. Come i tacchi alti.
«Ancora con ’sti tacchi? Exit è un programma che parla dei problemi dei cittadini. Senza trucchetti».
Un programma politico. Più o meno di Ballarò?
«Noi puntiamo meno sulle liti tra politici e più sui servizi».
Il servizio che non andrà mai in onda?
«In Italia parlare del Vaticano non è facilissimo. Noi lo abbiamo fatto, ma non senza difficoltà».
Ha avuto ospite il suo mito giovanile, Di Pietro.
«Non mi sono dichiarata. E purtroppo non gli ho potuto fare tutte le domande che volevo».
Tipo?
«Una considerazione. Lui e Mastella sono come cane e gatto, ma in fondo politicamente si somigliano: sono entrambi leader di minuscoli partiti personali che giocano a fare gli aghi della bilancia».
Da ex manipulitista, con il ministro Clemente Mastella o con il pm Luigi De Magistris?
«Con il pm. Mastella dovrebbe ricredersi, ed evitare di trasferire il magistrato».
Il ministro più vicino alle esigenze dei cittadini?
«Cesare Damiano. È quello che ha in mano la patata bollente del Welfare e non fa giochetti di Palazzo».
Quello più lontano?
«Forse Massimo D’Alema. Mi sarei aspettata una condanna della Cina. Sui diritti. Sulla Birmania».
Diritti. Lei ha intervistato il presidente libico Muammar Gheddafi.
«Dopo gli scontri al consolato italiano di Bengasi. Un bel colpo».
Ha mai pensato che le avessero fatto intervistare uno dei tanti sosia del leader tripolino?
«Sì. Poi però ho visto il timore che avevano i suoi assistenti quando gli si avvicinavano e mi sono ricreduta. Con la sua
veste di seta Gheddafi faceva un fruscio fastidiosissimo nel microfono. Nessuno aveva il coraggio di dirglielo».
Lo fece lei?
«Sistemai il microfono. I suoi assistenti non osavano toccarlo. A noi non hanno fatto usare nemmeno le nostre telecamere. Alla fine ci hanno dato un nastro con le riprese tagliate dove pensavano che il leader fosse venuto male. Capito la vanità dei politici? Prima che arrivasse Gheddafi, comunque, a causa della mia allergia all’incenso, per poco
in quella tenda non ci soffocavo».
È vero che per colpa dell’incenso durante la sua prima comunione è svenuta?
«Sì».
È che si è ripromessa di fare la cresima?
«L’ho promesso alla mia nonna cattocomunista».
Altri propositi extraprofessionali?
«Il solito. Laurearmi in Giurisprudenza. E poi un figlio».
Con il suo fidanzato Rocco Attisani?
«Direi proprio di sì».
Lei ha detto che nessuna delle persone con cui ha lavorato, da Sgarbi a Feltri, passando per Curzi e Piersilvio Berlusconi, le ha mai fatto avances.
«Mettiamola così: o gli uomini con me capiscono quando non è proprio il caso, o sono una cozza».
Quando è uscita la storiaccia del suo corteggiamento da parte dello sposatissimo Alessandro Moggi, lei si è messa a rilasciare interviste per smentire e puntualizzare. Come se non le bastassero tutte le storie pruriginose sui suoi rapporti con Monica Bellucci.
«Non ho rilasciato nessuna intervista, se non a Valerio Staffelli di Striscia la notizia che mi ha placcato in mezzo alla
strada. Anche in quell’occasione ho minimizzato. Quanto alle storielle su Monica…».
Che cosa?
«Balle. Anzi no, porcate che non meritano commenti».
È una balla pure che è amica di Walter Veltroni?
«No. Se non ricordo male me lo presentò Pietro Calabrese a una vernice. Poi ci siamo rivisti. Quando c’era da decidere
dove fare Exit ha insistito perché rimanessi a Roma. Mi ha consigliato qualche location».
Veltroni, uno juventino a Roma. Come lei.
«Ma io non sono juventina».
Si dice di sì. In realtà dicono pure che lei sia laziale.
«Si dice di tutto».
Quast’anno chi vince lo scudetto?
«L’Inter. Perché ha due squadre».
Il meno trucido tra i calciatori?
«Kakà. È un angelo».
E tra gli allenatori?
«Spalletti della Roma. Parla di calcio in modo sublime».
Delete. Cancelli un numero dal suo cellulare. Ex allenatori: Marcello Lippi o Fabio Capello?
«Cancello Lippi. Tanto lo incontro spesso a Sky».
Amici: Giovanni Malagò o Pietro Calabrese?
«Via Giovanni. Tra me e la Canalis ha cancellato me».
Presentatori: Antonio Lubrano o Raimondo Vianello?
«Tengo Vianello. Che è un vero mito. Tra l’altro, gli amici mi sfottono perché quando litigo con Rocco dicono che sembro Sandra Mondaini. Non sanno un particolare».
Quale?
«Che la sera sono io quella che fa la parte di Raimondo: leggo la Gazzetta dello Sport a letto».
Bella scena. Quote rosa: Bindi o Brambilla?
«Solidarietà a Brambilla per le battutacce che subisce dai colleghi, ma la pasionaria è la pasionaria».
Cultura generale. Il gol più discusso nella storia del calcio?
«Quello di mano di Maradona ai mondiali dell’86».
Quanto costa un biglietto in curva all’Olimpico?
«Circa trenta euro».
I confini della Birmania?
«Bangladesh, Cina, Laos e Thailandia».
Davvero secchiona. La formazione della Juve?
«Uhm».
Non la sa?
«Nel calcio del Duemila non c’è un’unica formazione…».
Sì, vabbè. Che cosa è YouTube?
«La più grande fabbrica di video del pianeta. Nonché l’esempio dei possibili abusi su Internet».
Ha mai fatto una ricerca col suo nome su YouTube?
«No. Che ci sarà mai?».
Molte cosce, poche inchieste.

LINK | DIETRO L’INTERVISTA La puntualità non è una delle doti di Ilaria D’Amico. Non parlo tanto dei venti minuti di ritardo con me. Ma dei 50 col suo ex fidanzato, Francesco Soro, con cui ha appuntamento dopo l’intervista. Lui chiama ogni dieci minuti, e lei: «Sto arrivando». E rivolta a me: «È vero che sto arrivando?». Ci incontriamo al Caffè delle Arti. Mentre stiamo parlando vedo che Ilaria si mette a salutare qualcuno dietro di me. C’è solo il cameriere. Chiedo: «È un suo amico?». Risponde: «No. Ma è da due ore che ci ronza intorno». Osservo: «Fa il suo mestiere». E lei: «In realtà ha fatto un buco sul menù e facendo finta di leggerlo ci sta fotografando col suo telefonino». Mi giro. Il cameriere è in fuga.

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