Afef Jnifen (Magazine – ottobre 2007)

0 commenti

Come apre bocca, le chiedono di candidarsi. Sarà che essendo figlia di un ambasciatore tunisino è stata svezzata a pane e diplomazia, che è sveglia, che è sposata con Marco Tronchetti Provera, un uomo al centro di molti intrecci economici, e che è bellissima, ma ogni volta che Afef Jnifen, 43 anni, spara un giudizio pre o para politico, zac, parte la candidatura. Attacca le bizze anti melting pot di Marcello Pera? Voilà l’offerta di entrare nelle truppe mastellate dell’Udeur. Si affaccia alle primarie del Piddì con un giudizio lusinghiero su Walter Veltroni? Ecco ventilato un posto in lista. A differenza dei leader e dei capetti locali che si sono azzuffati per essere presenti negli elenchi democratici del 14 ottobre, però, lei ha declinato l’invito.
Niente salto sul carro del vincitore?
«No, guardi. Io non salto da nessuna parte. E poi già tre anni fa, su Panorama, mi definirono veltroniana».
Ma la proposta di candidatura è arrivata?
«Uhm… Be’… Non ricordo».
Se fa così, si capisce che è arrivata.
«Evidentemente erano a corto di nani e di ballerine».
Spiritosa.
«Che poi, fatemi capire: i nani sarebbero Ettore Scola e Ferzan Ozpetek?».
Lei ha detto che Veltroni è l’unico leader che ha la sensibilità per gestire l’integrazione degli immigrati.
«Lo penso».
Di Giuliano Amato che vuole mappare le moschee e di Enrico Letta che vuole far laureare gli imam, che cosa pensa?
«Io sono peggio di loro. Se qualcuno che frequenta una moschea risulta collegato agli estremisti, deve essere
rispedito a casa per direttissima. Ed è ovvio che un imam debba sapere bene la lingua del Paese in cui predica.Vale per tutti gli immigrati. Di più. Dovrebbero capire anche il sense of humour del popolo che li ospita. A proposito: di Veltroni apprezzo anche l’umorismo. Ha la battuta sempre pronta».
Veltroni aspira a guidare un partito, non a fare il comico.
«Un politico deve anche saper sorridere. Una volta, a un convegno, Prodi venne contestato da una ragazza. Ricordo il suo sguardo sprezzante.Veltroni sarebbe andato lì, le avrebbe dato una carezza e le avrebbe chiesto le sue ragioni».
Santo subito. Lei non si candida, ma voterà alle primarie del Pd?
«Certo».
Lo ha già detto al suo amico Mastella?
«Mastella non è propriamente un mio amico. Una volta mi ha invitato a Telese alla Festa dell’Udeur per parlare di islam. Basta».
Lei si scagliò contro l’allora presidente del Senato e le sue affermazioni sull’Europa che diventa meticcia per colpa dell’immigrazione.
«Poi Pera mi mandò un mazzo di fiori a casa. Sul biglietto c’e-ra scritto: “I miei complimenti”».
È stata anche consulente di Berlusconi.
«Qualche mese. Questo non vuol dire che sostenessi il suo go-verno».
Ah, no?
«Come avrei potuto? Con lui c’è pure la Lega… Silvio aveva letto alcune mie dichiarazioni. Mi chiamò».
Driin… «Pronto, sono Berlusconi».
«Esatto. Disse che il mondo arabo fraintendeva la sua politica estera e mi chiese se lo potevo aiutare».
Lei? All’epoca aveva fatto una serata con le Iene in tv.
«Ho molti amici tra politici, ministri e presidenti del mondo arabo. Si lamentavano tutti della dipendenza da Bush dell’Italia».
Rimpiangevano la diplomazia craxiana?
«Craxi era un politico vero, meglio di molti politici di oggi. Comunque consigliai a Berlusconi di organizzare iniziative per dimostrare la sua buona volontà. Tra le altre cose facemmo una cena per la fine del Ramadan con gli ambasciatori islamici a Roma».
Dove si tenne?
«A Villa Madama. Berlusconi a un certo punto si mise a suonare il piano. Cantò delle canzoni francesi. I diplomatici rimasero molto impressionati».
Ci credo.
«In positivo. Erano affascinati».
È vero che Arafat, in visita aRoma, quando l’ha incontrata ha esclamato: «Come è cresciuta la piccola Afef».
«È successo nel 2000. Io pre-sentavo, insieme con FabrizioFrizzi,una partita di calcio tra cantanti e giocatori israeliani e palestinesi. C’era pure Shi-mon Peres. Arafat lo conoscevo da quando ero piccolissima. Mio padre contribuì al suo trasferimento dal Libano a Tunisi».
La sua infanzia diplomatica?
