Maurizio Costanzo (Sette – marzo 2010)

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Maurizio Costanzo, 71 anni, custode baffuto e inaffondabile della tv italiana, mi riceve nel suo ufficio del Teatro Parioli. La scrivania è ricoperta da pupazzetti a forma di tartaruga e le pareti sono tappezzate da foto ricordo in compagnia di big vari (da Totò in giù). Nove schermi televisivi, accesi, ma muti, ci fanno compagnia durante tutta l’intervista. Ogni tanto Costanzo si ferma: «Ha notato che i giornalisti di SkyTg24 sembrano tutti uguali?… Guardi lì, un’altra scossa all’Aquila…».
Dopo ventisei anni nella galassia Mediaset, una parentesi da direttore di Canale 5, quattromila e passa puntate del Maurizio Costanzo Show, centinaia di talenti scoperti o lanciati, «da Enzo Iachetti a Giobbe Covatta, passando per Valerio Mastandrea, Ricky Memphis, Andrea Camilleri e Gino Strada – Emergency in pratica è nata al Parioli»), Costanzo ora è tornato dove televisivamente era nato. In Rai. Nella tv di Stato lui inventò il primo talkshow (Bontà loro). E visto che ora, a causa della campagna elettorale per le Regionali, i talkshow Rai sono stati aboliti, partiamo da qui.
Ci sono le elezioni. E Mauro Masi, direttore della Rai, ha chiuso tutti i talk politici.
«Una strettoia così non farà bene alla Rai e ai suoi telespettatori. Ma c’è poco da dire. Masi lo ha fatto per rispettare una legge. Una legge che è assai discutibile e che io discuto».
La “nuova par condicio” non prevedeva esattamente la chiusura dei talkshow.
«Io ho vissuto la nascita della par condicio. Quando il Garante, Giuseppe Santaniello, disse che bisognava avere uno sguardo neutro, replicai: “Lo sguardo neutro lo avrà lei”».
È pure circolata la voce che nella fase pre-elettorale lei avrebbe sotituito Vespa.
«La devono smettere di sparare balle e di mettere il nome di Costanzo nel frullatore Rai. Sennò finisce che mi tocca fare pure le previsioni del tempo».
Le regole tv durante le campagne elettorali…
«Le regole servono, ma perché devono essere restrittive? I bavagli sono orrendi. La tv in questi giorni è più povera».
Restano le “tribune” e i tg. Le piace il tg di Minzolini?
«Mi sembra legittimo che faccia i suoi editoriali».
Sono ultraberlusconiani.
«I giornalisti storici del Tg1 ne parlano bene».
Forse perché sono abituati a tempi peggiori?
«Negli anni Sessanta e Settanta eravamo mille volte meno liberi di ora. C’era una cappa: quando chiesi in diretta a Tina Anselmi perché non si sposasse, partì un’interrogazione parlamentare. Sfido chiunque a rimpiangere quei tempi».
Ma oggi secondo lei c’è libertà di informazione tv in Italia?
«Io non ho mai avuto censure. Forse anche perché mi sono saputo muovere».
Si è mai autocensurato?

«Qualche compromesso l’ho fatto».
Quando lei era a Mediaset si diceva: Costanzo è la foglia di fico. Come dire: lo mandiamo in onda per far vedere che c’è libertà.
«Meglio la foglia di fico che niente».
I duri e puri delle news dicono il contrario.
«È meglio avere una voce in onda, con qualche compromesso, che non avere possibilità di esprimersi. Io la sinistra l’ho sempre portata sul palco: da D’Alema a Rutelli».
Fare una tv berlusconiana non vuol dire essere un po’ berlusconiani?
«Se per tv berlusconiana si intende essere popolari… Io non amo i segaioli da minisalotto. Mi sembrano stitici. E poi Berlusconi mi ha sempre concesso di non avere le sue idee».
Berlusconi la rimproverò per aver portato due volte Di Pietro in trasmissione.
«Diciamo che mi fece arrivare il suo malcontento».
Si dice che la rottura tra Enrico Mentana e Mediaset in realtà sia legata a una puntata di Matrix proprio con Di Pietro.
«È scandaloso che uno bravo come Mentana in questo momento non lavori. Mi manca».
Pagelle. Un pregio e un difetto di Mentana?
«Il difetto è di non saper trattenere le battute. Il pregio è di saperle fare. Credo che ora stia pagando l’aver azzardato qualche battuta di troppo».
Bruno Vespa?
«È il grande officiante della messa cantata della politica. Ma è troppo attento alle ripicche sugli ospiti».
In che senso?
«Bruno è uno che dice: “Se vai da Costanzo, qui non ci vieni più”. E poi ora sta soffrendo la crisi della seconda serata: i telespettatori si stanno sparpagliando nei rivoli del digitale terrestre».
Piero Chiambretti in seconda serata, sta andando bene.
«Piero è spiritoso. Ma si deve frenare. Se no diventa sgradevole e gli ospiti cominciano a disertare le sue trasmissioni».
Lucia Annunziata?
«Brava. Ma con la sindrome della prima della classe. Guarda l’ospite e sembra pensare: “Di’ pure la tua. Ma io ne so molto più di te”. L’ospite va fatto parlare e raccontare. L’intervistatore non può fare il protagonista».
Si dice che sia il difetto di Luca Barbareschi.
«Ma chi lo guarda Barbareschi?».
Continuiamo con le pagelle. Gad Lerner?
«Intelligente. Con il viziaccio della presunzione. Gliela si legge negli occhi. Tra i più giovani mi piace Luca Telese. Ha un fisico molto italiano, è ironico».
Lamberto Sposini?
«Fa bene la Vita in diretta. Però si crede un po’ troppo Sposini».
Last, but not least. Michele Santoro?
«Forse in questo momento è il più bravo. Ha il pregio di essersi inventato la piazza. Ma a volte non si sa fermare. Ricorda la maratona tv che facemmo insieme contro la mafia, nel 1991?».
Certo. Intervenne Totò Cuffaro e se la prese con Giovanni Falcone…
«Io lo chiamavo apposta Puffaro. Lui è davvero pessimo».
A causa dell’impegno contro la mafia lei subì un attentato.
«Vivo per miracolo. Mia moglie, Maria De Filippi, che era con me in macchina, ci ha messo mesi per superare lo choc. Ha avuto pure bisogno dell’ipnosi».
Il pentito Gaspare Spatuzza ha ipotizzato che tra i mandanti dell’attentato ci fosse anche il suo amico Berlusconi.
«È una balla colossale. A cui non credo».
Lei si ritiene ancora un uomo di sinistra?
«Sì, anche se non voto da tre anni».
Da esperto di comunicazione politica, secondo lei come mai la sinistra non riesce a esprimere un leader dall’immagine forte quanto Berlusconi?
«Non lo so. Io ho conosciuto Berlinguer. Non c’entra nulla con Berlusconi, ma aveva una sintonia col popolo altrettanto intensa. Magari avercene».
Chi c’è dietro l’angolo della politica italiana.
«Nel centrodestra Fini si è posizionato bene».
E nel centrosinistra?
«Terrei d’occhio Di Pietro. Ma il prossimo vero leader del centrosinistra, in questo momento è in terza media».
Politica e comunicazione. Il centrosinistra nominò presidente della Rai Enzo Siciliano, e lui esordì dicendo che non guardava la tv. Ora il direttore voluto dal centrodestra è Mauro Masi, non proprio un tecnico…
«È una brutta tradizione della tv di Stato. Ma ne vogliamo chiamare uno pratico una volta tanto?».
Un nome buono per la direzione della Rai?
«Carlo Freccero. Sarebbe adattissimo».
La Rai andrebbe privatizzata?
«D’Alema lavorò alla privatizzazione quando era a Palazzo Chigi. Ora la situazione è troppo complicata. Ci sono troppi dipendenti».
Scaduto il contratto con Mediaset perché non ha cercato di dar vita a Telesogno, l’emittente che doveva realizzare con Santoro?
«Perché sono stanco».
Ma se fa duemila cose: rubriche giornalistiche, testi teatrali…
«Mi va di ragionare e pensare alla tv. Reggere una rete è un’altra cosa: è uno sforzo sovrumano. Ho già dato».
Un’idea buona per la Rai?
«Ho proposto al direttore di Raiuno un talentshow fatto in collaborazione con le scuole e con le accademie d’arte pubbliche italiane. Il ministro Gelmini è d’accordo».
Bontà sua, la sua striscia quotidiana pomeridiana, non va benissimo.
«Non costa praticamente nulla».
Fa il 9/10% circa. Su Raiuno è poco.
«Viene dopo il Tg Economia, la pubblicità e le liste elettorali… un terzetto che stroncherebbe Sanremo».
È vero che aspira a fare Domenica in?
«Ufficialmente non se n’è mai parlato».
Il suo ritorno in Rai non è una forzatura? Chi glielo fa fare?