«Ero molto viziata. Unica femmina di sei figli. Non toccavo cibo se le mie zie non inscenavano uno spettacolo di canti e filastrocche».
Di ambasciata in ambasciata?
«Abbastanza. Prima di arrivare a destinazione spesso facevamo scalo a Roma. Per fare shopping».
Una vitaccia.
«Be’, nel 1980 eravamo a Beirut. Non si dormiva per il rumore dellebombe. Spararono, senza colpirlo, auno dei miei fratelli e una volta presero in ostaggio papà. A metà deglianni Settanta, invece, eravamo a Bagdad. Noi figli ci stavamo solo tre mesi all’anno perché lì non c’era la scuola francese. Andavamo a fare il bagno in piscina nello stesso club dei figli di Saddam».
Come erano?
«Arroganti. Il padre, quando era vicepresidente, venne un paio di volte nella nostra residenza».
La fine di Saddam.
«Troppo frettolosa. L’epilogo sbagliato di una guerra sbagliata, nata da una bugia. Lui era un dittatore, ma andava giudicato dal Tribunale dell’Aja. Ora l’Iraq è un vero casino».
Quando se ne andò di casa?
«Ero una ragazza ribelle. Una volta, a diciannove anni, venni arrestata per una rissa con un poliziotto durante una manifestazione contro il caro-pane. Due anni dopo mi sposai con un giovane pilota. I miei genitori non mi lasciavano fare le vacanze con lui e quindi…».
Un matrimonio liberatorio.
«Che finì molto presto. A metà degli anni Ottanta mi trasferii a Parigi. Mio padre fece una certa resistenza».
Tipo?
«Cercò di attirarmi in Tunisia per ritirarmi il passaporto e non farmi più ripartire».
Anche se moderato l’islam è molto duro con le donne…
«Ma che c’entra la religione? Pure in molte famiglie italiane le figlie femmine avevano certe restrizioni».
Una giovane musulmana nella Parigi della moda.
«Insiste? Ma lo sa che a Tunisi si andava in discoteca in mini-gonna? Comunque non frequentavo il mondo delle passerelle. Uscivo con Miguel Bosé,con Grace Jones…Il giro della musica».
L’arrivo in Italia?
«Nel 1990. Per amore. Quando sposai Marco Squatriti, il padre di mio figlio Samy».
Erano gli anni di Tangentopoli…
«Possiamo parlare d’altro?».
Ma Tangentopoli?
«Non mi pare che la corruzione sia sparita. Privilegi e ruberie creano malessere nei cittadini. Le denunce fatte da Stella e Rizzo nella Casta sono giustissime. Stella per me è un mito. Altri però esagerano, lavorano di fantasia».
Di chi parla? Di Beppe Grillo?
«Il suo è populismo puro».
Lo dice perché Tronchetti è il bersaglio prediletto di Grillo. Ai tempi di Telecom lo chiamava il «Tronchetto dell’infelicità».
«Mi piacerebbe vedere Grillo a quattr’occhi con Marco. Il comico avrebbe modo di acquisire informazioni più corrette. Per giudicare una persona bisogna conoscerla».
Grillo fa notare che ci sono manager che intascano miliardi e piccoli azionisti che rimangono in brache di tela.
«Le stock option non le ha mica inventate Marco».
È giusto che nei più importanti CdA del Paese ci siano sempre le stesse persone? Suo marito…
«Chi ci dovrebbero mettere? E poi se uno investe in un’azienda è normale che poi si voglia sedere nel Consiglio».
Nella storiaccia del dossieraggio su mezza Italia da parte di strutture Telecom venne fuori che lei veniva spiata per paura dei suoi rapporti con Berlusconi e Tarak Ben Ammar.
«Pensavano fossi una specie di Mata Hari».
Lei e Tarak siete entrambi figli di ambasciatori.
«Lo conosco da quando avevo quindici anni. È così grave?».
Tronchetti Provera quando l’ha conosciuto?
«Nel 1997. Lavoravo a Nonsolomoda e lo dovevo intervistare. Lui mi disse: “Ho poco tempo”. Ed io, andandomene: “Allora si faccia intervistare da qualcun altro”. Poi ci ritrovammo nella stessa macchina per andare a una festa».
Ma lei in tv come ci era arrivata?
«Fabrizio Pasquero di Mediaset mi aveva vista al Maurizio Costanzo Show».
E perché Costanzo l’aveva invitata?
«Perché aveva letto una mia intervista su Panorama, scritta da Antonello Piroso. Ecco. È anche grazie a lui che esiste il mostro Afef».
Da Costanzo di che cosa parlava?
«Mi scagliavo contro il lato trash della Lega: Borghezio, Calderoli. Parlavo di un certo razzismo».