«Temo che se non facessi nulla mi annoierei».
A settantuno anni non sarebbe ora di smettere?
«Per fare che cosa? Il mio hobby è il mio lavoro».
Il suo hobby non aiuta il ricambio generazionale. Non pensa di togliere spazio alle nuove leve della tv?
«Io? Con i miei venti minuti al giorno? Giri la domanda a Bruno Vespa».
Quando ha cominciato a fare tv?
«Nel 1976. Già facevo il giornalista da molti anni».
La leggenda vuole che da bambino scrisse una lettera a Montanelli e lui la invitò in redazione.
«Non è una leggenda, è la verità. Restammo amici».
Chi è più montanelliano: Travaglio o Feltri?
«Feltri, nella scrittura lo ricorda di più».
I suoi primi articoli?
«Cominciai con la Giustizia, una rivista socialdemocratica. Poi venne Paese sera».
Di che cosa si occupava?
«Anche di sport. A un certo punto, firmai le cronache del giro del Belgio, Maurice Costance, francesizzando il nome, per far finta di essere sul posto».
Lei, soprattutto agli esordi in tv, era cattivissimo.
«È vero».
In una puntata di Acquario, maltrattò il cantautore Rino Gaetano. Fu sprezzante.
«Con lui nemmeno troppo. Era bravo. Ma ero arrabbiato perché mi aveva inserito nella canzone Nuntereggae più. Di Acquario non riuscimmo a girare l’ultima puntata perché non ci voleva più venire nessuno. Era troppo dura».
A lei viene attribuita la responsabilità di aver introdotto le risse verbali in tv.
«È vero. Le prime avvennero sul palco del Maurizio Costanzo Show. Cominciai ad evitarle quando iniziarono a sembrarmi recitate».
Il testimone lo ha preso sua moglie, Maria De Filippi. Nelle sue trasmissioni tronisti, ballerini talentuosi e professori si azzuffano.
«Glielo dico anche io che spesso si esagera. La cosa peggiore è che sembrano finte, costruite, e invece sono risse vere».
Se suo figlio diciannovenne le dicesse che vuole fare il tronista da Maria, come reagirebbe?
«Cercherei di fargli cambiare idea».
È vero che lei fece un gemellaggio con il conduttore comico David Letterman?
«Sì, negli anni Ottanta. Firmammo un protocollo».
Perché in Italia chiunque provi a fare qualcosa di simile al Letterman Show fallisce?
«Perché manca David Letterman, la sua professionalità, l’attenzione a ogni minimo dettaglio e la sua squadra di autori. Letterman mi è piaciuto anche per come ha confessato i suoi tradimenti amorosi in diretta tv. Ha fatto come feci io con la P2: ne parlai prima che scoppiasse il caso».
Con un’intervista a Giampaolo Pansa.
«La storia della P2 è stato il più grande errore della mia vita. Una vera stronzata. Ancora mi rompono i coglioni. Però mi sembra di aver rimediato».
È vero che chiamò la trasmissione Maurizio Costanzo Show per ridare forza e credibilità al suo nome, dopo l’affaire P2?
«È la prima volta che sento questa interpretazione. Usai il mio nome perché era un modo per non farsi fregare il format. Se lo avesse fatto anche Mentana…».
Come le sembra il Matrix post Mentana?
«Ha visto che bella giornata? Sembrava nuvolo… Di che cosa stavamo parlando?».
Ha un clan di amici?
«No. Non amo fare cricca».
Il libro preferito?
«Le poesie d’amore di Nazim Hikmet».
Canzone?
«Tutto Glen Miller».
Film?
«Oltre il giardino con Peter Sellers».
Sa qual è la prima cosa che compare su Youtube se digita Maurizio Costanzo?
«Non sono mai stato su Youtube. Me lo dica lei».
L’imitazione che le fa Teo Teocoli.
«Fantastica. Quella farfugliata. Demoooo».
Sa quanto costa un pacco di pasta?
«No».
Un euro, circa. I confini di Israele?
«Siria, Egitto, Giordania…».
L’articolo 21 della Costituzione?
«È quello sulla libertà di espressione».
Che cosa è Facebook?
«È un luogo virtuale dove si cercano vecchi amici».
Lei ha un profilo su Facebook?
«Scherza? Se i miei compagni di scuola mi cercano per incontrarmi, chiamo i Carabinieri».
www.vittoriozincone.it
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Categorie : interviste
Commenti
akio 16 Marzo 2010

oggi citazione su carotelevip.
http://carotelevip.splinder.com/post/22408914

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