Ha mai subito episodi di razzismo?
«Una volta. Un vecchietto mi ha insultato pesantemente. Anche mio figlio ogni tanto è vittima di qualche angheria».
Che cosa gli consiglia: di reagire o di porgere l’altra guancia?
«Gli suggerisco di stare tranquillo. Perché sono gli altri ad avere un problema: lui ha sedici anni, parla tre lingue e gli scorrono tre religioni nel sangue».
Lei subisce un po’ il complesso della moglie di…?
«Macché. Anzi, considero mortificante sentir parlare di donne che ambiscono a farsi mantenere».
Visto il suo matrimonio…
«Sin da piccola sono stata abituata a conquistare la mia indipendenza. Posso ricevere regali e vivere in belle case. Ma poi lavoro e guadagno per conto mio. Questo sembra quasi dar fastidio».
Le davano fastidio gli sfottò di Gene Gnocchi durante la trasmissione Grande notte?
«Ma figuriamoci».
Spesso era pesante: battute su suo marito…
«…sulla mia età. Con lui mi diverto. Gene non dice mai cose con rancore. Abbiamo la stessa voglia di cazzeggiare».
Fu lui a reclutarla per Grande notte?
«No. Fu il direttore di Raidue, Antonio Marano. Lo incontrai a uno spettacolo di Fiorello, in platea, e mi fece la proposta. Pensai: “Questo è matto”».
A cena col nemico?
«Se ho un nemico davanti mi si chiude lo stomaco. Non ceno, perché mi viene voglia di strozzarlo».
Esagerata. Negli Usa: Hillary Clinton o Barack Obama?
«Sinceramente? Obama».
Non le piacerebbe una donna leader?
«Nei Paesi islamici è una cosa che ho già visto: in Indonesia, in Bangladesh.Vedere un nero alla guida degli Stati Uniti sarebbe più dirompente».
Il miglior ministro del governo Prodi?
«Amato».
Il peggiore?
«Mi aiuti.Mi dica un po’ di ministri».
D’Alema, Mastella, Bindi, Rutelli, Ferrero, Di Pietro…
«Di Pietro. Più che il peggiore, mi sembra che stia sempre a criticare. Ma se non ti piace la compagnia in cui ti trovi perché non te ne vai? Dai le dimissioni, no?».
Delete. Walter Veltroni o…
«Non ci penso neanche a cancellare Veltroni».
Gene Gnocchi o Antonello Piroso?
«Chiunque cancello tra Gene e Antonello il giorno dopo gli richiedo il numero, perché ci tengo troppo».
Valentino o Giorgio Armani?
«Tengo Valentino, perché ha chiuso la sua carriera. E poi con Giorgio ci posso chattare tutti i giorni».
Cultura generale. I confini di Israele?
«Egitto, Giordania, Siria e Libano. Ci ho vissuto in quella zona. Avrei saputo anche quelli dell’Iran».
Che cosa è YouTube?
«Lo chiede a me? Sono tecnodipendente, la regina dei gadget informatici».
È vero che con Tronchetti vi scrivete venti sms al giorno?
«Circa. Ma io ne invio e ne ricevo ogni giorno un’infinità».
Quanto costa un pacco di pasta?
«La pasta non la mangio, preferisco il cous cous. Che in Tunisia costa due dinari al chilo».
Più il viaggio in aereo.
«A me lo portano i miei fratelli».
L’anellone gigante che le regalò Tronchetti al fidanzamento?
«Ma quale anellone gigante. È finto. Non è così grande».
È finto o non è così grande?
«Non mi piace parlare di queste cose».
È vero che legge i giornali all’araba, da destra a sinistra?
«A volte».
Farà così anche con questa intervista?
«Probabile, anche perché l’inizio delle interviste è quello più duro».
Vedremo.

LINK | DIETRO L’INTERVISTA Prendendo informazioni su Afef trovo parecchi accenni a un presunto mistero sulla sua età. Dopodiché quando la intervisto la prima cosa che fa lei è inzeppare di date i suoi ricordi. «Nell’80 a 17 anni ero lì, nel ’74 ero là». Ma allora il mistero sull’età è una leggenda? «Una delle mille». Le smonti: «È falso che a casa mangiamo aragostelle (Marco è allergico), che io abbia ballato su uno yacht con una piscina piena di barracuda e che Squatriti per sposarmi si convertì all’islam». È falso pure che cercò di mettere pace tra Materazzi e Zidane? «Quello è vero, me lo chiese Nelson Mandela. Materazzi era disponibile, Zidane no». Orgoglioso? «Troppo». I suoi fratelli avrebbero perdonato quelle offese nei confronti della propria sorella? «Certo. Si perdona, ma non si dimentica».

Categorie : interviste
Leave a comment